Che cosa cerco e come

Questa pagina apre un’indagine nella quale vorrei coinvolgere il visitatore. Racconto fatti di Vangelo di cui sono protagonisti i cristiani dell’Italia di oggi e invito chi legge a collaborare, segnalando altre storie. Per lo più questi fatti non arrivano sui media nazionali, eppure sono belli a raccontare e capaci di crescere nella memoria. Essi nell’insieme attestano una straordinaria attualità del Vangelo nell’Italia di oggi. Inducono a pensare che la vita cristiana, osservata nelle cose essenziali, sia meno precaria nel nostro popolo di quanto non dicano le statistiche o le inchieste d’opinione. Invitano — infine — a scommettere sul destino del paese: la sua anima più antica, che è quella cristiana, ha saputo dare in questi ultimi anni risposte creative a incredibili esplosioni di violenza, alle solitudini metropolitane, alla crisi sociale della famiglia, all’arrivo tra noi di altre genti, alla droga e all’Aids, a ogni nuova paura della morte. Né si tratta esclusivamente di “fatti” cristiani: l’indagine è partita da essi ma si è poi aperta, come per lievitazione, a “fatti” di umanità non meno ammirevoli, che potremmo qualificare come “naturalmente” cristiani.

Fatti di Vangelo e di piena umanità

Per fatti di Vangelo e di piena umanità intendo le testimonianze più radicali e disinteressate, direttamente ispirate alle beatitudini e all’esempio di Gesù, o vissute in obbedienza alla comune vocazione umana: la fede e l’amore pagati con la vita, ogni forma di misericordia, la povertà scelta o accolta, la sofferenza redenta dalla grazia, l’amore senza motivo e quello per i nemici, l’accettazione della morte nella speranza della risurrezione o nella dignità di chi resta fedele fino all’ultimo alla propria missione di uomo.
Può essere un fatto che prende tutta una vita, può essere un atto singolo, può essere una preghiera. Cerco i fatti e mi accontento delle parole solo quando costituiscono un fatto: cioè quando sono pagate con la vita o con l’anima.
I fatti qui raccolti erano per metà noti e per metà sconosciuti. Partendo da quelli noti, mettendoli in ordine e cercando di approfondirli, mi imbattevo in altri a loro legati o somiglianti. Ho quindi sentito il bisogno — per guardare più ampiamente — di chiedere aiuto ad amici e conoscenti, esperti dei diversi settori e portavoce di gruppi e movimenti.
Ampliata l’indagine – con l’invio di una lettera intitolata CERCO FATTI DI VANGELO – ho visto venirmi incontro una folla di uomini e di cristiani veri, appassionati, seri, più grande di quella che mi aspettavo. Una famiglia che cresceva ogni giorno, a mano a mano che mi arrivavano da tutta l’Italia le segnalazioni che avevo richiesto. Oltre i fatti noti da cui ero partito veniva a profilarsi un sommerso evangelico di straordinaria ricchezza. Invece di fermarmi ad approfondire le storie selezionate, ho pensato che era il caso di andare avanti: quanto già raccolto — e che viene qui presentato — poteva servire come traccia di lavoro e provocazione a un nuovo ampliamento della ricerca.
Lo scopo è di portare alla luce quel sommerso. Di gettare un particolare scandaglio nel vissuto della nostra Italia. Di convocare — con gli strumenti dell’indagine giornalistica — quella famiglia di uomini e di credenti che dicevo e di mostrarla al mondo. L’indagine non ha altro scopo che quello conoscitivo: raccogliere delle storie, raccontarle, farle girare.

