Il nuovo Osservatore anticipa e sbaglia

Per un giornalista è una buona notizia: anche l’Osservatore romano sbaglia! Il nuovo OR di Gian Maria Vian e Carlo Di Cicco (vedi post del 30 settembre, 28 ottobre, 19 dicembre) anticipa rispetto all’ufficialità, fa interviste sul fatto del giorno, pubblica inediti e – com’è ovvio – gli capita di mettere il piede in fallo. Nell’edizione dell’altro ieri – anticipando rilevazioni inedite dell’Ufficio centrale di statistica della Chiesa – segnalava un calo spaventoso del numero di religiosi e religiose che sarebbero diminuiti di 94.790 unità – su un totale di 945.210 – nel passaggio dal 2005 al 2006. Il calo è stato invece di 7.230 unità: l’ha precisato ieri la Sala Stampa vaticana, che si è presa così una piccola rivincita dopo le tante informazioni che si era vista anticipare dal quotidiano vaticano nei cento giorni della nuova direzione. Proprio ieri, del resto, l’OR batteva di nuovo la Sala Stampa pubblicando in esclusiva – si direbbe di qua dal Tevere – la “nota della Segreteria di Stato” con la nuova preghiera per gli ebrei da usare il Venerdì Santo a correzione del Missale Romanum del 1962 (vedi post del 20 luglio). Io simpatizzo per il nuovo OR e quell’impagabile errore me lo rende ancora più simpatico.

25 Comments

  1. Sumpontcura

    Pasquinata

    Di là dal Tevere
    in Sala Stampa
    fioccano i brindisi:
    “Di Cicco inciampa,
    e Vian va a sbattere
    contro l’errore:
    non è infallibile
    l’Osservatore!”.

    “Oh, ma quanta euforia –
    commenta Gian Maria –
    ve’ che gran novità!
    Ma lo sapevo già:
    e certo che infallibile non sono:
    non son mica Pio Nono!”.

    5 Febbraio, 2008 - 20:29
  2. Feynman82

    Concordo con il suo commento caro Luigi! Basta che non diventi una abitudine quella dell’errore 😉

    NOTA da OSSERVATORE ESTERNO SULl’OSSERVATORE
    Mi chiedo, invece, come mai l’Osservatore con la nuova gestione abbia, per così dire, “accentrato”, tutte le sue forze. Mi spiego meglio: conosco una collaboratrice dell’OR cui è stato sospeso – late sententiae – il rapporto di collaborazione. “Ordini dalla nuova Redazione” le è stato sentenziato via e-mail e dall’oggi al domani non l’hanno più contattata. Le malelingue vaticane (!) parlano della mano del card. Bertone. Mano o non mano cardinalizia, mi son informato e ho saputo che, in effetti, la signora che conosco e che collaborava da più di 20 anni con il quotidiano, non è stata la sola. Stessa sorte è toccata a pressochè tutti i collaboratori sparsi per l’Italia.

    Questo commento non contiene nessua polemica o nota di biasimo. Solo volevo capire quale è la motivazione che guida questa scelta che, mi è sembrato così opportuno definire “accentratrice” . (sempre che qualcuno sappia la risposta)

    Un caro saluto a tutti (spero di tornare presto a riavere il mio blog, o, a questo punto, addirittura un nuovo blog)
    Andrea Macco

    5 Febbraio, 2008 - 21:18
  3. “Qui c’è di certo qualcosa di strano”
    – dissero mesti all’Osservatore Romano
    “i preti e le suore a noi sembran tanti,
    si tratti di santi, beati o sol fanti.
    Invece del meno ci andava un bel più,
    ma il diavolo ha spinto la penna all’in giù”

    “Ma che pensavate di esser gagliardi?
    – corresse furente padre Lombardi
    A fare di conto – io dico – con i religiosi
    sappiate un domani esser più generosi.
    Ne mi soprende tra l’altro la svista,
    se quei che controlla proviene da adìsta.

