Giubileo. Rivedremo la Roma dei camminanti

Pubblicato dal “Corriere Roma” del 10 agosto 2015 alle pagine 1 e 3 con il titolo: “Sulle orme dei camminanti per raggiungere San Pietro”

Rivedremo i pellegrini camminanti per le vie di Roma: l’austerità di Papa Francesco e i pochi fondi per risanare le strade ci faranno riscoprire il pellegrinaggio a piedi. Sarà il miglior dono che verrà a noi romani dal Giubileo della Misericordia, se – come pare – avrà un poco di misericordia anche per la città.

Il Giubileo papale e romano è entrato nel suo ottavo secolo e sempre fu fatto di pellegrini appiedati: solo nell’ultimo secolo torpedoni, camion con le panche lungo il cassone, tram e corriere, bus e metro hanno fatto prevalere i trasportati sui camminanti.

Oggi si torna all’antico ma non è un’improvvisata. E’ da alcuni decenni, almeno tre, che si viene sperimentando il pellegrinaggio a piedi. Il Cammino di Santiago, la Via Francigena, la camminata finale delle Giornate mondiali della Gioventù, il Cammino di San Francesco verso Assisi e in Assisi, il pellegrinaggio Macerata-Loreto segnalano alcuni momenti di questo recupero. A Roma abbiamo avuto una buona ripresa del pellegrinaggio a piedi al Divino Amore.

E poi c’è Papa Bergoglio, che a Buenos Aires non mancava mai al pellegrinaggio a piedi al Santuario di San Cayetano. Egli ha indicato agli organizzatori del Giubileo l’opportunità di prevedere che tutti i pellegrini capaci di camminare percorrano a piedi i settecento metri che separano Castel Sant’Angelo dalla Porta Santa della Basilica di San Pietro. Ed ha anche suggerito che a piedi si svolga una parte della peregrinazione verso le altre Porte Sante: di San Paolo, San Giovanni, Santa Maria Maggiore.

Le processioni dei pellegrini per la città di Roma hanno avuto nei secoli vari nomi e snodi: dalla “Litania Septiformis” [Litania in sette forme] di Gregorio Magno al “Giro delle sette chiese” che fu ideato da Filippo Neri e che si fa tutt’ora. Il numero sette a Roma non manca mai: i sette colli, i sette re.

La Litania Septiformis di Papa Gregorio si fece nell’anno 590 per implorare la cessazione d’una pestilenza. Le varie componenti della popolazione dovevano riunirsi presso sette chiese (Cosma e Damiano, Gervasio e Protasio, Pietro e Marcellino, Giovanni e Paolo, Eufemia, Clemente, Stefano al Celio) e da quelle convergere a Santa Maria Maggiore e da lì, tutti insieme verso San Pietro.

La leggenda vuole che giunti i penitenti in vista della Mole Adriana, all’attraversamento del ponte, l’Arcangelo Michele sia apparso sull’alto della Mole a liberare l’Urbe dalla peste: lo videro che “detergeva il sangue dalla spada e la riponeva nel fodero” (così Jacopo da Varagine nella Leggenda Aurea) e Gregorio volle che da allora la Mole Adriana fosse detta Castel Sant’Angelo. E su di essa la statua dell’Arcangelo sempre rinfodera la spada.

Le sette chiese di Filippo Neri sono passate in proverbio: l’intero itinerario durava una giornata e portava a percorrere una ventina di chilometri. Donde il motto “fare il giro delle sette chiese” per dire che non s’arriva mai. Il primo “giro” si fece il 25 febbraio del 1552, che era un Giovedì grasso: i penitenti dovevano dare un segno ai gaudenti.

Le sette basiliche proposte da Filippo Neri il romano di oggi non ha difficoltà a individuarle, perché sono restate importanti nella pianta e nella vita della città: si partiva da San Pietro e da lì si andava a San Paolo fuori le Mura, poi a San Sebastiano e alle vicine catacombe che sono sulla via Appia, a San Giovanni in Laterano con annessa Scala Santa, a Santa Croce in Gerusalemme, a San Lorenzo fuori le Mura, a Santa Maria Maggiore.

Poco dopo avrebbe provveduto Sisto V, con l’Asse Sistino, a facilitare la percorrenza di quelle tappe giubilari, collegandole con tracciati stradali geometrici, scanditi da facciate di chiese, colonne, obelischi.

La toponomastica romana porta ancora molti segni di tanto pellegrinare. C’è via del Pellegrino nella zona di Palazzo Farnese-via Giulia, come c’è la via delle Sette Chiese tra la Basilica di San Paolo e quella di San Sebastiano. Nella vicinanza di San Pietro c’è via dei Penitenzieri, a Trastevere c’è via della Penitenza. In prossimità di via Giulia c’è via della Trinità dei Pellegrini.

Una volta le risonanze giubilari erano molto più frequenti nei nomi delle vie e delle piazze romane. Via della Lungara si chiamava anche via Santa, perché porta a San Pietro. E non c’era difficoltà a intendere che via dei Coronari si chiamava così perché affollata di venditori di corone.

C’erano le vie Papalis e Pellegrinorum. La prima aveva un tracciato corrispondente alle attuali vie dei Banchi Nuovi, del Governo Vecchio, di San Pantaleo. La seconda univa in un solo nome le vie dei Banchi Vecchi e del Pellegrino, Campo de’ Fiori, via de’ Giubbonari.

Gli itinerari che il Comune sta studiando con la consulenza degli esperti vaticani toccano molti di questi tracciati antichi, il cui sviluppo a rete ci sfugge perché spezzato in più tratti dalle grandi vie aperte dopo l’Unità d’Italia e durante il Ventennio mussoliniano.

Il recupero di quei tracciati farà contente le antiche pietre e le Madonnelle che le ornano, ma aiuterà anche il romano e il forestiero a scoprire il tessuto storico della città. Una camminata a piedi da San Giovanni a San Pietro, percorrendo l’uno o l’altro dei quattro itinerari che sono stati proposti, dirà di più di ogni giro turistico organizzato che percorra – come avviene ogni giorno – via Nazionale, via dei Fori, via Cavour, corso Vittorio.

Luigi Accattoli

www.luigiaccattoli.it

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