Mese: <span>Febbraio 2011</span>

Trovo buono che siano tre donne a giudicare Berlusconi il sei aprile a Milano. C’è chi ha parlato di “crudele destino” e di “incubo tutto al femminile”. Chi l’ha buttata sul ridere: “Era l’unico modo per farlo andare in tribunale”. Dal fatto che siano tre donne io spero invece che possa venire una garanzia in più perchè nulla venga dato per scontato e non si metta la sentenza davanti al processo. Ho sempre percepito nelle donne che mi stanno intorno e che incontro per il mondo una ribalda libertà da schemi e teoremi. Una libertà che è importante abbiano i giudici di un processo che troppo rischia di essere condizionato dal chiasso dei media. A ognuno corre invece – in questo momento – il dovere di presumerlo innocente fino alla sentenza. Lo chiede il rispetto per la persona di ogni imputato e il rispetto che è dovuto al Presidente del Consiglio della nostra Repubblica. [Segue nel primo commento]

«C’è un proverbio siciliano che non è cristiano e che dobbiamo rovesciare: ‘Rari cunto a lu populu chiù chi a Dio’, dare conto al popolo più che a Dio»: parla così Francesco Miccichè, vescovo di Trapani, durante l’omelia di domenica 13 febbraio nella chiesa di San Michele di Calatafimi Segesta. E chiama il suo popolo a contribuire all’accoglienza dei disperati che arrivano dalla Tunisia: “In quattro giorni ne sono arrivati sulle nostre coste quattromila e ci viene chiesto di compiere un gesto di prima accoglienza per duecento di questi poveri. Cercheremo di fare loro posto in locali di proprietà della diocesi”. Dedico al vescovo Miccichè il Vino Nuovo di questa settimana.

Dicono che Ruby in vista del 19° compleanno stia preparando un incontro a sorpresa tra lo zio Hosni e papi ma sia indecisa sul luogo dove farli incontrare: se portare papi a Sharm el Sheikh o lo zio Hosni ad Antigua.

Liliana grida, cade per terra, viene sollevata, la mettono a sedere, l’avvolgono in una coperta beige e lei continua a singhiozzare, facendo su e giù con il capo. I tre figli della famiglia Mircea, romeni di etnia rom, e una loro cuginetta, figlia del fratello di Mirko, sono bruciati nel rogo della baracca in cui vivevano da un anno. L’inferno ha inghiottito Sebastian 11 anni, Elena Patrizia 8, Raol 7 e il piccolo Eldeban 3. Mirko ora ha paura di perdere anche la moglie che sembra impazzita: ‘Lilia canta quello che cantavi ai bambini, ti ricordi? Canta’ le ripete con dolcezza. Fra loro c’è anche ‘tata Michela’ come la chiamano tutti, la ragazzina che si occupava di loro sotto choc come la mamma dei bimbi”. E’ un capoverso di una cronaca del Corsera del 7 febbraio, a pagina 19: “Rogo in un campo Rom”, dei colleghi Rinaldo Frignani e Ilaria Sacchettoni. Capita che un cronista possa farsi tutto a tutti. Come una volta il trovatore, ascolta parole accese e le racconta. – Sono passati quattro giorni, ma ci sono pagine dei quotidiani che restano. Questa la dedico ai miei visitatori nel giorno delle gemelline Alessia e Livia.

L’arrivo nel blog di un testimone di Geova che si firma Gioab ha provocato scompiglio, abbandoni e furori che a me paiono fuori luogo. Sono pure arrivate richieste dirette e indirette di escluderlo da questo pianerottolo. Ciò non avverrà: il blog vive da quasi cinque anni – il primo post è del marzo del 2006 – e mai un visitatore è stato bandito. Chi non gradisce la conversazione con Gioab non la svolga: nessuno è tenuto a rispondere alle sue “domande”. Chi crede di potersi impegnare a disputare, lo faccia. Non c’è poi alcun motivo per trattarlo con superiorità: non è disprezzando il prossimo che si accresce la propria statura. Con questo mio modo qui sono state ammansite varie fiere e altre ancora lo saranno.

Arriva una nuova sfida per Papa Benedetto: un memorandum di 143 teologi tedeschi, austriaci e svizzeri che chiedono “profonde riforme” per l’uscita della Chiesa dalla “crisi senza uguale” che l’ha colpita con lo scandalo della pedofilia ma che già covava nel profondo e provocava una lenta erosione dell’appartenenza ecclesiale. Quel testo, pubblicato il 3 febbraio dal quotidiano Sueddeutsche Zeitung, ha avuto un’eco minima in Italia ma può risultare utile per comprendere gesti e parole del Papa nei prossimi mesi. Le riforme chieste dai firmatari – più democrazia e sinodalità, preti sposati e maggior ruolo alle donne nei “ministeri ecclesiali”, “non escludere” dalla comunità divorziati risposati e coppie omosessuali… – Benedetto non le farà, ma potrebbe fare qualcosa in ognuno dei sei campi che gli sono stati proposti e soprattutto potrebbe mettersi in gioco personalmente – una mossa della quale è maestro – con messaggi e “dialoghi” in vista della visita in Germania prevista per il 22-25 settembre. E’ il distaccato avvio di un mio articolo pubblicato ieri da LIBERAL con l’arguto titolo ESAME DI TEDESCO A BENEDETTO XVI.

Chi va nel Centro Docce di San Martino ai Monti – qui a Roma, nella zona del Colle Oppio – si spoglia, lascia i propri vestiti che vengono lavati e riutilizzati, gli viene consegnato un asciugamano, fa una doccia in uno dei cinque box, lasciando la biancheria intima in un contenitore in bagno, poi passa in una stanza con i lavandini, gli viene data una lametta per farsi la barba, gli vengono dati dei vestiti puliti, la possibilità di cambiare le scarpe se sono rotte, un phon, la colazione, gli viene detto di uscire. – E’ l’inizio del racconto che un giovane amico, Michele Ragone, ha scritto per me sulla sua esperienza decennale al Centro Docce di San Martino ai Monti, che è la mia e sua parrocchia. Lo ringrazio del racconto che continua nei primi tre commenti a questo post.

Mi chiedono: perchè ci tieni tanto alle donne? Perchè ho avuto una mamma, rispondo“: è la migliore tra le tante battute di Ottavio Missoni – mitico campione della nostra atletica e poi della nostra moda – raccolte dal Corsera di ieri per i suoi novant’anni. “Ogni frase la conclude con una risata allegra” annota il collega Paolo di Stefano che l’intervista. Ottavio parla bene anche dei quattro anni di prigionia in Africa, in mano agli inglesi: “Ci mancavano tante cose ma per me non era un problema perchè il mio passatempo preferito è sempre stato dormire”.

La benefattrice arriva dalla barbona che invece di farle festa, come sempre, resta a terra e piange. L’altra le fa una carezza, le prende la mano e domanda “che succede”. “Ce n’est rien, ce n’est rien” fa la barbona tra le lacrime e i capelli. [Segue nel primo commento]

Una firma contro la droga – fa un ragazzo allampanato a una signora che tira dritto tutta infagottata, mormorando: “Crèdece!

Una firma contro la droga, lei è un papà – ripete quello mostrando la biro a un signore con sciarpa e sigaro che ribatte: “Sapessi dove te manderebbe io“.

Scena colta al cancello dell’Ospedale San Filippo Neri a Roma, stamattina alle 8,36. Mio pensiero sulla lotta tra il congiuntivo e il condizionale nel romanesco, oltre che sulla lotta alla droga in italiano.