    Che poi un direttore e gran professore
    passi il suo tempo a giocar col colore
    è il segno che il mondo è in gran confusione
    poi dici – ti credo – non c’è più religione.
    nè sopra nè sotto la Chiesa ormai campa
    fortuna che esiste e resiste la sala stampa

    5 Febbraio, 2008 - 21:57
  4. Anche i migliori possono sbagliare: Agnelli ha prodotto la Duna. 😆

    6 Febbraio, 2008 - 11:12
  5. quelli che sbagliano per fare una cosa (più) bella mi piacciono.

    6 Febbraio, 2008 - 15:08
  6. lycopodium

    Mercoledì delle ceneri. T.S. Eliot

    Perch’i’ non spero più di ritornare
    Perch’i’ non spero
    Perch’i’ non spero più di ritornare
    Desiderando di questo il talento e dell’altro lo scopo
    Non posso più sforzarmi di raggiungere
    Simili cose (perché l’aquila antica
    Dovrebbe spalancare le sue ali?)
    Perché dovreí rimpiangere
    La svanita potenza del regno consueto?
    Poi
    che non spero più di conoscere
    La gloria incerta dell’ora positiva
    Poi che non penso più
    Poi che ormai so di non poter conoscere
    L’unica vera potenza transitoria
    Poi che non posso bere
    Là dove gli alberi fioriscono e le sorgenti sgorgano, perché non c’è più nulla

