Maria Immacolata Leoni: “Una vita piena di luce e di pace”

Maria Immacolata Leoni è morta nel gennaio del 1999 all’età di 1O1 anni: centouno! Per mezzo secolo è stata Giovanna Leoni a Rieti e per un altro mezzo secolo abbondante suor Maria Immacolata a Prato e a Firenze. Prima insegnante di francese, felice di esserlo e poi suora domenicana, ancora felice di esserlo. Questo è il suo testamento:

«Debbo fare anch’io il mio testamento? Ma io non ho da lasciare in eredità nulla a nessuno. Sono completamente povera, non per nascita ma per elezione. Non c’è nulla di eroico in questa mia scelta nata dalla convinzione che il denaro non dà mai la felicità, anzi spesso rende egoisti e sempre più avidi, e probabilmente anche dall’inconscia certezza che mai mi sarebbe mancato il necessario, come infatti è stato nel mezzo secolo che ho vissuto nel mondo e nel quasi mezzo secolo che ho passato in convento.
«Ma questo vuoto economico ha riempito di luce e di pace l’anima mia. Oh, potessi, nella mia povertà, lasciare a tutti la meravigliosa ricchezza che mi ha fatta felice nella mia lunga vita certo non facile: la ricchezza della fede e dell’amore.
«Dio esiste ed è Amore. Chi crede in lui si sente amato, lo ama e – in lui e con lui – ama tutti e tutto e sente che la vita è un dono meraviglioso anche nel dolore perchè Dio è con lui, vigila ininterrottamente su ogni sua creatura, l’aiuta a superare ogni difficoltà, ogni tentazione, ogni pena.
«Vorrei dire a tutti: amate e non temete. Non temete il dolore, fisico o morale che sia: esso è per l’anima ciò che la radice è per l’albero. E’ la radice che dal buio e dal freddo dà all’albero la vigoria che lo spinge in alto, verso la luce, verso il sole che lo illuminano e lo riscaldano.
«A tutti vorrei dire: credete, amate, guardatevi intorno, rendetevi conto di quanto vi è stato offerto in dono, gratuitamente e senza merito vostro, fin dalla nascita, e che troppo facilmente noi tutti prendiamo come un diritto senza ringraziare il Divino Donatore, pronti a reclamare se qualche cosa ci viene a mancare, come se ci fosse stato tolto ciò che avevamo il diritto di avere.
«La vita è un dono; essa si svolge per ciascuno di noi sotto lo sguardo amoroso di Dio che non ci chiede, in cambio, che l’osservanza della sua legge e il nostro grazie.
«E a voi che leggete queste righe, miei eredi spirituali, dico: credetemi, non sono solo parole quelle che io ho tracciate, sono il racconto di un’esperienza vissuta giorno per giorno, ora per ora, in una lunga vita che ha conosciuto e superato, con il costante amoroso aiuto del Signore, sofferenze personali fisiche e morali per i suoi handicap (sordità e altro), dolorosi eventi familiari, guerre, calamità, difficili situazioni sociali.
«E ora, alla fine di questo mio lungo cammino che cosa vedo? Vedo che la grandezza della creatura umana sta solo nella sua piccolezza riconosciuta e abbandonata al Creatore. Che l’accoglimento di questa piccolezza, il pentimento per la propria infedeltà davanti all’assoluta santità di Dio non sono che l’accettazione “sconvolgente” di un amore che vince. Quante, quante meravigliose prove mi hai dato, mio Dio, della tua follia d’amore per me! Grazie, mille volte grazie, mio Dio e perdona se ho così tiepidamente ricambiato il tuo amore».

Il testamento di Maria Immacolata Leoni è stato pubblicato dalla rivista «Koinonia» di Pistoia nel marzo del 1999 e risale al 1990, quando aveva 92 anni. In esso – nei saluti finali, che non ho riportato – si dice ancora commossa, dopo 42 anni, del fatto che le consorelle l’avessero accolta tra loro «con tanto affetto e con tanta fiducia» essendo lei «già vecchia, sorda, impreparata alla vita religiosa».
Macchè vecchia allora! Il segreto di suor Maria Imacolata è di essere restata «sempre straordinariamente giovane, comunicativa, aperta al nuovo e a tutti», come mi dice il domenicano Alberto Simoni, direttore di «Koinonia», che fu il suo ultimo consigliere spirituale e al quale suor Maria Immacolata consegnò il testamento «perchè faccia di quanto qui ho scritto l’uso che crede». E bene ha fatto il caro Alberto a pubblicarlo: perchè aiuta ad avere fiducia nella vita, mostrando che si può arrivare vicini al secolo di vita – e magari oltrepassarlo – rimanendo svegli, liberi e grati. E’ la povertà e la gratitudine che hanno mantenuto giovane Giovanna Leoni. Una povertà volontaria, perchè era nata da famiglia nobile. E una gratitudine che cresceva con gli anni.
Legata alla povertà e alla gratitudine – e da esse generata – è la semplicità che di più ti commuove in questo saluto di una sorella che se ne va cantando dal suo Signore. Una semplicità che è anche sorprendente, se la porta a chiamare gli amici «miei eredi spirituali»: eppure sono solo gli amici e i parenti, uomini e donne che le scrivevano e ai quali rispondeva. «Ma è vero – dice padre Simoni – che nella semplicità è stata una maestra di vita. Nella sua parola c’era un dono di sapienza che si imponeva».

[Testo pubblicato dall’Eco di San Gabriele nell’ottobre 1999]

Lascia un commento