Un Sinodo di crisi ma anche di rilancio

Articolo pubblicato da Liberal il 30 ottobre alle pagine 14 e 15 con il titolo “Contagiati dal Vangelo”

Per le Chiese cristiane questo tempo sta sotto il segno della crisi ma non mancano risorse e slanci che incoraggiano ad affrontare l’impresa di una nuova evangelizzazione: è questa l’idea venuta dalle tre settimane del Sinodo dei Vescovi che si è concluso domenica. Ma dal Sinodo è venuto anche un altro messaggio altrettanto importante: che per la leadership episcopale mondiale la crisi che stiamo vivendo nonché la reazione a essa non sono una novità degli ultimi anni, ma risalgono ambedue agli anni ’50 del secolo scorso; e che dunque lo stesso Vaticano II fa parte della risposta cattolica ai tempi nuovi del mondo e della cristianità. Anche questa seconda idea ha un portato liberante: aiuta a evitare che ci si fermi alla diatriba sul ruolo del Concilio in rapporto alla crisi.

“Nelle terre di antica cristianità si registra una diminuzione di membri e di vocazioni” dice Enzo Bianchi, di Bose, che ha partecipato al Sinodo come “esperto”. Ma ecco un portavoce dell’Africa, il cardinale Polycarp Pengo, arcivescovo di Dar-es-Salaam (Tanzania) e presidente del Simposio delle Conferenze Episcopali di Africa e Madagascar, che narra invece come nel continente nero si registri proprio in questi anni uno “straordinario numero di battezzati, sacerdoti, religiose, religiosi e catechisti”. Se vogliamo un dato riassuntivo: in Italia le parrocchie fanno fatica a trovare catechisti, in Africa i catechisti sono più di 270 mila!

Se dunque le Chiese cristiane diminuiscono in Europa, crescono altrove. Anche l’America Latina e l’Asia appaiono piene di vitalità. “La scristianizzazione è accompagnata da ripetuti attacchi giuridici, e talora fisici, contro la presenza visibile delle manifestazioni della fede” dice il cardinale arcivescovo di Esztergom-Budapest, Péter Erd?, presidente della Conferenza Episcopale dell’Ungheria e presidente del Consiglio delle Conferenze Episcopali dell’Europa. Ma non suona la stessa musica l’arcivescovo messicano Carlos Aguiar Retes, presidente del Consiglio Episcopale Latinoamericano: Il rinnovamento pastorale in America, avviato in risposta al Concilio Vaticano II, ha reso più dinamica la vita interna della Chiesa: si sono moltiplicati gli agenti della pastorale, si è intensificata la formazione nella fede, sono cresciute la partecipazione e la comunione eucaristica dei fedeli alla messa domenicale”.

Molte voci europee hanno lamentato la condizione di minoranza, storicamente inedita, che vengono sperimentando le Chiese del vecchio continente, ma gli ha fatto eco quasi in tono di protesta l’arcivescovo di Manila Luis Antonio Tagle (uno dei sei nuovi cardinali, tutti extraeuropei, annunciati dal Papa mercoledì scorso): “Ho accolto con stupore le osservazioni sulla paura di essere in decrescita, sul numero dei praticanti, sulla reale influenza: io vengo dall’Asia e là noi non siamo mai stati in maggioranza eppure la nostra Chiesa è viva ed esprime gioia”.

Non c’è dubbio che il maggior interesse del Sinodo appena concluso sia da vedere nel contrappunto e nella sinfonia mondiale delle voci che vi si sono espresse: lo hanno detto quasi con le stesse parole il più anziano e il più giovane dei partecipanti. Il più anziano era il Papa con i suoi 85 anni e il più giovane un “uditore” laico romano di 23 anni, Tommaso Spinelli.

“In nessuna aula come in quella del Sinodo – ha dichiarato il giovanissimo Spinelli alla Radio Vaticana – c’è una visione globale di tutto quanto il mondo, visto non però attraverso l’occhio economico della speculazione, ma visto con l’occhio dell’attenzione alla persona, alle sue necessità. Queste tre settimane mi hanno trasmesso un’idea bella e fresca della Chiesa nel mondo”.

Il Papa ha insistito sulla cattolicità respirata in Sinodo nel suo ultimo intervento in aula, sabato scorso: “Per me è stato veramente edificante, consolante ed incoraggiante vedere qui lo specchio della Chiesa universale con le sue sofferenze, minacce, pericoli e gioie, esperienze della presenza del Signore, anche in situazioni difficili”.

“Abbiamo sentito – ha detto ancora Benedetto – come la Chiesa anche oggi cresce, vive. Penso, per esempio, a quanto ci è stato detto sulla Cambogia, dove di nuovo nasce la Chiesa, la fede; o anche sulla Norvegia, e su tanti altri paesi. Vediamo come anche oggi il Signore è presente e potente dove non ci si aspettava”.