    Poi che ora so che il tempo è sempre il tempo
    E che lo spazio è sempre ed è soltanto spazio
    E che ciò che è reale lo è solo per un tempo
    E per un solo spazio
    Godo che quelle cose siano come sono
    E rinuncio a quel viso benedetto
    E rinuncio alla voce
    Poi che non posso sperare di tornare ancora
    Di conseguenza godo, dovendo costruire qualche cosa
    Di cui allietarmi
    E prego Dio che abbia pietà di noi
    E prego di poter dimenticare
    Queste cose che troppo
    Discuto con me stesso e troppo spiego
    Poi che non spero più di ritornare
    Queste parole possano rispondere
    Di ciò che è fatto e non si farà più
    Verso di noi il giudizio non sia troppo severo
    E poi che queste ali più non sono ali
    Atte a volare ma soltanto piume
    Che battono nell’aria
    L’aria che ora è limitata e secca
    Più limitata e secca della volontà
    Insegnaci a aver cura e a non curare
    Insegnaci a starcene quieti.
    Prega per noi peccatori ora e nell’ora della nostra morte
    Prega per noi ora e nell’ora della nostra morte.
    II
    Signora, tre leopardi bianchi giacevano sotto un ginepro
    Nella frescura del giorno, nutriti a sazietà
    Delle, mie braccia e del mio cuore e del mio fegato e di quanto
    Era stato contenuto nel cavo rotondo del mio cranio. E Dio disse
    Vivranno queste ossa? vivranno
    Queste ossa? E tutto quanto era stato contenuto
    Nelle ossa (che già erano aride) disse stridendo
    Per la bontà di questa Signora
    E, per la sua grazia, e perché
    Ella onora la Vergine in meditazione
    , Noi risplendiamo con tanta lucentezza. E io che sono
    Qui dismembrato offro all’oblìo le mie gesta, e il mio amore
    Alla posterità del deserto e al frutto della zucca.
    E’ questo che ristora
    Le mie viscere le fibre dei miei occhi e le porzioni indigeste
    Che i leopardi rifiutano. La Signora si è ritirata
    In una bianca veste, alla contemplazione, in una bianca veste.
    Che la bianchezza dell’ossa espii fino all’oblìo.
    In esse non c’è vita. E come io sono dimenticato e vorrei essere
    Dimenticato, così vorrei dimenticare
    Consacrato in tal modo, ben saldo nel proposito. E Dio disse
    Profetizza al vento, al vento solo perché
    Il vento solo darà ascolto. E le ossa cantarono stridendo
    Col ritornello della cavalletta, dicendo
    Signora dei silenzi
    Quieta e affranta
    Consunta e più integra
    Rosa della memoria
    Rosa della dimenticanza
    Esausta e feconda
    Tormentata che doni riposo
    La Rosa unica
    Ora è il giardino
    Dove ogni amore finisce
    Terminato il tormento
    Dell’amore insoddisfatto
    Più grande tormento
    Dell’amore soddisfatto
    Fine dell’ínfinito
    Viaggio verso il nulla
    Conclusione di tutto ciò
    Che non può essere concluso
    Linguaggio senza parola
    E parola di nessun linguaggio
    Grazia alla Madre
    Per il Giardino
    Dove tutto l’amore finisce.
    Sotto un ginepro le ossa cantarono, disperse e rilucenti
    Noi siamo liete d’essere disperse, poco bene facernmo l’una all’altra,
    Nella frescura del giorno sotto un albero, con la benedizione della sabbia,
    Dimenticando noi stesse e l’un l’altra, unite
    Nella serenità del deserto. Questa è la terra che voi
    Spartirete. E né divisione né unione
    Hanno importanza. Questa è la terra. Ecco, abbiamo la nostra eredità.
    III
    Là dalla prima rampa della seconda scala
    Mi volsi e vidi in basso
    La stessa forma avvinta alla ringhiera
    Sotto la nebbia nell’aria fetida
    In lotta col demonio delle scale
    Dall’ingannevole volto della speranza e della disperazione.
    Alla seconda rampa della seconda scala
    Li lasciai avvinghiati, volti in basso;
    Non v’erano più volti e la scala era oscura,
    Scheggiata ed umida, come la bocca guasta
    E bavosa di un vecchio, o la gola dentata di un antico squalo.
    Là sulla prima rampa della terza scala
    Una finestra a inferriata con il ventre gonfìo
    Come quello di un fico e al di là
    Del biancospino in fìore e della scena agreste
    Quella figura dalle spalle ampie vestita in verde e azzurro
    Affascinava il maggio con un flauto antico.
    Sono dolci le chiome arruffate, le chiome brune arruffate sulla bocca,
    Lillà e chiome brune;
    Lo sgomento, la musica del flauto, le pause e i passi della mente sulla terza scala,
    Svaniscono, svaniscono; al di là della speranza e al di là della disperazione
    La forza sale sulla terza scala.
    Signore, non son degno
    Signore, non son degno
    ma di’ una sola parola.
    IV
    Colei che camminò fra viola e viola
    Che camminò
