Mese: <span>Gennaio 2008</span>

Il papa rinuncia alla visita alla Sapienza per le proteste e il timore di violenze. Mi chiedono se ci sono precedenti. Rispondo che in Italia no, non ricordo che sia mai occorso un caso simile. Fuori d’Italia ce ne furono due nel 1994: a causa della situazione di guerra guerreggiata, papa Wojtyla fu costretto a rinviare le visite a Beirut e Sarajevo

“Dai tuoi vestiti” disse “vedo che arrivi da un altro secolo. La varietà delle lingue favoriva la varietà dei popoli e anche delle guerre; il mondo è tornato al latino”: così parla un uomo del futuro in un racconto fantastico di Borges contenuto nel “Libro di Sabbia” (p. 75 dell’edizione Adelphi 2004; l’edizione originaria è del 1975). Dedico ai visitatori questo epigramma sul ritorno al latino nel giorno in cui Benedetto XVI per la prima volta celebra di spalle nella Cappella Sistina una messa con battesimi di bambini. Scrivo mentre seguo in televisione la celebrazione ed elenco – in vista del mio lavoro – le piccole novità liturgiche introdotte fino a oggi dal papa teologo, che sono sempre dei recuperi aggiornati della tradizione. La croce ricollocata al centro dell’altare ornato con sette candelabri. L’adorazione dell’Eucarestia fuori della messa. La decisione che si torni all’espressione letterale “per voi e per molti” dov’era stata adottata quella interpretativa “per voi e per tutti”. E ora il celebrante che legge il “canone” rivolto alla croce invece che al popolo. Insieme al recupero della domanda-risposta “Che cosa vi attendete dal battesimo? – La vita eterna” che era nel vecchio rito del battesimo e non è più nel nuovo. Immagino che un giorno lo vedremo celebrare occasionalmente con la forma straordinaria del rito romano, cioè con il messale del 1962 e magari lo “ascolteremo” leggere sottovoce una parte del canone. Non cercavo questi “ritorni” ma cerco di prenderli bene e di farmeli piacere (vedi post del 12 novembre: Dico la mia fuori dai denti sulla messa tridentina). Ai guerrieri della disputa liturgica dico che chi prende male questi “ritorni” reagisce con lo stesso animo di chi a suo tempo prese male le innovazioni: ambedue più attenti ai segni che alla realtà significata.

Batto le mani a Giuliano Ferrara per la proposta di modifica della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo al fine di introdurvi l’affermazione che il diritto alla vita va inteso “dal concepimento fino alla morte naturale”. Una specificazione che andrebbe aggiunta dopo la parola “vita” all’articolo 3: “Ogni individuo ha diritto alla vita, alla libertà e alla sicurezza della propria persona”. Sono d’accordo perché ho visto per cinque volte i miei figli nella pancia della mamma con manine e piedini rotanti e so con certezza che sono esseri umani. Lo so da uomo prima che da cristiano. L’umanità può oggi affermare quel “diritto” senza lederne altri, perché resta evidente che la tutela di quell’essere sarà comunque affidata alla donna che lo porta dentro, quale che sia la legge che regolamenta o depenalizza la pratica dell’aborto. Ultimamente ci siamo resi conto che dobbiamo rispettare la decisione della mamma ma ora stiamo divenendo consapevoli della necessità di aiutarla a farsi una coscienza piena del dono della vita. E’ bene che lei sappia – prima di decidere – che ha dentro un essere umano che ha il diritto a vivere. Ogni donna lo sa con il corpo ma è bene che lo sappia anche in parole. La stessa affermazione era stata proposta laicamente da tanti in passato e ultimamente da Oriana Fallaci e anche a lei avevo battuto le mani (vedi alla pagina “Collaborazione a riviste”, elencata sotto la mia foto, il testo “Sei telefonate della Fallaci”). Sul filo dell’attualità aggiungo un applauso a Nicolas Sarkozy per aver rotto il tabù della laicità che per essere tale deve misconoscere la religione. Un passaggio che fu forse necessario per uscire dal dominio religioso che misconosceva la laicità, ma che non ha più giustificazione nell’Europa secolare del terzo millennio. Ferrara, la Fallaci e Sarkozy sono o paiono di destra mentre io sembro di sinistra? Niente di male: è dalla contaminazione che viene la vita.

“Che spreco” dice la mia figlia Miriam sentendo che il prossimo anno andrà in pensione la maestra Anna che ebbe alle elementari e alla quale è legatissima. Che spreco quando muore una mamma o un abile chirurgo. Che spreco quando la gente di Napoli non si accorda per pulire le strade. Che spreco quando le nostre bravissime maestre non hanno i mezzi per insegnare.

Sono cinque i post che ho scritto nelle ultime due settimane, nessuno fa riferimento al papa eppure ogni giorno qui si è discusso di Benedetto XVI! Per me che si parli del papa è naturale essendo io un vaticanista, ma la cosa curiosa è che ai visitatori che lasciano commenti il papa sembra interessare molto più che a me. Io posso fare gli auguri di Natale, divagare sul Pakistan e la prostituzione a Milano, sulle scritte d’amore che trovo per strada e sulla freccia dell’anno che giunge al segno, insomma su qualsiasi tema ed ecco che la conversazione viene calamitata dall’argomento che non sto trattando. – Quando tengo incontri di lettura del Vangelo in casa ogni quindici giorni, con i figli e i loro amici (si intitolano “Pizza e Vangelo”, perchè si mangia una pizza e poi si legge Luca), faccio una fatica tremenda a evitare che la conversazione scivoli sul papa. – Quando vengo chiamato per l’Italia a parlare di tanti argomenti – dai media al rapporto con i figli, alla preghiera in famiglia, alla vita di coppia, alla figura di Gesù – la domanda “ma lei che ne pensa di questo papa” non manca mai. Io – che ho scritto sei libri sul papa e il Vaticano – oso affermare che tale preminenza del papato su ogni altro argomento è la spia di un malessere. Nè vale cercare motivi contingenti: nei trentadue anni di professione, cambiando i papi e le loro stagioni, sempre ho visto la stessa ressa davanti a questa porta. Considero un buon segno che il papa attiri l’attenzione e che ci sia disputa su di lui, un segno di salute della Chiesa cattolica. Assai mi meraviglio che alcuni sembrino vivere di papa. 

“Stella, io t’ho scelto tra un mare di persone”: letto – e a me segnalato – dal visitatore del blog Ciro Fusco su uno strisione appeso a una balaustrata del muraglione di destra del lungotevere prospiciente il ponte Milvio per chi vada verso Ostia. Come già osservato per un’altra scritta segnalata nel post del 13 dicembre – “Una Luna di sogno” – si direbbe che i nomi delle donne aiutino la fantasia degli uomini a lasciare gli ormeggi. Almeno quando si chiamano Luna o Stella.