“Invocazione per la pace” dai Giardini Vaticani

Pubblicato dal “Corriere della Sera” dell’8 giugno 2014

 

La “Invocazione per la pace” che si tiene stasera nei Giardini Vaticani è un fatto senza precedenti: somiglia alle “Giornate interreligiose di Assisi” (1986, 1993, 2002, 2011) ma è diversa per il luogo, il fine, i protagonisti e soprattutto per la partecipazione attiva dei presidenti di Israele e della Palestina. Con questa iniziativa Francesco si pone a erede creativo dello “spirito di Assisi” e fa compiere un passo avanti all’impresa di coinvolgere le fedi nella costruzione della pace che fu avviata da Papa Wojtyla e che Papa Ratzinger aveva già fatto sua.

Vi saranno tre “preghiere per la pace in Terra Santa” proposte dal Papa, da Shimon Peres e da Mahmoud Abbas che conosceremo quando verranno pronunciate, cioè verso le 19,30; ma già conosciamo i testi base dell’invocazione delle tre “delegazioni” religiose – composte di ebrei, cristiani e musulmani – pubblicati ieri dalla Sala Stampa Vaticana. Tra essi fa spicco l’audacia del testo cristiano: vi è una marcata richiesta di perdono per le guerre promosse dai cristiani e vi è affermato un forte impegno per la costruzione della pace.

“Siamo convenuti in questo luogo, Israeliani e Palestinesi, Ebrei, Cristiani e Musulmani, per offrire la nostra preghiera di pace per la Terra Santa e per tutti i suoi abitanti”: questa sarà la “monizione” iniziale, cioè l’annuncio dato da un conduttore del rito. Saranno presenti una sessantina di persone, in una zona dei Giardini che si trova tra la Casina di Pio IV e l’ala lunga dei Musei. In un ruolo di co-protagonista accanto a Francesco, Peres e Abbas ci sarà il Patriarca di Costantinopoli Bartolomeo.

L’incontro Papa Bergoglio lo voleva fare nei giorni della visita alla Terra Santa (24-26 maggio) dov’era andato a ricordare, con Bartolomeo, l’abbraccio che laggiù si erano scambiati Paolo VI e Atenagora nel 1964, cioè mezzo secolo fa. Ma non è stato possibile trovare un accordo sul luogo e allora il Papa ha invitato i due presidenti a venire a Roma per questa preghiera a tre: “Offro la mia casa in Vaticano per ospitare questo incontro”, aveva detto prima a Betlemme e poi a Tel Aviv.

“Non è un incontro interreligioso”, è stato spiegato dagli organizzatori, tra i quali ha avuto un ruolo guida il francescano Pierbattista Pizzaballa, Custode di Terra Santa: “E’ un incontro di preghiera dei due popoli, israeliano e palestinese, all’interno dei quali sono presenti ebrei, cristiani e musulmani”. I due popoli sono impersonati dai due presidenti, che sono credenti, uno ebreo e l’altro musulmano, mentre la componente cristiana è impersonata dal Papa e da Bartolomeo (i cristiani di Terra Santa, infatti, sono sia “latini” sia “orientali”).

I presidenti arrivano per l’incontro e ripartono subito dopo. Saranno ricevuti dal Papa al Santa Marta, dov’è la sua residenza abituale, ovvero la sua “casa”, a partire dalle 18,15. Per l’atto di preghiera sono stati scelti i Giardini come il luogo, in Vaticano, più sgombro di simboli religiosi.

Le tre delegazioni pregheranno nell’ordine in cui le fedi abramiche (cioè di quanti si richiamano alla figura del Patriarca Abramo) sono apparse nella storia: prima gli ebrei, poi i cristiani, infine i musulmani. Ognuna delle preghiere avrà un momento di lode a Dio, una richiesta di perdono, una domanda di pace. Nella richiesta di perdono il testo cristiano è il più impegnativo dei tre: utilizza passaggi della “confessione di peccato” per le colpe storiche dei credenti in Cristo compiuta da Giovanni Paolo II in San Pietro il 12 marzo 2000 e vi aggiunge un accenno alle specifiche responsabilità dei cristiani nelle vicende storiche della Terra Santa: “Abbiamo intrapreso guerre, compiuto violenza, insegnato il disprezzo per i nostri fratelli e sorelle”.

Gli ebrei e i musulmani fanno richieste di perdono molto più generali, senza indicazione di fatti concreti. Del resto questa maggiore disponibilità dei cristiani a riconoscere i propri torti è già nota e forse durerà ancora nel tempo, almeno fino a che il conflitto israelo-palestinese impedirà a ebrei e musulmani di abbassare la guardia. Ma è già un buon segno che l’incontro di stasera, al quale Francesco teneva appassionatamente, si sia potuto fare. Esso – ha detto il padre Pizzaballa ai giornalisti – “non è un atto politico: è un gesto forte, posto da uomini credenti, rivolto a Dio ma finalizzato anche a riportare nella discussione politica e diplomatica quel respiro ampio, di visione dall’alto e verso l’altro, che spesso manca”.

Luigi Accattoli

www.luigiaccattoli.it

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