I giovani e il comandamento della carità

serata con l’arcivescovo dell’Aquila Giuseppe Molinari
per la Missione ai Giovani “Gesù al centro”
promossa dalla diocesi di Roma – Piazza Navona
martedì 6 ottobre – ore 20,30

Leggerò alcune parole di Gesù, che sono nella parabola del Giudizio, al capitolo 25 del Vangelo di Matteo, e le commenterò con ciò che avviene ai nostri giorni, in obbedienza a quelle parole. E sarà una buona esperienza, perché quelle sono parole straordinarie, tra le più belle che siano risuonate mai sulla terra e perché ciò che ne è venuto è il meglio della nostra umanità. Ed è un frutto di umanità che non avremmo conosciuto senza il seme del Vangelo.

Dice dunque Gesù:
“Ho avuto fame e mi avete dato da mangiare,
ho avuto sete e mi avete dato da bere;
ero forestiero e mi avete ospitato,
nudo e mi avete vestito,
malato e mi avete visitato,
carcerato e siete venuti a trovarmi”.

Sono cinque o sei beatitudini – quell’elencazione è preceduta dalle parole “Venite benedetti del Padre mio” – che ora proverò a tradurre nella lingua e nella vita di oggi, raddoppiandole di numero per cogliere l’intera obbedienza a esse che viene prestata, nella novità dei tempi, dai cristiani di oggi e in particolare dai giovani cristiani come voi siete.
Perché nuovi in parte sono oggi i bisogni ai quali deve rispondere il genio della carità suscitato nel mondo dalle parole di Gesù. Perché oggi come ieri ci sono gli affamati e gli assetati, i malati, i forestieri e i carcerati; ma oggi in più di ieri abbiamo l’Haids e la droga, la solitudine dei piccoli e dei vecchi, i perseguitati dai regimi politici, la possibilità dei trapianti e del riscatto dall’handicap.

1. Fame e sete: il Sud del mondo
Mettiamo insieme la fame e la sete: “Ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere”. Oggi questo è il Sud del mondo. Il volontariato internazionale. Chi parte per aiutare sul posto, chi raccoglie qui gli aiuti da inviare.
Può anche capitare che occasionalmente la fame, la sete e il freddo, la nudità e le ferite e la paura tormentino tutti insieme anche l’umanità della nostra Italia, per esempio in occasione di un terremoto, o di un nubifragio, come è avvenuto a Pasqua in Abruzzo, come succede ora in Sicilia.

2. Immigrati e rifugiati – che saranno sempre di più
“Ero forestiero e mi avete ospitato”. Straordinaria modernità di questa parola di Gesù: non sembra detta per noi? Mai l’umanità aveva avuto un problema di accoglienza dello straniero come oggi. E se i cristiani sono in prima linea, su questo fronte, è perché a ciò li ha preparati quel formidabile versetto evangelico.
Insieme agli immigrati, i rifugiati. Sia per l’immigrato, sia per il rifugiato ci sono mense e dispensari qui in Roma e un poco dappertutto, dove i volontari danno il loro apporto di calore umano prima che di aiuto materiale.
La protezione del perseguitato: io credo che voi giovani vedrete molti sviluppi su questa nuova frontiera. Una volta vigeva il criterio della non ingerenza, oggi invece ci dovremmo far guidare dal principio dell’ingerenza umanitaria.

3. Nudo e mi avete vestito: i barboni, i senza tetto
Nella mia parrocchia c’è un “servizio docce” gestito da un gruppo giovanile: lì i senza fissa dimora possono lavarsi, trovare dei vestiti puliti, farsi la barba. Molti non sono in grado di fare questi esercizi di igiene personale, i ragazzi volontari li aiutano a spogliarsi, lavarsi, radersi, rivestirsi.

4. Malato e mi avete visitato – sia in ospedale sia a domicilio
Il volontariato ospedaliero, la visita ai malati a domicilio, l’assistenza volontaria ai malati terminali.
Già molto si fa ma molto di più si dovrà fare e inventare.

