Mese: <span>Marzo 2007</span>

Di nuovo in treno, ritrovata felicità: vedi post precedente. Sono stato a Castelplanio di Jesi, cittadina del silenzio dove don Mariano Piccotti mi chiama ogni poco a parlare. L’argomento di ieri era “l’inganno della ricchezza”, una parola di Gesù (Matteo 13, 22) di sorprendente modernità. Ritrovo il San Vicino e il Catria ieri verzicanti e oggi bianchi di neve. Alberelli fioriti alle finestre del treno. Una scritta a Fossato di Vico che dice “Fanculo Papa”. Giusto per non dimenticare che i giorni sono cattivi. Ma a Gualdo Tadino nevica sui biancospini e io torno a sognare.

Il viaggio in treno è per me una forma della felicità. Guardo il mondo, corro con lui. Vedo i volti, le donne. Contento di una professione che mi fa viaggiare. Mai stanco di partire. Grato a Trenitalia. Uno dei pochi.

www.labibbiasenzasosta.it è il sito di “un evento di bellezza e di grazia” che si è appena concluso – alle ore 11 – in Mantova, nella Rotonda di San Lorenzo: un migliaio di persone ha letto “senza sosta” l’intera Bibbia ebraicca e cristiana, dalla Genesi all’Apocalisse, per 137 ore, quasi sei giorni. Ne parlo al telefono con Giuseppina Nosè che i nove componenti del comitato promotore hanno incaricato dell’informazione. L’idea viene dalla Francia, dove una simile maratona biblica si è tenuta a Limonges nel dicembre del 2005. L’iniziativa è stata mantovana, ma sono accorsi lettori anche da tante città, da Milano, Bologna, Roma, Palermo. L’intera Scrittura è stata suddivisa in 1159 brani e qualche lettore ne ha proclamati più d’uno. “Non ci siamo fermati mai e nessuno tra quanti si erano iscritti è mancato all’appuntamento” racconta con entusiasmo Giuseppina: “Notte e giorno hanno fatto a gara a essere presenti cattolici, ortodossi, valdesi, atei con la passione per la Bibbia, ebrei, musulmani, baha’i e spero di non dimenticare qualcuno. Giovedì sera è venuto a trovarci il vescovo Egidio Caporello, che non aveva dato l’adesione come lettore ed ha ascoltato a lungo, finchè chi leggeva non gli ha passato il libro e anche lui si è fatto proclamatore tra gli altri, leggendo un brano del libro delle Cronache”. La prima pagina della Genesi è stata proclamata e anzi cantata dal presidente della comunità ebraica di Mantova. Circa cinquecento in media le presenze giornaliere degli uditori. “No, non ripeteremo l’esperienza, che pensiamo debba restare unica per Mantova” dice ancora Giuseppina: “Ora siamo pieni della Parola e dobbiamo prolungarne l’ascolto, forse cercare chi ce la spieghi. E’ probabile che qualcosa di simile si faccia tra poco a Bologna”. La portavoce del Comitato è così presa da quanto è avvenuto che quasi parla in versetti: “No, non ci sarà nessuna festa finale, è stata tutta una festa questa settimana di parole e di Parola. E’ stato per tutti un kairòs, un tempo profittevole. Ne porti la sensazione che in te si sia accesa una luce che non si spegnerà”.

Un giovane vescovo serviva per due ore al giorno i disabili di una casa di accoglienza dov’era ospitato un ragazzo con forte squilibrio mentale ma capace di qualche prestazione manuale. Un infermiere un giorno chiede al ragazzo di portare in bagno un bugliolo usato ed egli finge di non sentire. Al terzo richiamo risponde seccato: “Sono mica il vescovo io!” Il vescovo che faceva quei servizi è Benito Cocchi. La storia mi è stata raccontata a Cento (Ferrara) dov’ero per una conferenza.

“Non so che fare. Tutto nasce e poi muore”: scritto sulla parete esterna di un vagone della “Metro B”, a Roma.

