Premessa

 

Francesco dei poveri e della misericordia

Questo è uno studio sulla novità di papa Francesco: la discontinuità della figura papale che propone, rispetto non solo a Benedetto ma all’insieme degli ultimi quattro papi “conciliari”; e i contenuti a volte sorprendenti della sua predicazione. La riforma del governo della Chiesa, quella del linguaggio e quella degli atteggiamenti sono le promesse coinvolgenti di questo avvio di pontificato. Abbozzo una sua collocazione storica a mezzo secolo dal Concilio e da Medellin. Interrogo il lascito della Conferenza di Aparecida (2007) che è la carta di identità del papa argentino. Da romano di adozione, mi rallegro d’avere un papa che si presenta innanzitutto come vescovo di Roma. Il suo impegno per una Chiesa missionaria e povera, la sua disponibilità a prestare servizio in prima persona nell’ospedale da campo in cui vorrebbe trasformata la comunità cristiana ci dicono insieme la persona e il programma.

Egli vuole che il Vangelo della misericordia abbia il primo posto nella predicazione della Chiesa, che dovrebbe trovare un nuovo equilibrio tra primo annuncio e richiamo ai valori non negoziabili. Segnalo come novità più vive tra tutte il monito a non fare del Vangelo un’ideologia e a non proporre la fede con i toni e metodi di chi mira a condizionare le scelte di vita delle persone che non l’accolgono. M’interrogo in finale sulla fonte di quell’allegria manifesta e debordante di cui Francesco dà prova ogni volta che svolge il compito dell’annunciatore: azzardo l’idea che gli venga dall’affidarsi – secondo la pedagogia dell’indifferenza ignaziana – alla spensierata e imprevidente volontà divina.

Divido la materia in dodici capitoli che trattano le questioni che ho nominato qui sopra e in ventiquattro excursus su aspetti minori: dalla diffusa aspettativa di un papa che prendesse il nome di Francesco – facilmente documentabile – alla scelta di abbandonare l’appartamento papale e la villa di Castel Gandolfo, alle telefonate con cui entra in contatto con le persone più diverse, al modo di difendere la vita e la famiglia che è diverso da quello dei predecessori, alla “grammatica della semplicità” che viene proponendo, alla domanda sulla sorte che potrà avere la sua proposta dell’inedito a una Chiesa così bene ancorata a una tradizione due volte millenaria.

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