Come è nata l’indagine

Per essere più chiaro su come è nato questo progetto e su quali potrebbero esserne gli sviluppi, farò l’esempio del capitolo terzo sul perdono agli uccisori dei parenti. Sono partito dall’intuizione che vi fosse una particolare attualità di questa obbedienza al Vangelo nell’Italia di oggi. Ho messo insieme i casi famosi, che mi erano già noti per il mio lavoro di giornalista: da Giovanni Bachelet a Eva Cannas, ai familiari di Borsellino, a Carlo Castagna. Erano una decina.
Raccogliendo la documentazione e parlando con i protagonisti sono venuto a conoscenza di un’altra decina di casi. Diveniva così evidente che vi erano dei filoni in questa materia, che poteva essere divisa per aree geografiche o tipo di delitto (faida, mafia, terrorismo, omicidi comuni). Ed ecco che a un’indagine meglio mirata iniziavano a emergere storie che non erano mai state raccontate fuori del loro ambiente cittadino o associativo. Invece di studiarle mi sono limitato a raccontarle sobriamente ma con gli elementi informativi essenziali, in modo che possano essere lette sia da chi vuol solo conoscere che cosa fanno e dicono i cristiani d’Italia e i loro concittadini di buona volontà quando gli uccidono lo sposo, un fratello o una figlia, sia da chi vuole documentarsi e approfondire.
Ed eccoci al punto: il visitatore che fosse provocato nella memoria da questo capitolo e avvertisse di conoscere un caso simile, potrebbe segnalarlo e così altra luce verrebbe fatta sul modo di essere uomini e cristiani in quest’epoca e in questo paese. La stessa cosa vale per gli altri capitoli.