«Un vero maleducato questo monsignor Bagnasco, nuovo presidente della Conferenza episcopale italiana. Non ha fatto rispondere neanche da un segretario alle congratulazioni e agli auguri che gli ho inviato, anche se solo per educazione non certo per convinzione. Va bene che lui è un generale di corpo d’armata ed io soltanto un capitano di fregata della riserva assoluta. Va bene che io non sono un ‘cattolico democratico’, la razza che lui preferisce. Va bene che io ero contro i Dico e che solo in ritardo, perchè non sono intelligente come lui, ho capito che l’aria è cambiata rispetto ai tempi del cardinale Sodano e del cardinale Ruini: ma la maleducazione è maleducazione. E poi stia tranquillo: io seguo ormai il consiglio del cardinale Martini e… ‘non me ne impiccio’. È contento? Può dare assicurazioni anche al cardinale Bertone? Povera chiesa italiana»: con questa dichiarazione alle agenzie di stampa, diffusa a fine mattinata, il senatore a vita Francesco Cossiga continua a piccolare il “soldatino” Bagnasco (vedi post del 6 marzo).

“Aspettiamo l’annuncio ufficiale del nuovo presidente della Cei, che ha fatto dormire sonni poco tranquilli a politici e anche a qualche cardinale”: così il cardinale Tarcisio Bertone durante un appuntamento pubblico, il 6 marzo. Non ci sono precedenti di un segretario di Stato che anticipa un annuncio ufficiale. Il suo è uno stile libero che provoca rumori in Curia e dintorni. Tant’è che Avvenire non ha saputo come riportare quella battuta e ha tagliato le ultime cinque parole: non si pensasse che Bertone alludeva ai contrasti che la nomina del nuovo presidente aveva messo in evidenza tra lui e il cardinale Ruini! A me piace questo Bertone che esce dagli schemi, come mi piaceva papa Wojtyla che andava a sciare. Apprezzo ogni smagliatura che introduce tra i canoni l’irregolarità della vita.

Trepidazione di padre quando scorgo nei figli nuovi modi di essere uomini e donne e sento di poterli amare anche senza capirli.

Pietà per il bimbo di Firenze che era vivo dopo l’aborto e che ora se ne è andato.

Pietà per i genitori tre volte sconvolti. Dalla decisione di non accogliere il figlio, dal figlio che arriva in quel modo e in quel modo riparte.

Pietà per le generazioni che sono oggi sulla terra, chiamate a sentimenti che non trovano parole.

Pietà.

Sulla legittimità e i limiti dei titoli ecclesiastici – papa, padre, eminenza, eccellenza, monsignore, don – vi è stata vivace discussione tra i commentatori del post del 4 marzo. La riprendo segnalando un testo giovanile del teologo Ratzinger: “La nostra realizzazione cristiana effettiva non sembra essere la maggior parte delle volte assai più simile al culto delle alte cariche dei giudei stigmatizzato da Gesù che non all’immagine da lui disegnata della comunità cristiana fraterna? Non soltanto il titolo di ‘padre’ viene limitato in Matteo 23, 8-11 (Non fatevi chiamare rabbi, padre, guide), bensì tutta la forma esteriore (ribadiamolo: esteriore) del gerarchismo, così come essa si è strutturata nei secoli dovrà in continuazione lasciarsi giudicare da questo testo” (La fraternità cristiana, Queriniana 2005, p. 74). Il volumetto da cui ho preso la citazione è del 1960, risale cioè a prima del Concilio e a un Joseph Ratzinger poco più che trentenne. A mio parere si tratta del più inquieto e sollecitante novità tra gli scritti giovanili del futuro papa. Ecco un altro brano di quel volumetto che potrebbe essere intitolato Cancellazione cristiana dei confini: “Nella sua tendenza a una radicale cancellazione dei confini il cristianesimo pone di continuo in crisi tutte le differenze esteriori, anche le differenti forme di fatto esistenti all’interno della Chiesa, e ci costringe a purificarle e ad animarle in continuazione dall’interno con lo spirito dell’uguale fraternità, che ci ha fatto diventare “uno” in Cristo Gesù: “Non c’è più giudeo né greco, non c’è più schiavo né libero, non c’è più uomo né donna, poiché tutti voi siete uno in Cristo Gesù” come recita Galati 3, 28″ (ivi, p. 82).