Vincenzo Federico: “Portare una croce in segno di benedizione piena”

Vincenzo Federico detto Vincio, ragazzone romano vitale e generoso, muore di tumore al cervello il 16 gennaio 2012 a 39 anni: sposato con Marina, padre del piccolo Giuseppe (un anno e mezzo al momento della morte del papà), webmaster del Pdl. La frase con cui salutava tutti: “In alto i cuori”. Ha lasciato un vivo ricordo di speranza nella risurrezione in chi l’ha accompagnato nei sedici mesi della malattia.

Il 18 settembre 2010, ancora in ospedale dopo la prima operazione, manda questo sms a un amico, Gabriele Vecchione, entrato in seminario il giorno stesso del suo intervento d’urgenza: “Gabri batti il sentiero che hai iniziato, che io ti porto in dono il tesoretto di offerta a Cristo che sto collezionando. Ti abbraccio fraternamente.

Dall’operazione riporta una vistosissima cicatrice in testa che egli mostra fieramente e che nel “Gruppo degli esercizi spirituali ignaziani nella vita ordinaria” segnala come “il vessillo dell’amore riversato su di me. Il 21 settembre 2010 mette su Facebook una propria immagine con questa didascalia: “La foto è opportunamente scura per non impressionare, ma la bandiera che sfoggio in testa parla di potenza della preghiera e dell’amore, quindi la porto con orgoglio visibile.

Il 14 novembre 2010 aveva scritto nel diario le parole forse più intense riguardo alla sua accettazione della prova: “Portare una croce con Dio vicino è un male? No, credo anzi al contrario. La pace e la tranquillità che provo è tale che non ho la sensazione di peso, ma semmai di benedizione piena.

La maturità della sua vocazione cristiana appare con chiarezza da questa preghiera non datata, scritta in vista della nascita del figlio: “Domani (e sembra già ieri) sarò genitore. Non so ancora se di un bambino o di una bambina. So solo che in questo compito non mi lascerai solo, anche quando ti vomiterò addosso paure e isterie, quando la stanchezza prenderà la testa e le mani non vorranno operare, so che in quei momenti non mi lascerai e che in quel salvifico abbraccio, mera estensione di quanto hai fatto per me da sempre, troverò conforto e coraggio. Per andare all’assalto ancora una volta. Per trovare, ancora una volta, in fondo alla via, il tuo volto sorridente e calmo. Aiutami a contare i miei giorni e a glorificarti. Perché non uno passi senza che io ti abbia ringraziato per i mille doni che mi hai dato… dato (…). Sostienimi sempre, come hai fatto dal mio primo respiro, come farai fino al mio ultimo rantolo.

La riflessione sulla vita eterna è frequente nelle sue scritture diaristiche. Ecco un brano preso dal suo blog in data 5 maggio 2005: “Io credo fermamente che il dopo ci sia. Ci credo in quanto cattolico, ma ci credo per intima convinzione che non può esaurirsi tutto in questi anni che passiamo su questa terra, troppo pochi, sporchi e dannati per poter soddisfare la sete che l’uomo ha dentro di se di infinito. Per questo ogni morte che mi passa vicino mi lascia triste, si, come negarlo, ma al contempo è come se stessi salutando un amico caro che va lontano, lì ove non ci sono mezzi fisici per comunicare, ma solo quel senso di comunanza che solo con chi è in sintonia si ha, ossia quel comunicare senza parlare, quella certezza che non si è soli, che il cammino che ci aspetta è già stato calcato da altri e che questi ci stanno preparando il viaggio nostro. Insomma non è un addio definitivo, ma un arrivederci, non so quando, non so dove, ma un giorno ci si rincontrerà”.

Sempre nel blog, il 4 aprile 2005 in riferimento alla morte di Papa Wojtyla aveva annotato queste parole: “Il cristiano quando muore nasce. E solo allora porta frutto”.

Credente da sempre, la partecipazione di Vincenzo alla vita della parrocchia San Pio X alla Balduina si intensifica a seguito di un pellegrinaggio in Terra Santa nell’agosto 2009. Il parroco don Paolo Tammi così ha rievocato quella partecipazione e l’ultimo incontro con Vincio nell’omelia della messa di addio: “Ci ha edificati tutti. Ci ha costruito un edificio di allegria, di ottimismo, quando era fidanzato, quando faceva gli austeri esercizi ignazani il giovedì sera, seguendo le letture col suo Ipad, quando pellegrinava con noi in Terra Santa, quando si presentava in tuta mimetica per andare a caccia, quando ha cotto a casa mia le bistecche sul barbecue, quando ha portato al fonte battesimale Giuseppe (…). Caro Vincio, permettimi di dirti che mai dimenticherò gli ultimi momenti con te. Quando ti faceva ormai fatica ridere, quando ancora mi chiamavi “paolodon”, come per anni mi hai chiamato, e soprattuto quando – abbracciati in tre tu io e Marina – lei ed io abbiamo cantato e pregato su di te, appoggiati alla tua fronte e tu hai aperto gli occhi e ci hai stretto le mani e questo ci è bastato, anche se non sei riuscito a dire una parola. Attaccato a questa vita che Dio t’ha dato, avresti voluto non lasciarla e ci hai detto il tuo ultimo grazie”. – Devo la conoscenza di Vincenzo Federico a Gabriele Vecchione, destinatario di un sms citato all’inizio di questo profilo.

[Novembre 2012]

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