5. Trapianti e donazioni – una nuova “compassione”
Se Gesù fosse oggi tra noi e pronunciasse la sua parabola del Giudizio qui a piazza Navona, immagino che aggiungerebbe alla beatitudine della visita ai malati questa nuova a essa imparentata: “Ero in attesa di un trapianto e mi avete donato il vostro corpo”.
“Un samaritano che passava di là lo vide e ne ebbe compassione”: il donatore di organi non vede e anticipa la sua compassione. Mi pare di sentire la voce di Gesù: beati quelli che non hanno visto e hanno avuto compassione.
I giovani sono i più pronti a questo dono del corpo. E a diffonderne la cultura tra chi a esso resiste.

6. Ero in carcere: com’è difficile questa misericordia
Anche qui non possiamo non osservare la straordinaria attualità delle parole evangeliche. Quanto abbiamo da fare su questo: oggi non è neanche previsto che si vada in carcere a trovare qualcuno. Devi avere dei titoli per poterlo fare: avvocato, parente, cappellano, assistente sociale.
Dobbiamo impegnarci civilmente per conquistare la condizione legale e logistica indispensabile per l’esercizio di quest’opera di misericordia.

7. Ero senza famiglia e mi avete adottato
Le adozioni e gli affidi, le famiglie allargate e le case famiglia, le case per ragazze madri: vasta è oggi, anche a Roma, l’opera di aiuto ai bambini abbandonati e alle madri sole.
Fatevi sensibili all’adozione, a considerare vostri – divenendo adulti – i figli di tutti. Egli ci dice che quanto faremo a un bambino l’avremo fatto a lui.

8. Ero vecchio e solo e mi avete fatto compagnia
Un tempo c’erano il parentado e il vicinato che costituivano una rete di protezione per le persone sole. Oggi la solitudine è un destino assicurato per i bambini senza genitori e per gli anziani senza parenti, o che i parenti hanno abbandonato.
La Comunità di Sant’Egidio ha una vasta esperienza nel soccorso agli anziani soli. Occorre farle concorrenza… I vecchietti in abbandono saranno numerosi nel vostro futuro.

9. Ero un tossico, un alcolista, un malato di Aids, una prostituta, un travestito, uno zingaro e mi siete restati vicini, mi avete parlato.
Fermiamoci sul malato di Aids di cui tutti hanno paura. Una malattia simbolo della nostra epoca. Vi sono iniziative cristiane di soccorso, anche a Roma, promosse con coraggio fin dai primi tempi del manifestarsi di questo male dall’indimenticabile don Luigi Di Liegro, che è stato un autentico genio della carità per la nostra città.
Francesco che serviva i lebbrosi, o Luigi Gonzaga gli appestati – ed erano giovani come voi – potrebbero essere le icone di questa misericordia.

10. Ero un handicappato e avete spinto la mia carrozzella – anzi: avete lottato con me perché io fossi accettato a scuola, nelle associazioni, nei luoghi del lavoro e del divertimento.
Nel giorno del Giudizio, sarà importante avere spinto la carrozzella, ma sarà ancora più importante esserci adoperati per l’inserimento – come si dice – dei portatori di handicap nei luoghi della vita associata.

Alcune di queste solidarietà evangeliche nel passato non erano possibili, o non erano frequenti come oggi. L’accettazione del bambino menomato, la scelta del bambino menomato per l’adozione, l’aiuto alle ragazze madri, il sostegno agli handicappati per il loro riscatto.
Sono doni dello Spirito alla nostra epoca.
Non tutto è negativo in questo nostro tempo. Dobbiamo discernere: cioè vedere bene e scegliere. Resistere agli appiattimenti ma anche approfittare delle nuove sfide e dei nuovi spazi che oggi si offrono al genio della carità cristiana.

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