Mese: <span>Luglio 2017</span>

Mi arriva in omaggio il volumetto del collega Paolo Rodari sul successore di Ambrogio nominato il 7 luglio: “Mario Delpini. La vita, le idee e le parole del nuovo arcivescovo di Milano” (Piemme, pp. 164, euro 15.90). Nei commenti riporto tre brani. Il primo, dal quale prendo il titolo del post, è in un testo in versi dell’ultimo capitolo, “Poesie”: l’arcivescovo scrive poesie. Forza le parole per comunicare. Un tratto che apprezzo.

La differenza tra la disfida di Barletta e quelle dei blog è che la prima avvenne un dì, mentre quelle dei blog avvengono tuttodì e sono d’infinita lagna. Non entro a descriverle ma offro qualche suggerimento per evitarle o fermarle: non rispondi, ci scherzi su, quereli, dici e taci. – Per la prima puntata vedi qui.

Ero in viaggio quando ho sentito la notizia della morte di Charlie Gard. Lo ricordo con le parole del Papa: “Affido al Padre il piccolo Charlie e prego per i genitori e le persone che gli hanno voluto bene”. E con quelle della mamma Connie: “Il nostro splendido bambino se n’è andato”.

“Dio sogna” sentenzia un inedito del cardinale Martini in libreria da maggio: “I verbi di Dio” (Edizioni Terra Santa). Dio sogna – ci assicura l’arcivescovo biblista – e “rischia per noi, si sporge, perde l’equilibrio” (p. 46). Dell’Altissimo che “rischia e piange” predicava sempre a maggio Bergoglio: “Il nostro Dio è un sognatore” (omelia di giovedì 17). Si direbbe che il Dio dei Gesuiti non sia immobile come voleva Aristotele ma piuttosto mosso e quasi sonnambulo.

C’è un filo rosso che lega l’enciclica “Humanae Vitae” all’esortazione apostolica “Amoris Laetitia”: è quello che, a partire da “Gaudium et Spes”, vede la Chiesa mettere al primo posto la cura del matrimonio e della famiglia, riconoscendo in queste realtà il luogo, direi, ‘principe’, ove la comunità cristiana è chiamata ad incontrare gli uomini del suo tempo, prendersi cura di tutto il loro umano ed offrire loro la novità dell’annuncio cristiano. In questo senso esiste una singolare continuità che va da Paolo VI a Francesco, passando per San Giovanni Paolo II e Benedetto XVI: così parla il mio amico don Gilfredo Marengo in un’intervista di ieri alla Radio Vaticana. Nel primo commento i complimenti e le spiegazioni.

Riporto nei commenti il documento pubblicato oggi dall’Ospedale Bambino Gesù con la conferenza stampa su Charlie Gard: invito a leggerlo lentamente. Aiuta a pensare con affetto e verità ai bambini colpiti da malattie rare.

“Papa Francesco sta pregando per Charlie e per i suoi genitori”: anch’io con lui e invito i visitatori a fare altrettanto – se hanno il dono della preghiera – e ad astenersi da stupide polemiche. Nel primo commento l’intera dichiarazione del direttore della Sala Stampa vaticana Greg Burke.

“Giovanni Franzoni non era un santo, né un santino. Era, però, un uomo vero: mite, generoso, determinato ed era un discepolo di Gesù di Nazareth di straordinaria caratura”: parole di Luigi Sandri, amico mio e ancora più di Franzoni, che ha scritto di Giovanni – morto a 88 anni il 13 luglio – un bel ricordo di cui riporto alcuni brani rinviando alla lettura integrale su “Confronti”: http://www.confronti.net/


Eccomi a Palazzo Venezia, nel loggiato del cortile, per la mostra “Labirinti del cuore. Giorgione e le stagioni del sentimento tra Venezia e Roma”. Ho in mano il sacco delle olive, pende dal collo l’audioguida compresa nel biglietto. Invito alla mostra, che ha un prolungamento a Castel Sant’Angelo e che permette di apprezzare il nuovo giro del palazzo. Nella Sala delle Battaglie “un’installazione video sonora”, intitolata “Il giardino dei sogni”, ti porta “idealmente e in modo immersivo” – assicura il pieghevole di visita – in un giardino cinquecentesco.

Mario Delpini, nuovo arcivescovo in Milano, si dice inadeguato “già dal nome”: elenca quelli dei predecessori (Angelo, Dionigi, Carlo Maria) e conclude: “Mario che nome è?” Parlata popolare e letteratura gli danno ragione: “Hanno ammazzato il Mario” è un titolo di Dario Fo per la storia di un poveraccio. “L’Adalgisa” di Gadda attesta che a Milano per sfondare ti devi chiamare almeno Carlo: “Come dice anche solo il nome, Carlo!, egli era un bravo e bell’uomo”.