Mese: <span>Settembre 2013</span>

La novità di Papa Francesco l’avevamo negli occhi ma fino a ieri non c’era la parola per dirla, ora l’abbiamo ed è questa: prima il Vangelo e poi la dottrina. Quel primato è affermato con chiarezza nell’intervista alle riviste dei Gesuiti e può essere interpretata come una parola d’ordine mirata a superare vecchi bastioni, perchè – dice Bergoglio – è tempo di “aprire nuovi spazi a Dio”, partendo dalla certezza che egli è “in ogni vita umana” e dunque anche in quella dell’omosessuale, del risposato, del tossicodipendente. Il Papa ne tira anche due o tre applicazioni al governo della Chiesa che – dice – dovrà andare nella direzione della collegialità, del decentramento, delle donne: debbono esservi donne dove si decide, afferma con nettezza. – E’ il perentorio attacco di un mio articolo sull’intervista del Papa pubblicato alle pagine 1-3 dal Corsera di oggi. Nei primi commenti segnalo qualche passaggio dell’intervista che intendo memorizzare insieme a quello riportato nel post di ieri.

«Non possiamo insistere solo sulle questioni legate ad aborto, matrimonio omosessuale e uso dei metodi contraccettivi. Io non ho parlato molto di queste cose, e questo mi è stato rimproverato. Ma quando se ne parla, bisogna parlarne in un contesto. Il parere della Chiesa, del resto, lo si conosce, e io sono figlio della Chiesa, ma non è necessario parlarne in continuazione. Una pastorale missionaria non è ossessionata dalla trasmissione disarticolata di una moltitudine di dottrine da imporre con insistenza. L’annuncio di tipo missionario si concentra sull’essenziale, sul necessario, che è anche ciò che appassiona e attira di più, ciò che fa ardere il cuore, come ai discepoli di Emmaus. Dobbiamo quindi trovare un nuovo equilibrio, altrimenti anche l’edificio morale della Chiesa rischia di cadere come un castello di carte, di perdere la freschezza e il profumo del Vangelo. La proposta evangelica deve essere più semplice, profonda, irradiante. È da questa proposta che poi vengono le conseguenze morali». Sono parole dell’intervista del Papa alle riviste dei Gesuiti: fino ad ora ne ho scritto per il Corriere della Sera, interpretandola secondo le parole che ho messo nel titolo di questo post. Domani linkerò il mio articolo e proporrò altri brani dell’intervista.

Siamo alle dichiarazioni di voto e io dico che sono per il voto segreto – ci vedo un elemento di rispetto per la persona votata come per i votanti – e sono per la decadenza secondo quanto prevede la legge Monti-Cancellieri-Severino.

Viene pubblicato ora il programma della visita di Papa Francesco ad Assisi il 4 ottobre. Alle 09,30: “INCONTRO CON I POVERI ASSISTITI DALLA CARITAS nella Sala della Spoliazione del Vescovado di Assisi. Discorso del Santo Padre”. Ho attesa per quell’appuntamento. Quando il vescovo di Assisi Domenico Sorrentino ha presentato la visita ha riferito questa battuta di Francesco “Voglio venire a parlare di come la Chiesa si deve spogliare, cioè di come deve ripetere in qualche modo il gesto di Francesco e ciò che questo gesto implica”.

La Chiesa non crolla, ha assicurato Papa Francesco, rispondendo a un sacerdote che nel suo intervento si era riferito al sogno di Innocenzo III che vide Francesco di Assisi sostenere l’edificio pericolante della Chiesa. E non crolla perché oggi, come sempre, c’è tanta santità quotidiana: ci sono molte donne e molti uomini che vivono la fede nella vita di ogni giorno. E la santità è più forte degli scandali. A questo proposito, il Papa ha raccontato il dialogo telefonico, avvenuto ieri, domenica 15 settembre, con una donna di Buenos Aires che gli aveva scritto una lettera su un tovagliolo di carta. A recapitarla al Pontefice era stato, venerdì, il direttore della televisione cattolica dell’arcidiocesi di Buenos Aires. La donna, che fa le pulizie nell’aeroporto della capitale argentina, ha un figlio tossicodipendente e disoccupato. E lavora per lui, sperando nel futuro del ragazzo. Questa è santità, ha commentato il Papa“: è un brano della cronaca pubblicata dall’Osservatore Romano riguardo all’incontro del Papa con i parroci di Roma avvenuto stamane nella Basilica di San Giovanni. Tornerò sull’argomento quando sarà pubblicato il testo del dialogo di Francesco con cinque preti che gli hanno posto domande.

