Rita Sivelli: “A voi che mi avete fatto compagnia”

Rita Sivelli, sposa e mamma di due bambine, muore di tumore a 35 anni il 16 aprile 1994 a Parma, poco dopo aver attestato la sua fede nella vita eterna con un biglietto di auguri pasquali agli amici che gli avevano “fatto compagnia” negli anni della malattia ed erano giunti “insieme” con lei “all’alba della Risurrezione”. Questo è il testo del biglietto:

PASQUA 1994

A tutti voi che mi avete fatto
compagnia,
che mi avete accudito,
che avete condiviso le mie lacrime,
che vi siete presi cura
delle mie bambine,
dico un sincero grazie,
e credo che tutti questi gesti
abbiano arricchito
la mia e la vostra Quaresima
ed insieme siamo giunti
all’alba della Risurrezione.
Sono certa che questo amore donato
è stato accolto dal Signore
e lo ha trasformato in benedizione
per voi e per le vostre famiglie.
In ciascuno di voi
e nella vostra disponibilità
ho veramente incontrato
il Signore che mi vuol bene.

Rita Sivelli

Rita è stata responsabile dell’Azione Cattolica Ragazzi nella diocesi di Parma e poi vicepresidente nella stessa associazione. Per il Natale del 1992 il settimanale diocesano Vita Nuova le aveva chiesto di narrare la sua reazione alla malattia e lei aveva scritto questo testo:
Quando quindici mesi fa nacque la mia seconda bambina, provai una gioia immensa, nuova, moltiplicata, rispetto a quando era nata la prima. Ogni vita che vede la luce di questo mondo porta con sé una gioia sempre maggiore. Intuivo che in quel momento mio marito e io stavamo vivendo il periodo più bello della nostra vita: «Non ci manca proprio nulla – dicevo a lui – abbiamo due bimbe meravigliose, siamo giovani, lavoriamo onestamente, abbiamo una casa…».
Poco dopo abbiamo saputo che ero ammalata di tumore. Poteva sembrare l’epilogo di quella che alcuni avrebbero chiamato «una giovane vita segnata da una triste sorte!». Certamente la nostra visione, mia e di mio marito, non è stata questa. E il Natale di Gesù che stiamo preparando, nel nostro cuore, nel cuore della Chiesa e nel cuore del mondo, illumina una visione ben diversa di questa situazione pur carica di difficoltà e di sofferenza.
La speranza cristiana è un dono che ci radica nel presente e nello stesso tempo ci proietta nel futuro; certamente io “spero” di guarire, ma ciò che il Natale mi aiuta maggiormente a sperare è di rileggere la mia vita come un’esperienza di amore in tensione tra terra e cielo. La fragilità del mio corpo è stata per me un segno, che mi ha destato di nuovo, come altre volte, in altri modi, nel mio cammino spirituale, alla mèta verso cui tutti corriamo: essere con Lui, per Lui e verso di Lui.
Come si traduce questo concretamente? Prima di tutto nel ringraziare il Signore sempre, anche ora che soffro, e poi nel dare a ogni giorno la sua “carica di eternità”. Sarebbe sciocco arrovellarmi con il pensiero di una morte più o meno imminente. È invece cristiano crescere nel desiderio di andare incontro al Signore ogni giorno, restando dove e come Lui mi vuole.

Il testo scritto da Rita Sivelli per il settimanale Vita Nuova – che lo pubblicò nel numero di Natale del 1992 – e il biglietto di auguri inviato ad alcune persone amiche poche settimane prima di morire li ho presi dal mensile dell’Azione Cattolica Italiana Nuova responsabilità, luglio 1997, p. 14.

(Novembre 2009)

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