Papa Ratzinger è sempre così restio ad abbandonarsi ai facili entusiasmi che queste sue parole ci rendono curiosi di sapere che cosa in Sinodo sia stato detto della Cambogia e della Norvegia. “Anche se i cristiani in Cambogia sono un piccolo gregge (circa il 2% della popolazione), sono comunque molto dinamici e felici di essere nella Chiesa” aveva detto Olivier Schmitthaeusler, vicario apostolico di Phnom Penh: “Da noi il Vangelo non si diffonde attraverso il proselitismo, ma per contagio. La cosa più importante è toccare il cuore e tornare all’esperienza delle prime comunità cristiane, che vivevano la semplicità del Vangelo”.

E in Norvegia? Credevamo vi fosse un fitto gelo e invece abbiamo ascoltato Berislav Grgi?, Vescovo Prelato di Tromsø, parlare così: “Nei paesi nordici – Danimarca, Finlandia, Islanda, Norvegia e Svezia – la Chiesa cattolica è una piccola minoranza e quindi non ha né i vantaggi né gli svantaggi che si riscontrano spesso nelle regioni in cui il cattolicesimo è tradizionale e/o prevalente. La nostra è tuttavia una Chiesa in crescita. Vengono costruite o acquistate nuove chiese, istituite nuove parrocchie, vengono ad aggiungersi riti non latini, il numero delle conversioni e dei battesimi adulti è relativamente alto, non mancano le vocazioni al sacerdozio e alla vita religiosa, il numero dei battesimi supera di gran lunga quello dei decessi e di quanti abbandonano la Chiesa, e la presenza alla Messa domenicale è abbastanza alta”.

Comprendiamo dunque come Papa Benedetto si sia sentito rincuorato e abbia voluto rincuorare i suoi uditori: “Anche se la Chiesa sente venti contrari, tuttavia sente soprattutto il vento dello Spirito Santo che ci aiuta, ci mostra la strada giusta; e così, con nuovo entusiasmo, mi sembra, siamo in cammino e ringraziamo il Signore perché ci ha dato questo incontro veramente cattolico”.

Un Sinodo dunque che ha messo in risalto la mondialità rinfrancante della Chiesa Cattolica e che si è anche richiamato con naturalezza al Vaticano II, senza lasciarsi tentare dal conflitto delle interpretazioni. “Il Sinodo è apparso in forma nitida figlio del Concilio” ha scritto l’Osservatore Romano.

Lo stesso concetto l’ha espresso con altre parole Papa Benedetto domenica all’Angelus: «Ripensare alla stagione conciliare è stato quanto mai favorevole, perché ci ha aiutato a riconoscere che la nuova evangelizzazione non è una nostra invenzione, ma è un dinamismo che si è sviluppato nella Chiesa in modo particolare dagli anni ’50 del secolo scorso, quando apparve evidente che anche i paesi di antica tradizione cristiana erano diventati, come si suol dire, terra di missione».

Si direbbe che i “padri sinodali” abbiano accolto l’invito formulato dal Papa ad apertura dei lavori a “far risplendere la verità e la bellezza della fede nell’oggi del nostro tempo senza sacrificarla alle esigenze del presente né tenerla legata al passato”.

L’annuncio a sorpresa di un concistoro per la nomina di sei nuovi cardinali provenienti dal vasto mondo Bendedetto l’ha così commentato: “Io ho voluto, con questo piccolo Concistoro, completare il Concistoro di febbraio, proprio nel contesto della Nuova Evangelizzazione, mostrando che la Chiesa è Chiesa di tutti i popoli, parla in tutte le lingue, è sempre Chiesa di Pentecoste; non Chiesa di un continente, ma Chiesa universale”.

La dimensione mondiale della Chiesa Cattolica – valorizzata adeguatamente solo a partire dai Papi Pio XI e Pio XII e soprattutto con il Vaticano II – costituisce una straordinaria risorsa per far fronte all’attuale congiuntura: sfebbra le percezioni drammatiche proprie dell’una o dell’altra area geografia – la secolarizzazione dell’Occidente ma anche l’incendio islamico – e aiuta a cogliere elementi positivi nella sfida della globalizzazione. Essa – afferma il “messaggio” finale del Sinodo – va colta come “opportunità per una dilatazione della presenza del Vangelo” e anche le “migrazioni” possono essere lette in positivo, nonostante i tanti drammi che portano con sé, perché “sono occasioni, come è accaduto nel passato, di diffusione della fede e di comunione tra le varietà delle sue forme”.

Luigi Accattoli

www.luigiaccattoli.it

 

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