    Fra i diversi filari del variato verde
    In bianco e azzurro procedendo, colori di Maria,
    Parlando di cose banali
    In ignoranza e scienza del dolore eterno
    Che mosse in mezzo agli altri che già stavano andando
    Che allora fece forti le fontane e fresche le sorgenti
    Rese fredda la roccia inaridita e solida la sabbia
    In blu di speronella, blu del colore di anni Maria,
    Sovegna vos
    Ecco gli anni che passano in mezzo, portando
    Lontano i violini e i flauti, ravvivando
    Una che muove nel tempo fra il sonno e la veglia, che indossa
    Luce bianca ravvolta, di cui si riveste, ravvolta.
    Passano gli anni nuovi ravvivano
    Con una splendida nube di lacrime, gli anni, ravvivano
    La rima antica con un verso nuovo. Redimi
    Il tempo. Redimi
    La visione non letta nel sogno più alto
    Mentre unicorni ingioiellati traggono il catafalco d’oro.
    La silenziosa sorella velata in bianco e azzurro
    Fra gli alberi di tasso, dietro il dio del giardino,
    Il cui flauto tace, piegò la testa e fece un cenno ma non parlò parola
    Ma la sorgente zampillò e l’uccello cantò verso la terra
    Redimi il tempo, redimi il sogno
    La promessa del verbo non detto e non udito
    Finché il vento non scuota mille bisbigli dal tasso
    E dopo questo nostro esilio
    V
    Se la parola perduta è perduta, se la parola spesa è spesa
    Se la parola non detta e non udita
    E’ non udita e non detta,
    Sempre è la parola non detta, il Verbo non udito,
    Il Verbo senza parola, il Verbo
    Nel mondo e per il mondo;
    E la luce brillò nelle tenebre e
    Il mondo inquieto contro il Verbo ancora
    Ruotava attorno al centro del Verbo silenzioso
    .
    0 mio popolo, che cosa ti ho fatto.
    Dove ritroveremo la parola, dove risuonerà
    La parola? Non qui, che qui il silenzio non basta
    Non sul mare o sulle isole, né sopra
    La terraferma, nel deserto o nei luoghi di pioggia,
    Per coloro che vanno nella tenebra
    Durante il giorno e la notte
    Il tempo giusto e il luogo giusto non sono qui
    Non v’è luogo di grazia per coloro che evitano il volto
    Non v’è tempo di gioire per coloro che passano in mezzo al rumore e negano la voce
    Pregherà la sorella velata per coloro
    Che vanno nelle tenebre, per coloro che ti scelsero e si oppongono
    A te, per coloro che sono straziati sul corno fra stagione e stagione, tempo e ternpo, Fra ora e ora, parola e parola, potenza e potenza, per coloro che attendono
    Nelle tenebre? Pregherà la sorella velata
    Per i fanciulli al cancello
    Che non lo varcheranno e non possono pregare:
    Prega per coloro che ti scelsero e ti si oppongono
    0 mio popolo, che cosa ti ho fatto.
    Pregherà la sorella velata fra gli alberi magri di tasso
    Per coloro che l’offendono e sono
    Terriffcati e non possono arrendersi
    E affermano di fronte al mondo e fra le rocce negano
    Nell’ultimo deserto e fra le ultime rocce azzurre
    Il deserto nel giardino il giardino nel deserto
    Della secchezza, sputano dalla bocca il secco seme di mela.
    0 mio popolo.
    VI
    Benché non speri più di ritornare
    Benché non speri
    Benché non speri di ritornare
    A oscillare fra perdita e profitto
    in questo breve transito dove i sogni si incrociano
    Il crepuscolo incrociato dai sogni fra nascita e morte
    (Benedicimi padre) sebbene non desideri più di desiderare queste cose
    Dalla fìne finestra spalancata verso la riva di granito
    Le vele bianche volano ancora verso il mare, verso il mare volano
    Le ali non spezzate
    E il cuore perduto si rinsalda e allieta
    Nel perduto lillà e nelle voci del mare perduto
    E Io spirito fragile s’avviva a ribellarsi
    Per la ricurva verga d’oro e l’odore del mare perduto
    S’avviva a ritrovare
    Il grido della quaglia e il piviere che ruota
    E l’occhio cieco crea
    Le vuote forme fra le porte d’avorio
    E l’odore rinnova il sapore salmastro della terra sabbiosa
    Questo è il tempo della tensione fra la morte e la nascita
    Il luogo della solitudine dove tre sogni s’incrociano
    Fra rocce azzurre
    Ma quando le voci scosse dall’albero di tasso si partono
    Che l’altro tasso sia scosso e risponda.
    Sorella benedetta, santa madre, spirito della fonte,. spirito del giardino
    Non permettere che ci si irrida con la falsità
    Insegnaci a aver cura e a non curare
    Insegnaci a starcene quieti
    Anche fra queste rocce,
    E’n la Sua volontarie è nostra pace
    E anche fra queste rocce
    Sorella, madre
    E spirito del fiume, spirito del mare,
    Non sopportare che io sia separato
    E a Te giunga il mio grido.

