Mese: <span>Aprile 2015</span>

Si erano abbracciati due volte Elio Toaff e Karol Wojtyla il 13 aprile del 1986 nella Sinagoga di Roma. Il Papa aveva chiamato “fratelli” quattro volte gli ebrei, che gli avevano battuto le mani nove volte. Una volta li aveva chiamati “fratelli maggiori” e quella parola impressionò il Rabbino Capo Toaff che la mise nel titolo del suo libro più noto: “Perfidi Giudei fratelli maggiori” (Mondadori 1987): è l’attacco di un mio memorioso articolino pubblicato oggi dal “Corriere della Sera” in ricordo di Toaff e della visita di Giovanni Paolo II alla Sinagoga di Roma.

“Sono vestito di viola per ricordare gli innocenti inghiottiti dal mare nel Canale di Sicilia”: così il nostro don Francesco all’omelia. Anche il Papa a Lampedusa aveva celebrato con i paramenti viola. Nel primo commento le parole di Francesco al Regina Coeli, nel secondo il ricordo del viola di Lampedusa.

Nella chiesa di Sant’Agnese in Agone allo scambio della pace. Vado con la mano a una che è appena fuori dal banco. Dice no con mano decisa. Uscendo fa un passo verso di me e saluta: “buonasera”. Ricambio con garbo.

Salvatore Mellone ieri a Barletta è stato fatto prete in casa sua dal vescovo: è grave per un tumore all’esofago, dice parole che aiutano. Il Papa l’aveva chiamato al telefono martedì: “La prima benedizione che darai da sacerdote ricordati di darla a me”. E lui ieri tremante ha detto da casa: “Scenda sul Papa la benedizione di Dio Onnipotente”. Gli chiedo a nome dei visitatori di fare un segno anche su noi. Nei primi commenti alcune parole di Salvatore.

“Siamo tre piccole sorelle che che vivono tra Rom e Sinti sulle strade d’Italia. Quando arriviamo con la nostra roulotte in un campo nomadi ci accolgono, ci fanno spazio e ci insegnano tutto quello che è necessario per vivere con loro. Ci guadagniamo da vivere confezionando piccoli oggetti che vendiamo facendo il ‘porta a porta’, come tante donne del campo”: da un articolo di Alex Zanotrelli su “Nigrizia” di aprile ho conosciuto questa piccola comunità. In attesa di andarle a cercare quando capiterò in Calabria, mando loro un bacio e le segnalo ai visitatori come un fatto di Vangelo. Invito chi può a fare un salto alla loro roulotte.

“Tonino Bello e Jorge Mario Bergoglio hanno avuto una formazione strettamente contemporanea e legata per ambedue al Vaticano II. Del resto sono coetanei: se don Tonino fosse con noi, avrebbe appena un anno di più di Papa Francesco. E come sarebbe felice nell’udirlo parlare! Li unisce la ricerca della semplicità e della sobrietà nella vita del vescovo, l’amore agli ultimi e l’impegno per la Chiesa povera, la schiettezza nella denuncia del commercio delle armi, il richiamo a Francesco d’Assisi, la capacità di parlare per immagini e di farsi capire da tutti”: è l’avvio della conferenza che ho tenuto ieri ad Alessano, Lecce, paese natale di don Tonino Bello, a 22 anni dalla morte. Qui il mio testo nel quale ho segnalato 21 coincidenze linguistiche tra i due a partire dalla Chiesa del grembiule.

Sono a Leuca davanti a Sancta Maria de Finibus Terrae, tra la pietra della facciata e il faro. Il mare dappertutto. Luce da luce. Anche il sole è venuto a tramontare qui.

Giorgio Napolitano sull’Italicum invita a «non disfare quello che è stato faticosamente costruito: non si può tornare indietro, guai se si piomba in un ricominciamo da capo». Mi pare sia il primo intervento politico di Napolitano dopo il Quirinale. E’ andato in aiuto a Renzi e a se stesso, cioè all’opera che aveva condotto da presidente. A mio parere ha fatto bene a intervenire. Ridiscutere questo o quello sarebbe senza fine, perchè un gruppuscolo che non è d’accordo ci sarà sempre. Non esiste la legge elettorale perfetta. La determinazione di Renzi va sostenuta. Il parere di Napolitano toglie credito alla minoranza del Pd che si appella ogni due giorni alla storia della sinistra, immaginando di rappresentarla.

“Cari fedeli armeni, oggi ricordiamo con cuore trafitto dal dolore, ma colmo della speranza nel Signore Risorto, il centenario di quel tragico evento, di quell’immane e folle sterminio, che i vostri antenati hanno crudelmente patito. Ricordarli è necessario, anzi, doveroso, perché laddove non sussiste la memoria significa che il male tiene ancora aperta la ferita; nascondere o negare il male è come lasciare che una ferita continui a sanguinare senza medicarla!”: così Francesco poco fa in San Pietro. Nei primi commenti altre parole del Papa sui genocidi del 20° secolo.

“Nella Quaresima di questo Anno Santo ho l’intenzione di inviare i Missionari della Misericordia. Saranno un segno della sollecitudine materna della Chiesa per il Popolo di Dio, perché entri in profondità nella ricchezza di questo mistero così fondamentale per la fede. Saranno sacerdoti a cui darò l’autorità di perdonare anche i peccati che sono riservati alla Sede Apostolica, perché sia resa evidente l’ampiezza del loro mandato. Saranno, soprattutto, segno vivo di come il Padre accoglie quanti sono in ricerca del suo perdono”: sono le parole più nuove che ho letto nella bolla con cui Francesco oggi pomeriggio ha indetto il Giubileo della Misericordia. Non ne avevo presentimento e sono interessato a intenderle. Nei primi commenti altri passi della bolla sugli inattesi missionari.