Francesco per una data della Pasqua comune a tutti i cristiani

 

Pubblicato dal “Corriere della Sera” del 13 giugno 2015 alle pagine 1 e 25 con il titolo “La mano tesa del Papa alle Chiese d’Oriente e quella diatriba che dura da millenni”

C’è del sale e c’è del pepe nella battuta di Papa Francesco sulla data della Pasqua. Il sale attiene alla buona volontà di arrivare a un accordo su una materia che divide ancora il mondo cristiano per ragioni ormai incomprensibili alla cultura contemporanea. Il pepe sta nel tono tranciante dell’accenno: come a dire che non solo è tempo di accordarsi, ma è già tardi.

“La Chiesa cattolica – avrebbe detto ieri il Papa parlando a braccio a un ritiro di sacerdoti in San Giovanni in Laterano – è disposta fin dai tempi di Paolo VI a stabilire una data comune per la Pasqua, in modo che cattolici, ortodossi e protestanti possano festeggiare la risurrezione di Cristo nello stesso giorno”.

Nel 2016 dovrebbe riunirsi a Istanbul un Concilio Panortodosso, cioè di tutte le Chiese dell’Ortodossia. Il pressing di Francesco sulla data della Pasqua – è almeno la quarta volta che ne parla in pubblico da quando è Papa – mira a facilitare il compito al moderatore della convocazione panortodossa che è il Patriarca di Costantinopoli Bartolomeo: Francesco con la sua mano tesa permette a Bartolomeo (con il quale ha ripetutamente parlato della questione) di presentare alle Chiese Ortodosse una via relativamente spianata.

Ma sarebbe ingenuo immaginare che l’accordo possa arrivare in tempi rapidi: sulla data della Pasqua si battaglia tra cristiani occidentali e orientali dalla fine del secondo secolo e pur trattandosi di una questione minore, non bisogna dimenticare che spesso ai religiosi appare grande quello che alla ragione laica parrebbe piccolo.

Tre sono i problemi principali che finora hanno impedito un accordo: la diversa maniera del computo astronomico della data, il conflitto tra Chiese che seguono il calendario giuliano (risalente a Giulio Cesare) e quelle che hanno adottato il calendario Gregoriano (da Papa Gregorio XIII), la novità di stabilire una data fissa per una celebrazione che gli antichi consideravano mobile al fine di farla coincidere con il momento “lunare” nel quale Cristo riunì i dodici per l’Ultima Cena.

I cristiani hanno sempre inteso celebrare la Pasqua nel giorno della risurrezione di Cristo, che i Vangeli collocano a metà del mese ebraico di Nisan: al 14° giorno di questo mese cadeva la Pasqua ebraica, che dà il nome a quella cristiana. Subito nacquero divergenze su come trasferire ai calendari ellenistico-romani una datazione del calendario ebraico.

Il conflitto aperto tra Oriente e Occidente, che nei primi secoli produsse lacerazioni e scomuniche, risale a Papa Vittore I (189-199) e al suo antagonista d’Oriente che fu Policrate vescovo di Efeso: Vittore voleva che la Pasqua fosse celebrata sempre di domenica, comunque venisse calcolato il “14 di Nisan”; secondo Policrate invece la Pasqua si sarebbe dovuta celebrare in qualsiasi giorno uscisse da quel calcolo, fosse o no domenica.

Il Concilio di Nicea stabilì nel 325 che la Pasqua coincidesse con la prima domenica successiva alla luna piena che viene dopo l’equinozio di primavera dell’emisfero Nord. La pace seguita a questa decisione – mai accettata da tutte le Chiese, ma fatta propria sia da Roma sia dalle principali comunità orientali – fu infranta dalla riforma del calendario: da allora (1582) le Chiese dell’Ortodossia continuano a calcolare e celebrare secondo il vecchio calendario, mentre la Chiesa Cattolica – seguita in questo da quelle protestanti – ha cambiato passo e le due date non solo non coincidono ma vanno sempre più distanziandosi per effetto del progressivo allontanamento del computo giuliano rispetto al più corretto – anche se non perfetto – metodo gregoriano.

I tentativi di arrivare a un accordo durano da quasi cent’anni. Una prima proposta nacque in campo laico negli anni ’20 del secolo scorso, per iniziativa della Società delle Nazioni che suggerì a tutte le Chiese di fissare la Pasqua alla domenica successiva al secondo sabato di aprile. La proposta trovò favore negli ambienti protestanti, ma lasciò fredda la Chiesa Cattolica e contrarie le Chiese dell’Ortodossia.

Toccò poi al Vaticano II rilanciare la questione affermando – nella Costituzione sulla Liturgia (1963) – che la Chiesa di Roma “non ha nulla in contrario a che la festa di Pasqua venga assegnata a una determinata domenica nel calendario gregoriano”. Ovviamente già il solo richiamo al calendario gregoriano provocò lo sgradimento degli orientali.

Da allora passi in avanti se ne sono fatti un po’ ovunque, ma restano ancora varie resistenze. Favorevoli a un accordo che fissi la data sono sia i cattolici sia i protestanti. Ancora legati al computo di una data variabile dipendente dalle fasi lunari sono invece gli orientali.

Luigi Accattoli

www.luigiaccattoli.it

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