Domandano a Bersani se – con le fortune di Renzi – non ci sia il rischio di morire democristiani e lui: “Se muoio democristiano raggiungo mia madre”. E’ la migliore battuta dello “spompato” che colgo nel finale dell’incontro alla Festa dell’Unità di Padova, dove venerdì sera presentavo il mio libro su Canova fondatore del Cuamm-Medici con l’Africa, salendo sul palco dopo di lui e prima di Fassina. Ho anche mangiato, con l’orecchio a Bersani un bel piatto di baccalà alla vicentina: a queste feste si mangia bene. Nei primi commenti altre due battute di Bersani, una parola sulla sua avventura d’uomo, altre sui miei compagni di palco Giordana Canova e don Luigi Mazzuccato.

Alcune amiche di mia figlia mi hanno detto che avrebbero provveduto loro al funerale e mi hanno chiesto se preferivamo fiori o un’offerta. Mia figlia se fosse qui avrebbe aiutato quei quattro bambini: voglio che le offerte siano per loro, ne avranno bisogno. Io non riesco a non pensare a loro, a quello che staranno passando e ho fatto questo ragionamento: se Eleonora è morta per aiutare il padre, lei che amava così tanto i bambini, di sicuro vorrebbe che si facesse qualcosa per dare una mano ai figli”: così parla Mariella Armati, mamma di Eleonora Cantamessa, la ginecologa di 44 anni, di Casazza, Bergamo, che tornando a casa la sera del 9 settembre si imbatte in una faida di indiani, vede un uomo a terra e corre ad aiutarlo ma su lei e sul ferito piomba un’auto con altri indiani a bordo che li uccide sul colpo. L’indiano che Eleonora stava soccorrendo ha quattro bambini: Kiran, Manisha, Sagar, Gerry di 10, 9, 8, 6 anni e a essi pensa Mariella, che decide di aiutarli e la sua decisione è condivisa dal marito Silvano. Avevo appena dedicato alle parole di Mariella un bicchiere di Vino Nuovo, quando ho letto ieri la sua lettera al Corriere della Sera, Il messaggio d’amore di mia figlia. Mia gratitudine a Mariella, a Silvano, a Eleonora: persone così rendono abitabili il mondo e la vita.

Meglio aver paura che buscarne”: pirlando per la Rete ho trovato questo proverbio toscano che somiglia come una goccia d’acqua alla massima che diceva a ogni occasione la mia mamma, contadina marchigiana. e che qui due volte ho riferito provocando ognisempre le ironie dei più gajardi: “Gigetto, quando vedi che gli altri si menano, tu scappa”. Auguro il meglio ai gajardi e dico: grandi regioni la Toscana e le Marche.

Chiedo aiuto ai coltissimi visitatori: da dove viene l’espressione “la carne di Cristo” per indicare i poveri? La usa tuttodì Francesco ma non so da dove gli venga: l’ha inventata lui, è del “padre” Ignazio, è nel documento di Aparecida? Preciso che non è una domanda trabocchetto, né una domanda per polemizzare, né per dire quanto sia bravo il Papa argentino, né per mettere in risalto quanto sia banale, ma solo per conoscere. I visitatori che sapessero da dove viene e non fossero iscritti al blog, o non lo volessero far sapere ad altri, mi mandino un’e-mail. La mia mamma diceva: “A domandare non è vergogna”.

Gli dispiaceva rattristare il medico e perciò diceva ogni volta che stava meglio.