L’ospedale da campo delle Chiese ucraine

 

Pubblicato dal “Corsera” il 2 marzo a pagina 4 con il titolo “Le tre Chiese di Kiev”

Papa Francesco invita a vedere la Chiesa come un “ospedale da campo” dove si soccorrono i feriti della vita: la sua metafora ha oggi in Ucraina una verifica fattuale impressionante, con l’ospedale da campo che da tre mesi è in funzione nella Cattedrale di San Michele, a Kiev, dove medici e volontari assistono i feriti degli scontri di piazza. Si sono visti anche monaci e pope delle diverse denominazioni mettersi in mezzo tra polizia e dimostranti per impedire – finché è stato possibile – l’uso delle armi.

In questo soccorso alla popolazione – in sostanziale appoggio al movimento di piazza – si sono trovate unite tutte le Chiese più rappresentative: la Chiesa ortodossa ucraina-Patriarcato di Mosca (la più grande, con forse 15 milioni di battezzati);la Chiesa ortodossa ucraina-Patriarcato di Kiev (non riconosciuta dalle altre Chiese e osteggiata da Mosca); quella ortodossa ucraina autocefala (vicina a Costantinopoli) e i greco-cattolici in comunione col Papa, detti anche Uniati (quattro milioni).

Pur in grande conflitto tra loro, le Chiese in questa occasione sono riuscite a lavorare insieme per mantenere pacifica la protesta. Nella piazza degli scontri erano state allestite tende dove le diverse denominazioni celebravano a turno la messa su richiesta dei manifestanti. Con dichiarazioni comuni hanno più volte condannato le violenze e chiesto ai politici di “trovare una soluzione pacifica”.

Pare addirittura che lo sviluppo del conflitto di piazza e la vittoria della protesta stiano aiutando le diverse anime dell’Ortodossia a trovare una composizione delle vecchie divisioni. E’ del 24 febbraio la notizia di un cambio al vertice della Chiesa legata al Patriarcato di Mosca, con l’elezione – da parte del Santo Sinodo – del metropolita di Chernivtsi e Bukovyna, Onufry, alla Sede di Kiev, cioè a primate dell’intera Chiesa: una decisione d’emergenza, che ufficialmente è stante giustificata con la malattia ormai irrecuperabile del primate uscente Vladimir, ma che rispondeva soprattutto alla necessità di una guida forte in un frangente straordinario.

Cinque giorni addietro, improvvisamente, un comunicato di quella Chiesa informava che i membri del Santo Sinodo si erano recati all’ospedale di Kiev dove è ricoverato Vladimir e avevano deciso che non era più in grado di continuare a ricoprire il ruolo di primate. Subito da Mosca il neoeletto Onofrio ha ricevuto la benedizione del Patriarca di Mosca e di tutte le Russie, Kirill.

Lo stesso Kirill è più volte intervenuto nelle ultime settimana con appelli “per la cessazione della guerra civile”. Ed è sicuramento con la sua approvazione che Onofrio e il Sinodo che l’ha eletto hanno annunciato l’apertura di negoziati con le due Chiese minoritarie alla ricerca di una composizione. Il dramma politico spinge le Chiese a dialogare. In piazza hanno saputo collaborare, vedremo che sapranno fare per ricomporre fratture di lunga data, lacerate come sono tra una componente dominante filorussa e varie componenti – tra loro in conflitto – vetero-nazionaliste e filo-occidentali. Politicamente agli ortodossi filo-occidentali si possono accostare i cattolici di rito orientale (detti Uniati), i cattolici di rito latino e varie denominazioni protestanti.

Si calcola che in Ucraina, su 45 milioni di abitanti, gli ortodossi siano il quaranta per cento, i cattolici il dieci, i protestanti il tre. Quando i cattolici ricevettero nel giugno del 2001 la visita di Papa Wojtyla, all’incontro ecumenico e interreligioso che si tenne a Kiev non fu presente la più grande delle tre Chiese ortodosse, ma solo le due minoritarie. Anche allora la tensione interna aveva due poli di attrazione esterni che erano la Russia e l’Unione Europea. Il governo e le Chiese filo-occidentali facevano buona accoglienza al Papa sperando che l’Ucraina potesse trarre dalla sua visita un vantaggio di immagine per l’ingresso nell’Unione, gli altri definivano la visita “un atto ostile” temendo che favorisse l’allontanamento da Mosca.

La conflittualità interna agli ortodossi dell’Ucraina non è nuova e risale a prima del comunismo. «Tre Chiese sono troppe per Kiev: la Vecchia, la Vivente e l’Autocefala. La Vecchia odia la Vivente e l’Autocefala, la Vivente odia la Vecchia e l’Autocefala, l’Autocefala odia la Vecchia e la Vivente»: non è una satira grossolana dell’Ortodossia ucraina coinvolta nei tragici eventi di oggi, ma una descrizione divertita di quella degli anni venti del secolo scorso, posta da Michajl Bulgakov ad apertura del capitolo «Tre Chiese», nel reportage «La città di Kiev» (1923).

A parte l’odio (oggi il sentimento dominante è lo smarrimento), tre Chiese c’erano allora e tre ce ne sono oggi. L’Autocefala attuale è quella d’allora. Alla Vecchia, oggi corrisponde la «Canonica» che obbedisce al Patriarcato di Mosca. La Vivente non esiste più: era una Chiesa fantoccio creata dal regime comunista, che non ha avuto seguito popolare. Ma c’è una terza Chiesa, come abbiamo già detto, composta in maggioranza di emigrati in Occidente rientrati in patria dopo la caduta del regime comunista, che si è attribuita di propria iniziativa il titolo patriarcale nel 1992.

Luigi Accattoli

www.luigiaccattoli.it

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