Mese: <span>Agosto 2015</span>

Torno a Sestri Levante, salgo alla chiesa romanica di San Nicolò, che è sempre chiusa, e ritrovo le amiche cicale che sono sempre aperte.

In parrocchia c’è il Rosario che precede la processione con la statua dell’Assunta, la sera del 15 alle 21. Ogni decina è per uno dei continenti, in risposta all’idea della Chiesa in uscita di Papa Francesco e la coordinatrice chiama a guidare le decine persone che rappresentano varie categorie parrocchiali: “Vengano due bambini della Prima Comunione, due giovani non sposati, una coppia di sposi, due vedovi, due vedove”. Per gli sposi si avvicinano due con lei che ha in braccio una bambina di sei anni, Eleonora, operata per tumore al cervelletto. Testolina in un foulard bianco. Tutta occhi. Non c’era accordo: dopo un momento d’incertezza, si sono mossi loro. Ne avevano motivo. E’ stata la decina più pregata.

Manzoni 17. Eccoci a un capitolo 17 dei “Promessi sposi”, quello del passaggio dell’Adda da parte di Renzo in fuga da Milano, che amo più d’ogni altro per le pagine d’avvicinamento al fiume, che da ragazzo avevo imparato a memoria: nei commenti riporto i brani di maggior presa. E’ anche il capitolo dove più spesso torna la parola Provvidenza, che è – forse – il vero protagonista del romanzo: nove volte, e nei commenti li riporto quasi tutti. Ma è anche il capitolo dove Renzo formula questa sentenza che dedico ai visitatori riferendola abusivamente agli insulti via blog, mentre lui la rivolge contro “quel mercante” che in un’osteria di Gorgonzola aveva ascoltato narrare i disordini milanesi di cui era diventato un involontario protagonista: “E imparate a parlare un’altra volta; principalmente quando si tratta del prossimo”.

“Galantino taglia e cuce ma non lo fa per inesperienza della vita o della lingua. Quando qualifica i politici che cavalcano la ‘paura dell’invasione’ come ‘piazzisti da quattro soldi’, intende affermare proprio questo”: sono parolette di un mio commento pubblicato oggi dal Corsera.

Aggiornamento al pomeriggio dello stesso giorno. L’elemosiniere Konrad Krajewski è un altro rude collaboratore di Francesco, somigliante al nostro Galantino. Il Papa delle periferie ama affidarsi a pastori mezzo dialettali più che a quelli ben filettati.

Sabato 8, l’altroieri, sono stato al Santuario della Trinità di Vallepietra: quell’icona dei tre in uno, la moltitudine di pellegrini che si muovono in confidenza con il luogo e con il Cielo, le croci che i devoti piantano a lato del sentiero che porta alla Grotta dell’icona, la roccia che s’impenna al di sopra. E’ detta “Lo Scoglio”: la Grotta s’annida a metà dello strapiombo, a metri 1337. Ho detto i quattro motivi per andarvi. Sono 80 chilometri da Roma, due dal confine dell’Abruzzo, in zona Subiaco, nella Valle del Simbrivio. Nei commenti altri patetici inviti alla visita e una citazione da Emilio Cecchi.

Ieri ho visto il Colosseo di notte. Venti euro per la visita guidata: “la notte non c’è lo sconto per i giornalisti”. “Sono archeologa, mi chiamo Cristina”. Per la prima volta sono sceso nei sotterranei e ho immaginato la vita che vi facevano le fiere e gli schiavi, stipati nei quindici corridoi: nel buio, intronati dal puzzo delle torce e dalle grida. “Le fiere venivano portate dentro tre notti in anticipo e tenute senza mangiare per farle più aggressive”. Avevo con me i versi di Marziale e mi dispiaceva contrastare il suo entusiasmo: Omnis Caesareo cedit labor Amphitheatro, / unum pro cunctis fama loquetur opus. Nei commenti una mia pedestre traduzione del trionfale epigramma.

Manzoni 16. “Visto finalmente uno che veniva in fretta, pensò che questo, avendo probabilmente qualche affare pressante, gli risponderebbe subito, senz’altre chiacchiere; e sentendolo parlar da sé, giudicò che dovesse essere un uomo sincero. Gli s’accostò, e disse: – di grazia, quel signore, da che parte si va per andare a Bergamo?”: è Renzo in fuga da Milano verso Bergamo e sono io che dai quindici anni – dunque da più di mezzo secolo – mi chiedo come si cavi la sincerità dal parlare tra sé. Nei commenti le mie illazioni.

«Non si può tornare indietro sulla riforma del Senato»: è il titolo che il “Corriere della Sera” mette oggi a una lettera che il presidente emerito della Repubblica ha inviato al quotidiano per affermare che la scelta del Senato non elettivo è “un punto nodale già ampiamente delineato e concordato”. Si tratta di “una scelta già compiuta in ambedue i rami del Parlamento e da cui non è pensabile si torni indietro”: una sua modifica comporterebbe l’azzeramento dell’intero processo riformatore. Apprezzo il fatto che Napolitano sia tornato sulla questione. Condivido il suo appello.