Venti capitoli e un’appendice

Il martirio, il perdono, la sofferenza, la morte, l’amore del prossimo e quello degli sposi, la carità, la preghiera, l’aiuto agli ebrei perseguitati, l’accoglienza degli stranieri, la donazione di organi: sono questi i grandi temi della pagina, a ciascuno dei quali è dedicato uno o più capitoli.
Del martirio tratta l’ampio primo capitolo, suddiviso nelle categorie dei martiri della missione, della carità, della giustizia e della dignità della donna: innumerevole anche oggi è la schiera dei martiri.
La rassegna parte dai nostri missionari che hanno subito una morte violenta nella missione alle genti. Tra essi vi sono splendide figure di martiri della Chiesa dei poveri (Tullio Favali, Ezechiele Ramin), del dialogo tra le religioni (Salvatore Carzedda, Annalena Tonelli, Andrea Santoro), dell’assistenza ai drogati (Silvio Lomazzi). Sono certo che il visitatore li amerà. E che sarà colpito dalla conoscenza ravvicinata di un martire della carità come Gabriele Moreno Locatelli e di un martire della giustizia come il giudice Rosario Livatino.
Segue un capitolo – il secondo – dedicato alle madri che muoiono per far nascere il loro bambino, scegliendo di evitare cure che potrebbero guarirle ma che danneggerebbero il figlio in arrivo: credo non vi sia oggi testimonianza più vicina della loro a quella dei martiri.
Il perdono degli uccisori dei parenti, cioè la forma più visibile dell’amore per i nemici: lo metto – capitolo terzo – subito dopo il martirio e le madri che dànno la vita perché anch’esso è un modo di dare la vita. È anch’esso un capitolo ampio e lo considero un buon segno: in Italia abbiamo questa ricchezza del perdono, forse il tratto cristiano più convincente del nostro popolo. Segnalo, tra tutte, le storie di quattro donne coraggiose: Mariangela Calvisi per la faida sarda, Giulia Iracà per la mafia calabrese, Italina Ala per il terrorismo, Franca Ferretti per gli omicidi comuni. Sono le storie meno conosciute e forse le più ricche del capitolo.
La beatitudine della sofferenza è indagata – nei capitoli quattro, cinque e sei – in tre tappe dell’avventura umana: la reazione all’handicap, la serenità nella malattia, l’accoglienza della vecchiaia. Cioè la fede in Dio o la gratitudine alla vita attestate nel dolore. Se la testimonianza più grande è quella di chi dà la vita, subito dopo viene quella di chi accetta una vita di passione. Maria Grazia Tomè e Ambrogio Fogar per l’handicap, Cesira Stringhetti (che è stata alla catena di montaggio) e Mario Castelli (un gesuita creativo) per la malattia, Adolfo Bachelet per la vecchiaia sono state le mie scoperte.
La sofferenza più grande è la morte: la parte centrale della pagina si avvia con due capitoli sulla prova di fede che i cristiani d’Italia dànno oggi di fronte alla morte dei parenti e nell’acconsentire alla propria morte – capitolo settimo – o nella decisione di vivere in comunione con i fratelli questo momento supremo – capitolo ottavo. Ecco una bellissima schiera di giovani e vecchi, di ragazze e di vescovi che scelgono di entrare nella morte a occhi aperti. Segnalo tre splendide cristiane: Chiara Nebuloni che parla dei doni che ha ricevuto nei mesi della morte del marito; Daniela Albrigo che va lieta al Signore come alle nozze; Antonia Salvini Amadei, che fa del proprio testamento una chiamata di tutti all’attesa del Regno.
L’amore dell’uomo e della donna attestato nella buona e nella cattiva sorte dovrebbe forse dar luogo al capitolo più vasto, ma per ora esso – il nono – è breve: i cristiani hanno sempre avuto difficoltà a raccontare — non a vivere — l’amore sponsale. La nostra generazione forse la supererà. Le storie raccolte lasciano immaginare qualcosa della bellezza che ne avremo. Per me le più care sono quelle dei due fidanzati Ruggiero e Laura che — morendo — lasciano alla ragazza e al ragazzo che non sposeranno un promemoria di nozze eterne.
Segue un capitolo – il decimo – che apre una finestra sul fenomeno storicamente nuovo delle coppie e delle famiglie missionarie: un dono dello Spirito alla nostra epoca che segnala una particolare giovinezza ecclesiale della famiglia, mentre troppo – forse – ci si applica a studiarne la crisi sociale.
Segni di vitalità della famiglia si hanno anche dal territorio immenso della carità al quale sono dedicati in parte o in tutto i capitoli dall’undicesimo al quindicesimo, ma che avrebbe potuto da solo riempire l’intera pagina. L’ho guardato attraverso le avventure più radicali: quelle che si corrono nel soccorso del prossimo in generale; nelle adozioni di creature menomate o abbandonate; nel farsi carcerati coi carcerati; in chi torna cristiano dall’inferno della droga, dell’Aids, della prostituzione o del terrorismo; nell’offrire il proprio corpo per donazioni e trapianti.
Ecco Sabatino Jefuniello, meridionale emigrato a Milano, che lascia tutto per mettersi al servizio dei barboni. Norina Galavotti che non conosce uomo e fa crescere 74 bambini. Suor Zaveria Marini che vorrebbe dare a ogni carcerata un vestito nuovo e uno specchio grande. Enrica Plebani, figlia prodiga del duemila, che muore di Aids dopo essere uscita dalla droga ed essersi messa al servizio dei più poveri: potrebbe essere una patrona dei sieropositivi. Come potrebbero esserlo – tra chi muore di Aids – Paolo Caccone ed Enrico Barzaghi.
Il capitolo sedicesimo raccoglie storie di perfetta letizia e vorrebbe anche rispondere all’esigenza di dare un’attestazione gioiosa della vita cristiana in un’epoca dove sembra essersi fatta rara la gratitudine per il dono della vita e della fede.
Agli eremiti e ai pellegrini – che propongono segni insoliti, e anche difficili a intendere, agli abitanti della città mondiale – è dedicato il capitolo diciassette.
Il diciottesimo offre vedute d’insieme e primi piani dei giusti delle nazioni italiani: cioè dei nostri connazionali che misero a rischio la propria vita per soccorrere gli ebrei durante l’occupazione tedesca e nazista di una parte del territorio italiano sul finire della seconda guerra mondiale.
Samaritani centurioni cananee è il titolo del capitolo diciannove aperto ai testimoni che non appartengono alla comunità cristiana e anch’esso è destinato a crescere: un giorno potrebbe pareggiare da solo il resto della pagina. Giovanni Falcone è un martire della giustizia esattamente come Paolo Borsellino: questi dà la vita in nome di Cristo, quello in nome dell’uomo. Io li quoto ambedue.
Il capitolo venti raccoglie fatti di preghiera pubblica, dalle lettere di Moro prigioniero al Miserere dell’ex terrorista Cavallina, a una poesia di Alda Merini: tra i doni di questi anni difficili c’è l’inatteso, nuovissimo ritorno della preghiera sulla scena secolare. In essa la forza delle parole è spesso grandiosa. Come altre grida e altre lodi riportate nella pagina, non sembrano appartenere a quest’epoca che svaluta ogni linguaggio.
L’ultimo capitolo – numerato come ventunesimo per alludere a un’elencazione aperta – è da considerare come un’appendice: esso infatti raccoglie storie affini a quelle degli altri capitoli e che come quelle rimandano ad accadimenti reali, ma che hanno una minore forza fattuale o che non possono essere narrate con nomi e date e dunque vengono presentate con il genere letterario della parabola. La pedagogia testimoniale si è sempre avvalsa di questa forma narrativa che credo stia per sperimentare una rinnovata vitalità.