    Thomas Stearns Eliot

    6 Febbraio, 2008 - 19:09
  7. per tonizzo: pensa, c’è stato un tempo in cui ho lavorato per conto della Fiat e ho conosciuto uno dei due uomini che hanno proposto e messo in pratica il progetto industriale da cui è nata la Duna… il tipo, un valdarnese doc, ne era orgogliosissimo… diciamo che il mostro aveva obiettivi altri da quelli commerciali…

    7 Febbraio, 2008 - 9:40
  8. ignigo74

    De “Oremus et pro perfidis judaeis”.
    Anche oggi sul Corriere le solite noiosissime, noiosissime, noiosissime flatulenze verbali dei soliti noiosissimi burattini di questa o quella comunità (anche, evidentemente, di quella cattolica).
    Per-fidis, la perfidia, rimanda all’ attraversare (per) una fede per lasciarsela alle spalle, ovvero tradire, rinnegare. Perfidia suprema quella dell’apostolo protovescovo Giuda, che consegna-tradisce il Maestro, perfidia suprema quella di Simon Pietro protopontefice che rinnega-tradisce perfettamente – il numero tre … – e sostiene con forza “non conosco quell’uomo”, perfidia generalizzata quella degli apostoli protovescovi – tutti – che scappano a gambe levate abbandonando il loro Maestro al proprio solitario, drammatico e salvifico destino. La fede della chiesa si basa su quella di un gruppo di perfidi giudei. Non è che i perfidi giudei siamo noi? A me pare lampante il significato cangiante – divinamente ambiguo si potrebbe dire con Euripide… – di quella formuletta liturgica.
    Perché tante noiose, noiose, noiose, noiose vuote parole?

    7 Febbraio, 2008 - 10:03
  9. Moralista, sei un grande. Per non dire di quelli che vollero a tutti costi l’Arna…

    7 Febbraio, 2008 - 11:27
  10. ignigo74,
    se tu sei convinto che sono solo nosiose e vuote parole di che ti preoccupi,
    ma se ti stai preoccupando….
    non solo noiose e vuote parole,
    Dal messale edito sotto il Pontificato di Paolo VI:
    “Preghiamo per gli Ebrei:
    il Signore Dio nostro, che li scelse primi fra tutti gli uomini ad accogliere la sua parola,
    li aiuti a progredire sempre nell’amore del suo nome e nella fedeltà della sua alleanza.
    Dio onnipotente ed eterno, che hai fatto le tue promesse ad Abramo ed alla sua discendenza,
    ascolta la preghiera della tua Chiesa,
    perché il popolo primogenito della tua alleanza possa giungere alla pienezza della redenzione”.

    Modifica al Messale di Giovanni XXIII – 1962 (impropriamente tridentino):
    sotto il Pontificato di Benedetto XVI:
    Ut Deus et Dominus noster illuminet corda eorum,
    ut agnoscant Iesum Christum salvatorem omnium hominum.
    Oremus.
    Omnipotens sempiterne Deus,
    qui vis ut omnes homines salvi fiant et ad agnitionem veritatis veniant,
    concede propitius,
    ut plenitudine gentium in Ecclesiam Tuam intrante omnis Israel salvus fiat.
    Per Christum Dominum nostrum. Amen.

    Vero Ignigo74,
    tante noiose, noiose, noiose, noiose vuote parole,
    soprattutto per quelle noiosissime differenze………..

    Mi dispiace Ignigo,
    ma sei troppo giovane
    per ricordare……….

    7 Febbraio, 2008 - 17:44
  11. ignigo74

    scusa Matteo, ma lo sai il latino?
    e poi, siccome sono troppo giovane, significa che non posso parlare nemmeno di Napoleone III o di Gadda che è morto un anno prima della mia nascita?
    Da te mi aspettavo argomenti più significativi.
    In base al tuo ragionamento non potremmo nemmeno leggere certi passi del Nuovo Testamento nei quali si accenna alla conversione di Israele (cfr. Apocalisse).

    7 Febbraio, 2008 - 18:30
  12. ignigo non è il caso di offendere le intelligenze tua e mia….
    io vengo dal pontificato di Giovanni XXIII e ho visto e ho sentito …
    una parte di storia mi è passato attraversando la mia mente e la mia vita,
    da giovane il mio giornale preferito era L’OR, lo so che potrebbe scandalizzarti…..
    In quanto al Latino io devo saperlo,
    a meno che non pensi che io usi un vocabolario desueto….
    daiii
    non vedermi a tutti costi polemico,
    e non è colpa mia se sei giovane…. per ora e’ un tuo vantaggio, vivilo.
    ciao

    7 Febbraio, 2008 - 18:47
  13. Sumpontcura

    Caro Matteo,
    io (che sono “vecchio”) la capisco così:
    la formula di Benedetto XVI raccoglie le parole del messale di Paolo VI e aiuta i fedeli a comprenderne il significato.
    Che cosa significa infatti l’espressione “perché il popolo primogenito della tua alleanza possa giungere alla pienezza della redenzione”, se non “ut agnoscant Iesum Christum salvatorem omnium hominum”? Quale altra “pienezza della redenzione” è mai esistita al mondo?
    Se alcuni nostri fratelli di religione ebraica non accettano la formulazione, forse potremmo – fraternamente – pregare per loro. O no?

