Parabola del missionario burlone e dei sequestratori – 1

Racconto in dodici scene. Prima scena. Un missionario burlone viene rapito da quattro guerriglieri musulmani (vedi post del 24 luglio). Eccoli tutti e cinque all’interno di una tenda, seduti su dei grossi sassi. All’ora della preghiera i quattro stendono a terra la stuoia, nel mezzo della tenda e a turno – due per volta – si prostrano nell’invocazione rituale. Fuori campo si odono queste parole: “In nome di Dio, il compassionevole, il misericordioso. Te noi adoriamo e a te chiediamo aiuto. Guidaci sulla retta via, la via di coloro che hai colmato di grazia, non di coloro che sono incorsi nella tua ira, né degli sviati”.

“Cavolo, siamo uno a zero” dice il missionario con voce fuori campo: “Questi pregano e io che faccio?” Mette la mano nella bisaccia, ne cava il breviario, si inginocchia nel fango, si segna e legge. Voce fuori campo: “Beato l`uomo che non segue il consiglio degli empi, non indugia nella via dei peccatori e non siede in compagnia degli stolti;  ma si compiace della legge del Signore, la sua legge medita giorno e notte”.

Quando ha finito rimette il breviario nella bisaccia e incontra il pacchetto delle sigarette, ne accende una. Fa una lunga tirata e poi soffia il fumo intorno estasiato, a occhi chiusi. Li apre, vede le facce severe dei sequestratori, tutti giovanotti che potrebbero essergli figli e riprende il pacchetto: “Scusate – dice – ho dimenticato di offrirvene, sono buone! Tabacco americano”.
“Noi non fumiamo” risponde il capo dei sequestratori: “Se fumi la tua bocca non è pulita per la lode dell’Onnipotente”.

“E’ il cuore che dev’essere pulito e non la bocca”, risponde il missionario vivamente seccato: “Il tuo cuore non è pulito se tieni prigioniero un fratello”. Fa una pausa e poi dice soddisfatto: “Uno pari!”

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