Seconda e terza di copertina

Un giornalista del Corriere della Sera racconta la straordinaria avventura di Francesco Canova (1908-1998) precursore del volontariato internazionale, medico in Palestina dal 1935 al 1947 e poi reclutatore di volontari ospedalieri da inviare nei paesi emergenti e soprattutto in Africa.

L’opera da lui creata nel 1950, che oggi si chiama Medici con l’Africa Cuamm, ha inviato sul campo 1400 volontari, venendo a porsi come la struttura privata di cooperazione internazionale più longeva e operosa del nostro Paese. Sull’avventura di Medici con l’Africa Cuamm è stato presentato al 60° Festival di Venezia il film-documentario di Carlo Mazzacurati Medici con l’Africa.

Giunto alla maturità, Canova poté dire che tutti i sogni della sua gioventù erano “andati a segno” e non erano sogni da poco: quando un uomo può fare una tale affermazione, è bene che i suoi simili si fermino a considerarne i giorni e le opere.

 

Luigi Accattoli è giornalista, scrittore e conferenziere. Nato a Recanati (Macerata) nel 1943, vive a Roma. Ha lavorato alla “Repubblica” dal 1976 al 1981 e al “Corriere della Sera” dal 1981 al 2008. Collabora con il “Corriere della Sera”, con il quotidiano “Liberal” e con la rivista “Il Regno”.

E’ autore del volume Giovanni Paolo. La prima biografia completa, San Paolo 2006 (una prima edizione di questo lavoro, Karol Wojtyla. L’uomo di fine millennio, San Paolo 1998, era stata tradotta in nove lingue). Altre pubblicazioni: Quando il Papa chiede perdono. Tutti i mea culpa di Giovanni Paolo II, Leonardo 1997 (tradotto in otto lingue e ripubblicato nel 1999 negli Oscar Mondadori);  Solo dinanzi all’unico. A colloquio con il priore della Certosa di Serra San Bruno, Rubbettino 2011; Cerco fatti di Vangelo 3, Edb 2012.

I mass media, la famiglia, la vita cristiana nella città secolare sono gli argomenti della sua attività di conferenziere. E’ coordinatore del blog d’autore www.luigiaccattoli.it.

 

Terza di copertina

Ho sempre sentito di dover fare il medico. La mia non è stata una scelta, ma una spinta viscerale (…). Fare il medico significa aiutare il prossimo, e allora, come adesso, le popolazioni che soffrivano di più erano quelle prive di ogni tipo di organizzazione medica. Il mio posto sarebbe stato lì, in quelle terre lontane, tra quella gente (…). Sono andato in Giordania, un paese musulmano, ma con gruppi di cristiani, cattolici latini, greco ortodossi, armeni: un paese di difficile convivenza, dove la gente si odiava per le diverse fedi religiose. Lavoravo da solo in un ospedale missionario di nuova costruzione, ero medico e chirurgo a un tempo, e quello che mi incoraggiava e mi rinvigoriva lo spirito era il vedere come proprio quell’ospedale accogliesse persone di stirpe, razza e idee diverse. Rappresentava un momento, oserei dire anzi un vero strumento di unione”.

(Francesco Canova)

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