Spigolando nei campi di Moab

La rubrica DIMMI UNA PAROLA del sito “Vino Nuovo”

Fin dal primo giorno di Vino Nuovo abbiamo avuto il piacere di avere fra le nostre firme Luigi Accattoli con un contributo del tutto particolare al blog: ogni settimana, da mille fonti diverse, scova una parola fra le tante attraverso cui i cristiani “si aiutano a vicenda a cercare il Signore”. In questo testo – scritto appositamente per questo libro – lui stesso ci racconta come è nata ( e com’è anche cambiata) questa idea che porta avanti in parallelo alla ricerca dei “fatti di Vangelo” che pubblica sul suo sito www.luigiaccattoli.it

 

Con la rubrica “Dimmi una parola” dovevo andare avanti per tre mesi e invece mi sto avviando ai tre anni, doveva mirare ai testi del magistero e invece va spigolando per ogni terra dove si coltivi il grano: forse questi cambiamenti di programma dicono qualcosa dell’immagine di “Vino Nuovo” che siamo venuti tratteggiando tutti insieme nei mesi e negli anni del debutto.

Nel novembre 2009 Giorgio Bernardelli mi invia il primo progetto di “Vino Nuovo” con la dicitura “Idea sito” e io mi dico disponibile a dare una mano per la rubrica “Una frase del magistero”, che dovrebbe cogliere spunti “dal magistero pronunciato in settimana dal Papa o dai vescovi italiani”. Suggerisco che venga intitolata “Dimmi una parola”. Il suggerimento è accettato ed è inteso ad allargare l’attenzione dal magistero ecclesiale a ogni parola che insegni.

Mentre scrivo questa nota le “parole” che sono andando spigolando per ogni terra coltivata sono 104, una alla settimana, senza salti. Il Papa l’ho ripreso 11 volte e 11 sono anche i vescovi citati ognuno per una volta, 12 con l’anglicano Desmond Tutu. Dall’Italia sono andato in tutto il mondo e dagli uomini di Chiesa a ogni umanità docente.

In due occasioni ho riportato parole di clandestini salvati a Lampedusa, altra volta di un malato di Aids che è in carcere, di un sommozzatore che recuperava i morti della Costa Concordia, di musulmani e di ebrei, di atei. Figli che si curano di genitori malati e malati che comunicano con il computer, la battuta di un bambino che fa pensare, il racconto di un pellegrino di Terra Santa, uno tornato dal coma, un’anonima che lascia una preghiera in un libro dei visitatori, i messaggini dei braccati di Utoya, un’alunna che ringrazia la maestra della sua vita, la mamma di un autistico, un sindaco cieco, l’ultima telefonata di un amico morente…

L’idea del titolo “Dimmi una parola” mi è venuta dai detti degli antichi Padri. «Dimmi la tua regola di vita», dicevano l’un l’altro i Padri del deserto quando si incontravano, per aiutarsi a cercare il Signore. O dicevano anche: «Dimmi come vivi». O soltanto: «Dimmi una parola».

Chiedevano l’uno all’altro, ecco il punto. Non si rivolgevano soltanto all’Abba più sperimentato. Quella domanda io me la sono sentita porre tante volte nella vita e l’ho posta a mia volta a tanti. E’ una domanda che viene dal cuore, anche se normalmente non abbiamo il coraggio di metterla in parole, ogni volta che nella città secolare incontriamo un cristiano o una cristiana, o semplicemente una donna o un uomo che davvero ci appaiono tali. Una domanda da uomo a uomo che attende una risposta alla pari. Domande e risposte che – nel caso dei cristiani – si richiamano alla consegna di Gesù: «Uno solo è il vostro maestro e voi siete tutti fratelli» (Matteo 23,8).

Attenzione: se cerco una parola del simile verso il simile e non una parola dall’alto, non vuol dire che sottovaluto il magistero. Già la mia professione non mi permetterebbe di snobbarlo, se pure ne fossi tentato.

Credo che il magistero del Papa e dei vescovi meriti tutta l’attenzione e non condivido l’idea corrente che esso si vada indebolendo. Forse la prima idea di questa rubrica andrebbe ripresa in altra rubrica che miri ad esso. A me, se volete, lasciate il campo aperto in cui vado cercando le spighe cadute ai mietitori.

Se ricordo bene la prima puntata la dedicai a una parola del cardinale Martini sulla “castità per il Regno”. Fu una scelta oculata: Martini sì, per “Vino Nuovo” era d’obbligo, ma non il Martini delle riforme sibbene quello della sequela della Parola testimoniata con la vita. Poi altri cardinali e vescovi e il Papa in parole sapide e meno vulgate: so fare quel lavoro, ma non mi appassiona. Mi espone anzi alle dispute che aborro già quando le abbozzo con me stesso: perchè il Papa che predica la via penitenziale per il rinnovamento della Chiesa sì, ma quello del relativismo no?

Ho fatto questo lavoro per quarant’anni, con esso ho dato da mangiare e procurato un tetto ai figli e mi basta. Ora vorrei spigolare liberamente nei campi di Moab, per usare un’immagine della parabola così intensa del Libro di Rut. Moab non apparteneva a Israele ma aveva anch’esso una missione da Dio. Lo Spirito oggi come allora soffia dove vuole e io vorrei usare l’arte di cercare quel soffio nei terminali della professione e nella città mondiale. Senza alcuna esclusione previa e senza riserve di caccia.

Ho sperimentato mille volte il bisogno di una parola e ringrazio di avere sempre avuto, intorno, tanti che me l’hanno potuta dire. Poi magari non l’ho seguita, ma già l’averla è stato un aiuto.

Ho esperienza anche della domanda rivolta a me. Già i fratelli e le sorelle della famiglia d’origine (quando eravamo tutti, eravamo sette) venivano a farmi domande perché ero l’unico – benché quasi il minore – che aveva studiato e viaggiato. Poi gli amici e i figli. I figli piccoli che fanno domande grandi: “Papà com’è un morto, che vuol dire che quella signora si è innamorata?” I figli grandi che non fanno domande, ma aspettano che dica tu per primo, dopo una notizia che blocca la conversazione.

Io credo che vada crescendo lo spazio per una parola da uomo a uomo, detta in lingua corrente e cercando di farsi capire da tutti. Ve ne è grande dono nelle nostre giornate, io ritengo: dobbiamo solo avere orecchio per udirle, cogliendo il loro suono leggero.

Considero questa mia indagine come una interfaccia, o un complemento, della mia indagine di “Fatti di Vangelo”. Come i “fatti” li cerco sia negli uomini di Chiesa sia nella comune umanità, così anche le “parole” le vado a chiedere a ogni interlocutore. Non sarà sempre una proposta magisteriale, a volte sarà piuttosto una domanda, ma si tratterà comunque di una parola amica incontrata nei giorni.

Luigi Accattoli

www.luigiaccattoli.it

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