Verso una nuova immagine di Chiesa

Quando si tratta di cristiani, le mie sono storie di cristiani comuni, o se in esse incontriamo laici qualificati ed ecclesiastici, qui ci interessiamo a ciò che ci hanno comunicato in quanto cristiani comuni: quando la malattia, o l’imminenza della morte, o altro caso drammatico della vita li ha ricondotti alla condizione spoglia del credente che recita il Padre nostro. E’ in questa chiave che – accanto agli sconosciuti – incontreremo personaggi come Giovanni Benelli, Luigi Maverna, Giuseppe Dossetti, Luigi Giussani, Divo Barsotti.
Spesso sono storie di infelici: storpi e ciechi e colpiti da ogni male affollano queste pagine, sofferenti che hanno incontrato il Consolatore nel mezzo della prova. Non si meravigli il visitatore: anche il Vangelo è pieno di lebbrosi e di altri tribolati. Nessuna meraviglia che — oggi come ieri — il Vangelo sia una lieta notizia soprattutto per i poveri di ogni povertà.
Quand’ero all’inizio dell’indagine, supponevo che l’insieme di queste storie configurasse un’immagine di Chiesa del futuro meno istituzionale e meno colta, più feriale e più confessante. E forse anche meno concordataria e meno politica, più ecumenica e più escatologica: cioè più tesa al compimento finale. Veda il visitatore se condivide questa impressione.
Qualcosa di più vorrei dire sull’attesa dei tempi ultimi: percorre tante storie di questa pagina ed è in esse più evidente di quanto non risuoni nella predicazione ordinaria. Quell’atteggiamento ha un significato che va oltre i destini della Chiesa: l’attesa è il più radicale e rivoluzionario degli atteggiamenti umani. Se attendo vuol dire che non mi accontento di questa vita.

