Sarah Calvano: «Si può essere felici anche in ospedale»

“Non stupitevi se vi dico che si può essere felici anche in un letto di ospedale e che si può dimenticare il dolore per sorridere agli altri, mentre il proprio avvenire è pieno di interrogativi”: così parla Sarah Calvano (1973-1992) di Avola, Siracusa, quando la ricoverano colpita da un melanoma che l’uccide a 19 anni. Dopo il liceo classico fa appena in tempo a iscriversi alla facoltà di Matematica all’Università di Catania.
“La chiamavo “libellula” perché ci trasmetteva un senso di libertà, di levità, di pulizia interiore”, racconta Adele Clara Corallo: “Si affacciava piena di speranze agli studi universitari. Nella parrocchia di San Giovanni Battista si occupava delle vocazioni giovanili. Frequentava un ragazzo, Nino, il quale dirà che per lui Sarah è stata una benedizione: nel silenzio e nella semplicità gli ha insegnato i valori della vita. Aveva uno slancio di fede straordinario, che la rendeva umilissima e al tempo stesso irraggiungibile. Alla sofferenza aveva dato uno scopo: avvicinare suo padre a Gesù. E ci è riuscita, con tutto l’amore per chi le aveva dato la vita. Ci ha lasciato una grande eredità spirituale, il ricordo di una fede gioiosa e serena”.
Nel diario Sarah si rivolge a Gesù e così l’interroga al momento del primo ricovero: “Che parola strana: ospedale. Avrei voglia di chiederti: cosa vuoi? Sai, perché io non l’ho capito chiaramente. L’attesa ha un senso, il sacrificio ha un senso, il dolore ha un senso, tutto ha un senso: ok, ma quale senso? Ti voglio bene, Gesù, devi crederlo, ma se cerco di capire non mi raccapezzo più. Ma in fondo non ha importanza, io non devo capire nulla; sei tu che sai quello che fai… e non potrà essere che la cosa migliore”.
Tu che mi vuoi e io che non riesco ad averti” dice a Gesù – sempre nel diario – in data 11 ottobre 1991. Credo sia la sua parola più profonda che mi sia capitato di leggere.
Nel diario sono registrati anche i momenti della grande prova: “E’ tutto fermo in questo immenso oceano di acqua in cui nulla muta”. “Caro Gesù non posso che dirti grazie per tutto quello che fai per me”, scrive infine nell’ultima pagina.
Sarah ha lasciato un vivo ricordo in chi l’ha conosciuta. Ad Avola portano il suo nome un Centro di accoglienza e una Casa famiglia.

Parole e notizie di Sarah Calvano le ho trovate la prima volta su Famiglia cristiana (1/1993, p.13) e poi, quasi dieci anni dopo, in una recensione di Avvenire (11 luglio 2002) al volume Il Magnificat di Sarah. Diario di un’adolescente, pubblicato dalle Paoline (pp.269, euro 10) nel 2002: raccoglie – a cura di Giuseppe Greco – le pagine più significative del suo diario.

[Testo contenuto nel volume CERCO FATTI DI VANGELO, SEI 1995, p. 115; aggiornato nel gennaio 2010]

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