Mese: <span>Marzo 2008</span>

Lunedì il cardinale Bagnasco apriva il Consiglio permanente della Cei invitando i futuri eletti ad affrontare con “spinta convergente” il “problema della spesa”, cioè la ritornante povertà. Perché fosse chiaro che non proponeva le “larghe intese” il fine cardinale aveva aggiunto che ciò sarebbe dovuto avvenire “nel rispetto dei ruoli che il corpo elettorale vorrà assegnare”. Ero a Termoli per una conferenza e a cena il vescovo mi chiedeva che avesse detto il suo presidente a metà pomeriggio, riassumevo precisando che non aveva “con ciò” invitato alle larghe intese, andavo a dormire. Al mattino prendevo il Corriere e la Repubblica – i miei due giornali – e in ambedue trovavo lo stesso titolo sulle larghe intese “chieste” dalla Cei. Dicevo a chi mi accompagnava al treno, già presente alla cena: sarà stato un titolo di agenzia. Rientrato al lavoro controllo e – haimè – è successo proprio così: né io né il collega Politi di Repubblica abbiamo interpretato per le larghe intese ma i due giornali hanno fatto quel titolo perché proposto dall’Ansa. Il titolo peggiore ha una marcia in più.

– E se l’universo fosse uno scherzo?

– Sarebbe uno scherzo cosmico!

Nei post del 2, 5 e 7 dicembre 2007 ci eravamo interrogati – e avevamo anche polemizzato – sul significato delle parole “autocritica del cristianesimo moderno” contenute dell’enciclica “Spe Salvi”. Una delle domande era se quella critica dell’individualismo cristiano riguardasse anche il Vaticano II o non piuttosto il cristianesimo precedente, il cui limite intimistico il Vaticano II aveva cercato di correggere. Ebbene, ecco una delle riflessioni di papa Benedetto contenute nella conversazione del 7 febbraio con i preti di Roma (vedi post precedente) che risponde alla nostra questione: “È vero che nel Novecento c’era la tendenza a una devozione individualistica, per salvare soprattutto la propria anima e creare dei meriti anche calcolabili, che si potevano in certe liste anche indicare con numeri. E certamente tutto il movimento del Vaticano II ha voluto superare questo individualismo. Io non vorrei adesso giudicare queste generazioni passate, che a modo loro hanno tuttavia cercato di servire così gli altri. Ma lì c’era il pericolo che soprattutto si volesse salvare la propria anima; a ciò seguiva un estrinsecismo della pietà che alla fine trovava la fede come un peso e non come una liberazione. E certamente è volontà fondamentale della nuova pastorale indicata dal Concilio Vaticano II di uscire da questa visione troppo ristretta del cristianesimo e scoprire che io salvo la mia anima solo donandola, come ci ha detto oggi nel Vangelo il Signore; solo liberandomi da me, uscendo da me; come Dio ha fatto nel Figlio uscito da se stesso Dio per salvare noi. E noi entriamo in questo movimento del Figlio, cerchiamo di uscire da noi stessi perché sappiamo dove arrivare. E non cadiamo nel vuoto, ma lasciamo noi stessi, abbandonandoci al Signore, uscendo, mettendoci a sua disposizione, come vuole Lui e non come pensiamo noi”. Non è straordinario? Si direbbe che il papa abbia letto la nostra disputa.

La riedificazione della terra, rispettando il grido di sofferenza di questo pianeta, si può realizzare soltanto ritrovando nell’anima Dio, con gli occhi aperti verso Dio”: lo diceva il papa nella conversazione con i preti di Roma che avevo preso a esaminare alcuni post fa (alle date 14, 15, 19, 20 e 29 febbraio). Mi avvedo di non riuscire a completare quell’esame e allora segnalo qui le parole più vive. Questa sul “grido di sofferenza” del pianeta: le doglie del parto di cui parlava Paolo!  E quest’altra sulla “toccabilità” di Dio: “Laddove c’è una vera e profonda meditazione della Parola, dove entriamo realmente nella contemplazione di questa visibilità di Dio nel mondo, di questa toccabilità di Dio nel mondo, nascono anche nuove immagini, nuove possibilità di rendere visibili gli avvenimenti della salvezza”. E infine: “La presenza della fede nel mondo è un elemento positivo, anche se non si converte nessuno; è un punto di riferimento”. Le parole improvvisate di papa Benedetto sono importanti perchè libere e pensatissime a un tempo. Di quella parlata ora mi resta da segnalare un solo passaggio, dedicato all’autocritica del cristianesimo moderno, che Benedetto aveva già sollecitato nell’enciclica sulla speranza: vedi post del 2, 5, 7 dicembre 2007. Lo farò con il prossimo post.