Questi fatti sono buone notizie per l’Italia

Qui si contravviene al sistema. Qui i cittadini comuni e i cristiani d’ogni giorno osano remare contro. Questi fatti di Vangelo e di piena umanità sono esempi di un’altra vita, alternativi al sistema e capaci di configurare una rivoluzione dell’esistente.
La cultura del nostro mondo veloce e competitivo irride al mistero, nega spazio all’accoglienza della vita, ospedalizza forzosamente il malato e il morente, chiude i disabili e gli anziani negli istituti, isola i drogati e i malati di Aids, tende a fare d’ogni deviante un carcerato e di ogni carcerato un nemico, vorrebbe relegare in quartieri cintati o rispedire al loro paese gli immigrati, esalta la ricerca della ricchezza e del potere, idolatra la soddisfazione sessuale: ed ecco i cristiani che — in nome del Vangelo — contravvengono a questo sistema e alla sua etica dello stordimento. Quì è la via della nuova evangelizzazione e di un’educazione alla cittadinanza adeguata ai tempi che viviamo: il mondo moderno non vuol sentire sermoni morali e prediche, è mal disposto per ogni segno di presenza istituzionale, crede solo a ciò che vede e può dunque essere raggiunto soltanto dai fatti.
I protagonisti di queste storie muoiono per Cristo o per far nascere un figlio, fanno la vera lotta all’handicap che è quella che parte da se stessi, scommettono fino in fondo sull’amore, arrivano a quello impensabile per i nemici, qualche volta dicono di essere felici nella malattia, adottano un bambino disabile per amarlo due volte, guardano in faccia la morte, trasformano la disperazione in preghiera. Molte di queste operazioni hanno un’evidente dimensione umana e sociale: danno un senso al dolore, scoprono un fratello in ogni uomo, anche in quello menomato, anche nel nemico, negano i confini, riscattano ogni momento della vita compreso quello della morte. I cristiani veri sono — oggi come sempre — un’avanguardia dell’umanità. E la vera umanità a loro spontaneamente si accompagna.
Non sono dunque tutti ubriachi, gli abitanti di questo paese. C’è in mezzo a loro — ancora numeroso — un popolo di tribolati che grida a Dio e ai fratelli e spera sempre. Che attende una liberazione più grande d’ogni promessa umana, o con dignità accetta il limite che è proprio della condizione umana senza disattendere alle proprie responsabilità. Un’attesa e un’accettazione che costituiscono una speranza per tutti.

Continuerò a cercare

Non sono sempre grandi storie quelle che racconto, qualche volta sono minime e marginali. Vorrei che fossero poste al centro, ma non presumo troppo. Sono un giornalista e mi spetta farle conoscere, senza perbenismi e senza reticenze. Con simpatia per i mille casi, compresi quelli oscuri. Perché anche il giornalista può farsi tutto a tutti.
«Quali notizie restano nuove?» chiedeva Ezra Pound. Da giornalista che ha scritto migliaia di articoli su fatti e parole che nessuno più ricorda, mi sono chiesto: quali notizie da me incontrate in tanti anni sono ancora nuove? Sono partito da quelle che tali erano restate e ho aggiunto quelle che al momento non avevo ravvisato. Al visitatore chiedo di compiere lo stesso esercizio. Si chieda di che cosa si è alimentata la sua fede in Cristo o la sua fiducia nell’uomo, di quali fatti si è nutrito tra tutti quelli che l’hanno coinvolto e quelli mi segnalerà.
Non sempre sono atti dei martiri. Qui depongono ladri e assassini, donne e uomini che hanno peccato ogni giorno della loro vita. E pregano mafiosi e terroristi perché lo Spirito soffia dove vuole.
Non ho difficoltà ad ammettere che questa scelta di alcune centinaia di fatti è troppo casuale e poco rappresentativa. Che di raccolte così se ne potrebbe fare un’altra senza nessuno di questi fatti: tanto ne sono convinto che cercherò di farne un’altra o altre due! Chi volesse aiutarmi, trova sotto la mia foto – nella home page del blog – la mia e-mail e trova qui, dopo la firma e la data, l’indirizzo postale a cui inviare segnalazioni e testi.

LUIGI ACCATTOLI – 1° ottobre 2009

Indirizzo postale:
Via di Santa Maria Maggiore, 112
00184 Roma

Commento

  1. […] Ecco cos’è l’agiografia: si tratta di indagare, con discrezione e acutezza, se le persone vivano davvero come sembrerebbe a giudicare dagli slogan più sponsorizzati, o se nei silenzî del cuore gli uomini e le donne abbiano riferimenti diversi da quelli che sembrerebbero dominanti. È la rivoluzione. L’unica vera rivoluzione possibile: «Qui si contravviene al sistema. Qui i cittadini comuni e i cristiani d’ogni giorno osano remare co…». […]

    17 Febbraio, 2012 - 17:47

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