Come guardare a chi assiste e non partecipa

Tipologia dei messalizzanti astemi – 2

Varietà delle persone che vanno in chiesa ma non fanno la comunione e – forse – non pregano e perché ci vanno e come guardarle: ne ho parlato l’ultima volta raccontando di uomini che vanno nella chiesa che fu della moglie e altri e altre che non si sentono degni, non si confessano o non possono avere l’assoluzione, sono disorientati da quello che dicono i preti, preferiscono stare soli con sè e con Dio pur in mezzo alla folla. Riprendo qui la descrizione, dando conto dai suggerimenti che mi sono arrivati dai lettori del Regno e dai visitatori del mio blog.
Ed eccoci alle autorità che vanno in chiesa per ragioni d’ufficio, alle badanti e a ogni accompagnatore, ai genitori che ci vanno per i figli e ai figli che lo fanno per i genitori, chi riprende dopo tanto a frequentare e non osa arrivare all’altare, i mafiosi dei comitati per le feste patronali. Forse nessuno si trova per caso a messa. Forse tocca ai partecipanti contagiare chi si limita ad assistere.

Il postino comunista
che “si è confessato da Gesù”
Antonino D’Anna, giornalista di Affari italiani.it, ricorda il postino comunista del suo paese in Calabria che è morto una quindicina di anni fa dopo una vita da non praticante accanto a una moglie devota: Muore in silenzio, con la famiglia attorno, ma non vuole il prete. Al parroco la figlia dirà: “Si è confessato con Gesù”. Il prete replicherà: “Doveva confessarsi con me”. E un dirigente PCI (oggi PD) di Sant’Onofrio, in provincia di Vibo Valentia: prima ragazzo del partito, poi dirigente, poi sindaco.  Sempre in chiesa nei riti più solenni a rappresentare il paese ma senza mai rispondere alle preghiere. Sempre dietro al Cristo risorto, insieme ai confrati, per l’Affruntàta nelle belle giornate di sole pasquale, mentre all’Addolorata cade il velo nero e la gente applaude segnandosi.
Anche in luoghi lontani dall’Italia le cose non appaiono tanto diverse. La collega Patrizia Caiffa del Sir mi racconta un rosario guidato dal cardinale Bertone al Santuario della Virgen de la Caridad del Cobre a Cuba durante la recente visita (21-26 febbraio): “Le autorità in bianco si sventolano, guardano in alto o ammiccano all’orologio, sbadigliano. Conosceranno quelle preghiere? O non vogliono pronunciarle per mantenere il ruolo?”
Chiara Guglielmetti che insegna all’Università di Milano trova buona la mia definizione dei “messalizzanti a partecipazione asciutta” e così l’arricchisce: Leggendola ho subito pensato ad alcuni amministratori comunali – la mia è una realtà di piccolo paese – di cui conosciamo limiti e virtù e che arrivano a messa iniziata, per andarsene un attimo prima della benedizione. Altri, al contrario, utilizzano la messa come momento di socializzazione con i cittadini. Anche per loro rito “asciutto”. Per entrambi la messa è momento esibitivo di una certa collocazione ideologica/politica (non importa se destra, sinistra, o altro). Malignamente posso pensare che il loro essere “asciutti” sia nel profondo ecumenico: non scontenta chi non approva la frequentazione e non dispiace ai devoti che li vedono a messa. In queste esibizioni scorgo il politico mentre l’uomo, celato dietro questa maschera, forse prega.

Accompagna la moglie
e “si pone in ascolto”
Emma Cavallaro dice ancora qualcosa sui politici, ma prima getta l’occhio in molte direzioni: “Penso ai separati e divorziati e ai genitori che non possono comunicarsi alla prima comunione dei figli o in altri momenti forti della famiglia. Le badanti che accompagnano anziani e altri accompagnamenti dovuti all’amicizia o all’affetto. Per le personalità pubbliche credo che tutto dipenda dalla percezione che le persone hanno del fatto. Quando uno si espone pubblicamente deve sapere che si espone anche a giudizi che possono essere i più diversi, soprattutto in certi periodi”.
Don Alberto di Chiavari racconta d’aver celebrato un matrimonio di due giovani: Lei cresciuta in ambiente cattolico e lui che non trova “ragionevolezza” nel credere in Dio. Insieme hanno scelto di sposarsi in chiesa: lui mi ha detto che l’ha fatto perché per lei era “prezioso” celebrare il sacramento. Non si è inginocchiato, non ha risposto alla messa. Ma insieme avevano scelto i testi delle letture. Ora capita che accompagni la moglie a messa e si ponga in ascolto, come dice.
Don Angelo di Ostuni mi segnala “professionisti onesti che riprendono dopo parecchio tempo a frequentare, quanti partecipano ai matrimoni o ai funerali, quanti si fanno scudo di una reale o presunta indegnità”.
Elio Guerriero, primaria autorità culturale delle Edizioni San Paolo: Forse puoi aggiungere quelli che vanno in Chiesa solo per accompagnare i bambini che si preparano a ricevere i sacramenti. Nei loro movimenti sono buffi e impacciati. Però, come tu dici, forse ci precederanno.

