Mese: <span>Agosto 2017</span>

La normalità c’è chi la cerca e chi la fugge. Tiziano Terzani, camminante del pianeta, aveva con essa un fatto personale: “La nostra vita non può e non deve essere normale”. “Dobbiamo essere normali” predica invece Bergoglio, altro girovago del globo. Il 2 agosto ad Andrea Bocelli che ne lodava lo “speciale” carisma ha risposto: “Ma no, io sono solo normale”. La favola insegna che chi vive lo straordinario cerca il normale, chi è nella norma vuole dell’altro.

Torno sul post dell’11 agosto con Burke e il Papa per qualche battuta con i visitatori. E forse questo modo l’userò ancora. Non continuerò con le puntate sulle polemiche del blog: volevo calmarle e ho visto che le riattizzavo. Ora provo quest’altra strada. Non intervengo nel vivo del dibattito, ma lo riprendo quando s’acquieta.

Due antefatti con protagonista il Papa spiegano il nuovo atteggiamento della Cei sui migranti, che la vede favorevole alla stretta del governo su Ong e scafisti: un invito di Francesco ai governanti perché gestiscano con «prudenza» l’apertura agli immigrati, fatto il 1° novembre scorso; un incontro fino a oggi restato riservato del Papa con il premier Paolo Gentiloni, un mese fa in casa dell’arcivescovo Angelo Becciu, numero due della Segreteria di Stato. E’ l’attacco di un mio articolo pubblicato oggi dal Corsera, scritto in collaborazione con il collega Dino Martirano.

Leggo sul sito del collega Marco Tosatti, “Stilum Curiae”, un testo del cardinale Burke sui limiti del magistero papale che condivido: e mi rallegra condividerlo. Vuol dire che ci si può intendere nella lontananza. Ho sempre sostenuto che Papa e sacerdozio devono diminuire mentre devono crescere i cristiani comuni, donne in primis. Papa Francesco è provvidenziale per le due imprese. E’ forte condividere con l’altra sponda quest’idea chiave per la Chiesa di oggi.

Dalla protesta di Innocenzo X per la Pace di Westfalia (1648) la “lamentatio” dei Papi sull’andamento del mondo segna i secoli almeno fino al decreto “Lamentabili” di Pio X (1907). Da cent’anni i Vescovi di Roma accennano a piantarla con le lagne e Francesco in giugno ha appeso alla porta dell’appartamento – in Santa Marta – la scritta “Vietato lamentarsi”. Un scherzoso antidoto all’indole piagnona dei devoti? Vediamo per quanto il cartello resterà in situ.

Un comunicato della Segreteria di Stato chiede al governo del Venezuela di rinunciare alla nuova costituzione e alla repressione militare delle manifestazioni: è il primo intervento di Francesco in un conflitto con morti nelle strade e nelle piazze, condotto non per via diplomatica ma in campo aperto, con un appello rivolto sia al governo sia al popolo del Venezuela. Nei commenti il comunicato.

Aggiornamento al 5 agosto. “Il Papa a Maduro: sospendente la costituente. Ma il leader venezuelano ignora l’appello di Francesco: l’Assemblea si insedia sei ore dopo”. E’ un mio commento pubblicato oggi dal Corsera a p. 10.

Pare vi sia in giro gente di preghiera che s’ingegna a ottenere un accelerato ritorno dell’innovatore Francesco alla casa del Padre. “Inaudito” gridano i sostenitori di Bergoglio impegnati a invocargli lunga vita ma c’è chi ricorda che non mancò in passato chi impetrò una rapida morte di Pio XII e il Belli attesta che era abituale nella Roma papalina sperare “ner conforto / che crepi un papa che te pija in gola” (sonetto “L’età dell’omo” 14 marzo 1834).