Fatti di Vangelo nel mondo di oggi

Credo vi sia una particolare attualità del Vangelo nell’Italia di oggi – un’attualità riscontrabile nella cronaca d’ogni giorno e nelle storie di vita, nei fatti di Vangelo.
Per fatti di Vangelo intendo le testimonianze cristiane più radicali e disinteressate, direttamente ispirate alle beatitudini e all’esempio di Gesù: la fede pagata con la vita, ogni forma di misericordia, la povertà scelta o accolta, la sofferenza redenta dalla grazia, l’amore senza motivo e quello per i nemici, l’accettazione della morte nella speranza della risurrezione.
E’ attraverso tali fatti che i cristiani d’Italia hanno saputo dare in questi anni risposte creative a incredibili esplosioni di violenza, alle solitudini metropolitane, alla crisi sociale della famiglia, all’arrivo tra noi di altre genti, alla droga e all’Aids, a ogni nuova paura della morte.
L’esperienza di giornalista – lo sono da oltre trent’anni – mi ha permesso di cogliere, attraverso i terminali della professione, così tanti segni cristiani tra la nostra gente che mi sono proposto di condurre alcune inchieste sboccate in tre volumi: “Cerco fatti di Vangelo” (Sei 1995), “Cento preghiere italiane di fine millennio” (La Locusta 1996), “Nuovi martiri. 393 storie cristiane nell’Italia di oggi” (San Paolo 2000).
Nell’insieme ho preso in esame circa 800 casi. Eccone una rassegna per categorie:

  • cristiani che negli ultimi decenni sono morti a centinaia nella missione alle genti, per salvare gli ebrei dalla persecuzione nazista, per la giustizia e la dignità dell’uomo;
  • persone che dichiarano di perdonare gli uccisori dei parenti;
  • uomini e donne che si “addormentano nella speranza della resurrezione”, che cioè accettano la malattia, la vecchiaia e la morte fidando nella promessa del Signore;
  • tra questi i malati di aids che compiono un cammino di conversione e muoiono santamente (vi sono casi in ogni nostra città);
  • portatori di menomazioni che resistono ad esse e le vincono e si mettono al servizio dei fratelli meno fortunati e lo fanno nel nome del Signore;
  • innumerevoli cristiani che si dedicano – nella quotidianità – al servizio del prossimo, a missioni di pace, al soccorso dei poveri in ogni parte del mondo;
  • coppie che adottano bimbi menomati per amarli due volte; o realizzano “case aperte” e “case famiglia” per dare un focolare a chi non ce l’ha;
  • sposi e genitori e cristiani comuni – sempre più numerosi – che partono per attività missionarie, a volte portando con loro i figli.

La cultura secolare oggi nega spazio all’accoglienza della vita, ospedalizza forzosamente il malato e il morente, chiude i disabili e gli anziani negli istituti, isola i drogati e i malati di Aids, teme il forestiero e l’immigrato, tende a fare di ogni deviante un carcerato e di ogni carcerato un nemico, esalta la ricerca della ricchezza e del potere, idolatra la soddisfazione sessuale.
Ed ecco i veri cristiani che – in nome del Vangelo – contravvengono in tutto a questo sistema e alla sua etica dello stordimento. Porre fatti di Vangelo è la prima e fondamentale via dell’evangelizzazione.
L’amore dei nemici, ad esempio, difficilmente sarà inteso dal mondo d’oggi se proposto in parole. Sarà invece inteso – e addirittura farà scuola – se verrà proposto con un gesto, o una parola di perdono per gli uccisori dei parenti. Quel gesto e quella parola saranno il segno che renderà comprensibile il comando di Gesù.
Le famiglie cristiane del dirigente industriale Giuseppe Taliercio, del presidente del Consiglio superiore della magistratura Vittorio Bachelet, del giornalista Walter Tobagi, del magistrato Paolo Borsellino – e di tanti altri – che affermano di perdonare gli uccisori dei loro parenti rendono comprensibile il miracolo del perdono.
Ultimamente su questa frontiera abbiamo conosciuto Carlo Castagna: il “papà Castagna” di Erba, marito padre e nonno di tre delle quattro vittime di quella strage, che afferma l’intenzione di perdonare appena apprende il fatto e la conferma quando vengono arrestati i colpevoli.
Tornando ai Taliercio e ai Borsellino: non è attraverso il sangue di quei martiri dalla vita ordinaria e attraverso le parole dei loro familiari, che la testimonianza viva della fede ha incrociato l’epoca?
Le testimonianze di perdono non hanno soltanto rimesso in onore questa parola evangelica nell’Italia di oggi, ma hanno anche dato un contributo alla salvezza del paese dalla barbarie. Fede dunque inventiva, che nella storia parla – e sulla storia incide – utilizzando la lingua comune dell’epoca. E questo può avvenire solo in forza del sentimento cristiano profondamente radicato che caratterizza la nostra gente.
Anche i “martiri della missione” possono essere visti come frutti di quel sentimento cristiano: per l’intero secolo XX ne ho rintracciati 146! In verità ve ne sono di più, circa duecento secondo la mia stima, ma non è stata mai condotta un’indagine sistematica. Impressionante è il numero di questi santi ordinari, che sono morti di morte violenta nei paesi di missione.
Gli ultimi per i quali abbiamo esultato e pianto sono Annalena Tonelli, don Andrea Santoro, suor Leonella Sgorbati: tre vittime del dialogo con l’Islam, tre nostri missionari uccisi rispettivamente in Somalia nell’ottobre del 2003, in Turchia nel febbraio del 2006 e in Somalia nel settembre del 2006.
Tra i malati di Aids che vivono storie di conversione, citerò il modenese Paolo Caccone, che muore “monaco di Monteveglio” ed Enrico Baragli, milanese, non battezzato, che in ospedale legge il Vangelo e chiede il battesimo. Sono due vicende degli anni novanta del secolo scorso e sanno di santità ordinaria, perché Caccone è attirato alla fede dall’esempio di un monaco incontrato in ospedale e Baragli dalla dedizione di una suora ospedaliera, che si prende cura di lui.
L’adozione o l’affido di bimbi focomelici (senza braccia e gambe), cerebrolesi, sieropositivi sono fatti frequenti nelle nostre comunità. E sono di certo gesti di santità. “Avvenire”, “Famiglia cristiana”, il settimanale “Vita” e altri periodici pubblicano rubriche che segnalano i bimbi che attendono d’essere accolti e danno insieme notizia di quelli che hanno trovato una famiglia.
L’accettazione del figlio menomato, o la scelta del bambino menomato per l’adozione è un dono del cielo, nuovo rispetto al passato, quando c’era molto minore disponibilità ad accogliere questi infelici. Ma è ovvio che tali gesti forti possono fiorire solo su un terreno fecondo di santità ordinaria. Non dobbiamo spaventarci a udire questa parola: un popolo dove i fatti di Vangelo sono così numerosi è un popolo che esprime dei santi.
Abbiamo fatto qualche nome famoso, ma l’attenzione dovrebbe andare soprattutto ai santi che restano sconosciuti anche a se stessi. Dovremmo imparare a individuarli, a scoprirli e a segnalarli. A narrarli nel linguaggio fattuale dell’epoca.

Luigi Accattoli

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