La parata dei mafiosi
alle feste patronali
Il vescovo di Piazza Armerina, Michele Pennisi, richiama un testo di Karl Rahner apparso nel n. 3/1967 dell’edizione italiana di Concilium (“Descrizione dei tipi fondamentali di rapporto dell’uomo con Dio”, pp. 32-34) che distingue quattro categorie di persone: “1. cristiani a livello trascendentale e categoriale = veramente credenti e praticanti; 2. cristiani a livello categoriale e atei a livello trascendentale = forse potrebbero essere i cosiddetti ‘atei devoti’ fra i quali si potrebbero includere alcuni mafiosi che fanno parte dei comitati per le feste patronali o che ostentano di possedere e leggere la Bibbia (forse solo alcuni brani dell’AT); 3. atei a livello trascendentale e categoriale = atei convinti e militanti; 4. atei a livello categoriale e cristiani a livello trascendentale = i cosiddetti ‘cristiani anonimi’. Forse Ferrara potrebbe appartenere a quest’ultima categoria. Per i personaggi evangelici bisognerebbe riflettere sulle figure di Zaccheo, di Natanaele e del ‘buon samaritano’. Per quanto riguarda i cristiani che assistono ma non partecipano in Sicilia è comune il fatto che sindaci o politici non credenti siano presenti alle messe patronali o dei funerali di stato”.
Paolo Bustaffa, direttore del Sir, mi ha offerto la riflessione forse più stimolante: A volte seduto in fondo a una chiesa guardo le persone e mi chiedo com’é la loro vita, quali sono le loro sofferenze e le loro speranze, perché mai sono in un luogo in cui si é portati sempre e solo dalla libertà e mai dalla costrizione. Noi vorremmo vedere gesti chiari e sicuri mentre Dio é felice per quel passo incerto che alcuni compiono nel varcare la soglia di una chiesa. E quando sono entrati liberi nella sua casa il Padre li affida agli altri suoi figli, cioè alla comunità, perché con una parola, un gesto, un sorriso facciano nascere in loro il desiderio di capire e di condividere la bellezza di un incontro. Perché nascano anche delle domande, come quelle affiorate nella coscienza di quanti si sono convertiti non tanto per parole ascoltate quanto per volti incontrati dentro una chiesa illuminata dalla preghiera. Non voglio sottovalutare il problema. Tento di cambiare la prospettiva e cioè vorrei affrontarlo chiedendo agli “spiritualmente presenti” di prendere più a cuore coloro che sembrano essere alla messa per caso o quasi.

Chi non decifra i segnali
che riceve dai preti
Don Sergio Baravalle, rettore del seminario maggiore di Torino: “Ciò che mi sorprende è la reazione asciutta di coloro che hanno adottato una strategia difensiva: troppo diversi i segnali che ricevono dai tanti preti! Dietro questa difesa, sta talvolta la paura dell’ignoto, e un po’ di pigrizia; sta anche l’incapacità di vedere il buono e il bello che c’è anche nel nostro tempo. Devo però riconoscere che non è facile rintracciarne i segni e si sta ai margini! Come quel tale del Vangelo, che confessava la sua solitudine: io non ho nessuno che mi immerga nella piscina”. Cercansi volontari per il servizio alle piscine, come a Lourdes.
Un amico che vive nella provincia di Modena mi manda questo racconto forte su una presenza occasionale: Negli ultimi mesi in cui mia madre, già compromessa dall’Alzheimer, riusciva ad andare a messa, una domenica ogni due (per l’altra c’ero io) l’accompagnava un mio fratello che forse non metteva piedi in chiesa dalla cresima. L’accompagnava anche a prendere la comunione. Un giorno, ritornati al posto, mia madre non ce l’ha fatta a deglutire l’ostia e l’ha sputata su una mano. Non si era disfatta ma solo rattrappita. Mio fratello se l’è messa in bocca perché, mi ha spiegato, anche se non capiva più niente, quello, per la mamma, era Gesù. Mio fratello in quel periodo comprava in edicola la Bibbia del Corriere e quando ci vedevamo aveva tante domande da farmi.

Ecco un giovane down
che forse parla con il Signore
Mi hanno raccontato – e questo racconto lo metto per ultimo come il più denso – di un giovane down di nome Giovanni che va a messa tutte le mattine e si siede nelle prime file. Durante l’omelia esce per fare un giro in oratorio ma poi rientra per la comunione. Dopo la comunione si siede piegandosi verso lo schienale della panca davanti, la testa fra le braccia. Come per ciascuno di noi nessuno saprebbe dire se parla col Signore, se ha coscienza di chi abbia appena ricevuto. Di domenica va a messa con la mamma. Entrano in chiesa insieme ma poi lui si siede lontano da lei. Ogni domenica sceglie una panca diversa. Giovanni ha un rapporto particolare con i funerali. Se non è al lavoro, non ne perde uno. Una volta la mamma l’ha visto uscire da un funerale tenendo sotto braccio l’anziana vedova del cui marito si erano appena celebrate le esequie. Un anno e mezzo fa era al funerale della nonna, la mamma della mamma. Fuori da messa, salutava tutti e a tutti diceva: coraggio! Io che lo racconto penso di non avere la fede che ha lui.

Luigi Accattoli
Da Il Regno 8/2008

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