    7 Febbraio, 2008 - 19:25
  14. hai ragione Sump,
    potremmo pregare per loro,
    ma è un caso, che nella rete web di nostalgici…..
    del missale tridentino….. si esprimano per cosi’ dire con un’anima antisemita?
    e credo che anche per te che sei avvezzo allo strumento informatico, non ci vuole nulla a fare 2+2 e trovare i siti dove un possibile legittimo desiderio di “riascolatare” la s. Messa alla maniera di Giovanni XXIII si lega all’antisemistismo mascherato da una fedeltà indicibile al Magistero (anche qui a partire da Benedetto XVI…)
    La formulazione dell’Oremus pro Iudaeis, si presta ad ambiguità molto palese.
    GLI EBREI HANNO GIà LE LORO PROMESSE CHE NON SONO STATE LORO RITIRATE.
    Giovane non sono…… e purtroppo allocco ancor meno.
    CREDO nella buona fede di tanti,
    ma qui si mesta un discorso che si fa anche un po politico…..
    L’importante è aver cominciato con l’affiancare la Liturgia di Giovanni XXIII a quella di Paolo VI….
    con un po di tempo si passerà ad affiancare i tomi di Teologia a quei bei classici manuali di teologia, dove vi era una risposta per ogni caso, non necessariamente per ogni persona, non necessariamente per ogni coscienza.
    Quando accadrà, io guarderò e farò ciò che la coscienza rettamente formata, mi dettera’ in quel momento.
    Per me, perdonami, ma il discorso si chiude irrimediabilmente qui, non avendo altro da discettare sulla pelle altrui….
    ciao sump

    7 Febbraio, 2008 - 20:05
  15. Feynman82

    Nessno risponde alla mia domanda-osservazione sull’osservatore?
    Credevo che qualche vaticanista o frequentatore dei sacri palazzi ne sapesse qualcosa di più… Nel caso battete un colpo! Grazie!

    AM

    7 Febbraio, 2008 - 21:36
  16. lycopodium

    Anche i migliori possono sbagliare: Agnelli ha permesso Moggi.

    7 Febbraio, 2008 - 22:36
  17. Padre, perdonali perché sono interisti 😆

    7 Febbraio, 2008 - 22:41
  18. Luigi Accattoli

    Caro Feynman82 non conosco la faccenda dell’interruzione delle collaborazioni. Posso dire che le collaborazioni ai giornali sono di stretta competenza della direzione, cambiando il direttore si ha sempre un vasto riassetto. Altrimenti come farebbe il nuovo direttore a segnalare la sua direzione di marcia? Non potendo cambiare i redattori cambia almeno i collaboratori. Ma davvero non so nulla di che cosa Vian abbia fatto dei collaboratori di Agnes. Auguri per la ripresa del tuo sito!

    7 Febbraio, 2008 - 22:47
  19. lycopodium

    io tifo solo il Cagliari e spt NON tifo juve (rigorosamente minuscolo)

