“Camminiamo verso l’unità”: dichiarazione di Bartolomeo e Francesco a Gerusalemme

 

Pubblicato dal Corriere della Sera del 26 maggio 2014 a pagina 23

“Oggi ribadiamo il nostro impegno a continuare a camminare insieme verso l’unità”, che sarà “quella della comunione nella legittima diversità”: è l’affermazione centrale della “Dichiarazione congiunta” firmata ieri pomeriggio a Gerusalemme da “Papa Francesco” e da “Bartolomeo Patriarca Ecumenico” (così si presentano nel testo). La dichiarazione elenca i “passi” compiuti in mezzo secolo, a partire dall’incontro a Gerusalemme di Paolo VI e Atenagora il 5 gennaio 1964, delinea un vasto programma di collaborazione pratica e annuncia l’impegno a un’azione coordinata per far ripartire il “dialogo teologico” avviato nel 1979 e che è sostanzialmente fermo dal 2007. Quest’ultimo punto è forse il più importante toccato dalla dichiarazione.

I passi compiuti in mezzo secolo vengono presentati come il frutto del cammino avviato “dall’abbraccio scambiato tra Papa Paolo VI ed il Patriarca Atenagora qui a Gerusalemme dopo molti secoli di silenzio”. Vengono elencati: “la rimozione” delle “sentenze di reciproca scomunica del 1054” (1965); “scambi di visite nelle rispettive sedi di Roma e di Costantinopoli e frequenti contatti epistolari”; “la decisone di Papa Giovanni Paolo II e del Patriarca Dimitrios di avviare un dialogo teologico della verità tra Cattolici e Ortodossi” (1979).

Quella decisione portò alla formazione di una “Commissione mista internazionale per il dialogo teologico cattolico-ortodosso” che ha prodotto documenti di reinterpretazione comune delle controversie in materia di Eucarestia (1982), Fede sacramenti e unità (1987), Sacramento dell’Ordine (1988), Uniatismo (1993), Conciliarità e autorità (2007). Sono avvicinamenti importanti, il più rilevante dei quali è consegnato all’ultimo di quei testi, che affronta la questione del “primato” di Roma, riconoscendo al Papa un ruolo di primo tra i “patriarchi”, secondo il linguaggio del primo millennio cristiano: una “presidenza nella carità” sulle cui implicazioni però non c’è accordo, tant’è che il Patriarcato di Mosca fino a oggi ha negato il suo assenso al testo del 2007.

Alla questione spinosissima del “primato” di Roma ha accennato Francesco nel discorso della “celebrazione ecumenica” di ieri al Santo Sepolcro: “Ogni volta che pensiamo il futuro della Chiesa a partire dalla sua vocazione all’unità, brilla la luce del mattino di Pasqua! A tale riguardo, desidero rinnovare l’auspicio già espresso dai miei Predecessori, di mantenere un dialogo con tutti i fratelli in Cristo per trovare una forma di esercizio del ministero proprio del Vescovo di Roma che, in conformità con la sua missione, si apra ad una situazione nuova e possa essere, nel contesto attuale, un servizio di amore e di comunione riconosciuto da tutti (cfr Giovanni Paolo II, Enc. Ut unum sint, 95-96)”.

L’impegno a riprendere il dialogo teologico è così espresso nella dichiarazione congiunta: “Affermiamo insieme che la nostra fedeltà al Signore esige l’incontro fraterno e il vero dialogo”. Gli altri impegni riguardano la difesa della “dignità della persona umana” e della famiglia, la promozione della giustizia, della pace e della “custodia del creato”. Più forte che in precedenti occasioni è la richiesta di una “cooperazione efficace e impegnata tra i cristiani” per la difesa della libertà religiosa e delle Chiese perseguitate.

Cinquant’anni fa la “dichiarazione congiunta” di Paolo VI e Atenagora fu breve e – si direbbe – timida, nell’incertezza di come il loro abbraccio sarebbe stato accolto dalle due Chiese. Quella di ieri non ha novità clamorose ma è fattivamente proiettata in avanti. Vi si avverte l’ottimismo del Patriarca Bartolomeo che è riuscito infine nell’impresa di convincere l’insieme dell’Ortodossia a indire il Grande Concilio che dovrebbe riunirle nel 2016. Ma vi si legge anche, tra le righe, la fiducia con cui Francesco guarda all’unione dei cristiani come a elemento chiave della sua “Chiesa in uscita”.

Luigi Accattoli

www.luigiaccattoli.it

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