“Se l’Occidente ha una colpa, ebbene è che è stato finora fin troppo accondiscendente e remissivo con gli estremisti e i terroristi islamici. Ecco perché dico «sì» al film di Wilders. Diffondiamolo in Internet in tutte le lingue in modo che possa essere visto e compreso da tutti ovunque nel mondo”: così il collega Magdi Allam oggi sul “Corriere della Sera”. Non sono d’accordo e lo dico con il ricordo di un’uscita campestre con i compagni di scuola quando facevo la terza media. Trovammo un nido di vespe e i professori e quelli che venivamo dai campi avvertimmo i compagni di città che non bisognava avvicinarsi troppo o fare rumore, perchè poteva essere pericoloso. Uno dei cittadini, che era anche un mattacchione, prese da terra un bastone e andò diritto al nido gridando “avete paura delle vespe?” Io sapevo di persone che erano morte per l’assalto di uno sciame e mi buttai a tuffo sul compagno impedendogli quella pazzia. Il compagno matto è Wilders, il suo film è quel bastone. Che cosa si debba e si possa fare in Olanda e in Europa, nel rispetto delle nostre leggi che garantiscono la libertà di espressione, io non lo so: lo vedano i giuristi e i politici. Ma per quello che mi riguarda, nella responsabilità che ognuno ha delle sue parole, qui nel mondo delle libere opinioni, io dico “no” alle provocazioni che possono risultare irreparabili. Viviamo una stagione nuova del mondo, nella quale il rimescolamento dei popoli e la potenza della comunicazione globale creano nuovi doveri. Occorre incoraggiare le persone responsabili che in campo diplomatico e politico si sforzano di creare la consapevolezza dei rischi che stiamo correndo. Sto dunque con il premier olandese Jan Peter Balkenende e con il segretario generale della Nato, l’olandese Jaap de Hoop Scheffer, che hanno segnalato quei pericoli e non con l’amico Magdi Allam che li ha criticati per quella segnalazione.

Penso ai miei figli, ai miei tre figli, a Sebastiàn, a Méla e Loli.Ogni secondo della mia assenza, quando non posso essere lì per loro, per curare le loro ferite, per consigliarli, per dar loro la forza, la pazienza e l’umiltà per affrontare la vita, tutte queste occasioni perdute per essere madre avvelenano i momenti della mia infinita solitudine“: dedico queste parole di Ingrid Betancourt (vedi post del 21 febbraio, 1 e 3 marzo) alle visitatrici che sono mamme e anche ai papà e al loro indivisibile compito di “dare” ai figli tanti doni e il più alto che è forse “l’umiltà per affrontare la vita”. In esso è il riflesso vivo di Ingrid come madre cristiana.

Avrei lasciato in pace Padre Pio nella sua veneratissima tomba: credo sia giunto il tempo di lasciarci alle spalle la passione barocca per l’ostensione sotto vetro dei corpi santi, non vi pare? Importante è la memoria del cristiano esemplare che fu il frate di Pietrelcina che ci è trasmessa – nella sostanza – dai cinque volumi di lettere ed è arricchita dalle tante risorse documentali della nostra epoca: le foto, i filmati, la registrazione della voce. Che le sue ossa siano nella loro povera realtà in una tomba di pietra o in un’urna di vetro, coperte di cera, non fa differenza per la coltivazione di quella memoria. La commozione che circonda la figura di papa Roncalli non si è giovata – io credo – dall’averne riproposto l’immagine in quella forma che forse più non incontra il sentimento dell’umanità contemporanea. Ma chi sono io per dirlo? E se anche fosse vero quanto qui abbozzo, chi può sapere come sarà domani il sentimento dei corpi e dunque anche quello dei corpi santi? E’ vero. Ma è pur vero che anch’io sono un contemporaneo e dunque dovrò dire quello che sento perché la percezione del sentimento collettivo non sia falsata dalla voce preponderante di chi magari ha un interesse concreto a volgere gli eventi nella direzione sperimentata. Un giorno forse si dirà che si usò esporre i corpi santi nelle urne di vetro – rimodellati con cera o sotto maschera – dal XVII al XXI secolo: ma fino a quale anno del ventunesimo?

Ai miei tre figli, Sebastian, Méla e Loli, per prima cosa dà loro la mia benedizione, che li accompagni a ogni passo. Ogni giorno li affido a Dio, a Gesù e alla Vergine. Li raccomando a Dio, affinché la fede li accompagni sempre e non si stacchino mai da lui”: così Ingrid (vedi post precedente) scrive alla mamma Yolanda Pulecio (vedi post del 1° marzo). Del papà Gabriel, morto a causa del suo sequestro, dice: “Non ho mai saputo com’è successo, chi c’era, se mi ha lasciato un messaggio, una lettera, la sua benedizione. Ma c’è stata una cosa che ha un po’ attutito il mio tormento: pensare che se n’è andato confidando in Dio e che un giorno lo stringerò di nuovo tra le mie braccia”. E’ terribile leggere questo piccolo libro ma la dolce Ingrid io la penso comunque salva, tra la benedizione del padre e quella dei figli.

Ho una tavoletta su cui metto le mie cose, cioè il mio zaino con i miei abiti e la Bibbia, che è il mio unico lusso“: lo leggo a pagina 21 di Lettera dall’inferno di Ingrid Betancourt che ho già segnalato (vedi post del 21 febbraio). Leggo e rileggo l’esile e solitaria Ingrid e mi convinco che si tratta del più bello tra i libri cristiani del nuovo millennio. Segnalerò nei prossimi giorni i passaggi che meriterebbero di essere proiettati con fasci di luce sulle nostre città. In prigionia con la Bibbia, come Tommaso Moro e Silvio Pellico, Aldo Moro ed Etty Hillesum e mille altri nostri fratelli maggiori. Se un giorno saremo sequestrati o in carcere non dovremmo preoccuparci d’altro che di avere una Bibbia. Io qui ho protestato (vedi post del 5 luglio 2006) quando la Bibbia l’hanno tolta al capomafia Bernardo Provenzano.