    7 Febbraio, 2008 - 22:50
  20. Massimo rispetto per il Cagliari, e viva Giggirriva Rombo di Tuono!

    8 Febbraio, 2008 - 11:26
  21. adesso sì che si fa sul serio: FORZA NAAAPOOOOOLIIII !!!

    8 Febbraio, 2008 - 13:17
  22. raffaele.savigni

    Cponcordo con Sumpontcura.Non vedo grandi differenze tra le due formule, e non capisco perché Di Segni continui ad arrabbiarsi (mi sembra più intelligente un altro ebreo, Giorgio Israel). Non credo che la Chiesa possa rinunciare a sperare in un’adesione futura degli ebrei a Cristo: l’importante è che venga interpretata come perfezionamento delle attese del popolo ebraico, senza chiedergli di rinnegare o “sostituire” la prima alleanza. E in questo senso è importante che il papa alluda (“omnis Israel…”) al famoso passo della lettera ai Romani cvhe ha aiutato i teologi postconciliari a suiperare la teologia “sostituzionista”.Questo è importante, con buona pace dei nostalgici dell’antisemitismo che tentano di strumentalizzare il motu proprio per i loro fini: non li dobbiamo sopravvalutare, né dobbiamo confondere il “vetus Ordo” in sé considerato con queste letture tendenziose, ed ancor meno con conseguenze “politiche”.

    9 Febbraio, 2008 - 0:08
  23. lycopodium

    Do atto a gnigo74 dell’ “autocriticità” del termine incriminato dell’antica liturgia.
    Come do atto al prof. Savigni della necessità di fornire una lettura teologica meno ristretta del rapporto Chiesa/antico Israele, per quanto sia questione difficile, come dimostra lo stesso cardinale Martini in uno scritto recente dove, parlando del sinedrio e della sua condanna di Gesù, scrive:
    “Ci troviamo davvero di fronte al crollo di una istituzione, una istituzione – notiamo – che avrebbe avuto il compito primario di riconoscere il Messia verificandone le prove. Sarebbe stato questo l’atto giuridico più alto di tutta la sua storia. Invece fallisce proprio lo scopo fondamentale […] in vista del quale era sorta. […] Si pone qui un problema gravissimo, quello della possibilità che un’istituzione religiosa decada: si leggono ancora i testi sacri, però non sono più compresi, non hanno più forza, accecano invece di illuminare. […] Le loro menti si sono accecate. Infatti lo spesso velo sino ad oggi rimane non rimosso quando leggono l’Antico Testamento, perché in Cristo soltanto esso si annulla. Anzi, fino ad oggi, quando si legge ad essi Mosé, un velo giace sopra il loro cuore” (cfr. http://magister.blogautore.espresso.repubblica.it in data 4 Febbraio 2008).
    Questa drammatica complessità della questione, che fa esprimere il cardinale c.d. “progressista” in termini analoghi a quelli dell’antico messale, mi conferma della PROVVIDENZIALE acutezza teologica di papa Benedetto.
    Egli RICAPITOLA, SUPERA E INVERA le posizioni apparentemente in conflitto, espresse dalle formule liturgiche dell’antico e del nuovo messale.
    Papa Benedetto è perciò autentico rinnovatore di ENTRAMBE le forme liturgiche.
    Perché fermarsi al VO significa fare un’improponibile iperbole al quadrato, se si interpreta letteralmente quella che è un’immagine colorita. Ma la preghiera del NO non deve essere forzata in vista di un irenismo dissolvente. Che questo sia un pericolo presente (che conferma la provvidenzialità di questo Papa) lo conferma la brutta dichiarazione di un biblista, certo meno illustre del card. Martini (dall’agenzia SIR, cfr. http://www.crismon.it/forum/showthread.php?t=3549&page=21: ).
    Brutta spt per questo passo, dove elogia il fatto che nella preghiera “Non si parla di entrare nella Chiesa, non è nominato Gesù Cristo, neanche nella prima parte della preghiera”.
    Che dirne?
    A me colpisce quel “non è nominato Gesù Cristo”, quasi fosse un segno di contraddizione o una pietra d’inciampo … anche per i biblisti che si dicono cristiani e sembrano vergognarsene.
    In questo, eredi di quella medesima omissione di testimonianza giustamente evidenziata da gnigo74.
    “Popolo mio che cosa ti ho fatto?”

    9 Febbraio, 2008 - 10:56
  24. Feynman82

    Caro Luigi,
    grazie della risposta e anche degli auguri! 🙂

    A presto,
    Andrea

    9 Febbraio, 2008 - 15:09

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