Parabola della malata che si ribella

Una donna colpita da grave malattia si ribella violentemente alle frasi di consolazione dette dalla “solita suora invasata”. Prima lo sfogo e poi qualche notizia:

Tutti in vacanza, meno la solita suora invasata e forse solo superficiale, sana e scattante, che sostituisce la suora anziana e dolce che di solito mi porta la Comunione, e mi ha ripetuto quella frase che mi fa impazzire: “Il Signore ti ama, ti vuole bene; per questo ti associa alla sua missione”. Ma non ditele queste cose a uno che è qui e che non sa come uscire da un buio totale, anche spirituale. Per favore, non ditele, non servono a niente, anzi creano dentro ancor più ribellione.
Insisteva nel dire che sono una “prediletta” perché Gesù manda le prove a chi le può sopportare… Ma quando ci sei dentro fino al collo, come fai a crederci? Ma lo sa quello che dice…? L’ho scandalizzata di brutto, non ho voluto la Comunione. In quel momento ho voluto così tanto male a quella suora che non mi sembrava giusto nei confronti del Signore. Poi, verso sera, sono stata malissimo (non mi ricordo di essermi mai comportata in modo così scortese con qualcuno). Meno male che dopo cena è passato da me il cappellano (subito informato dalla suora). Lui è generosissimo: è l’unico qui dentro con cui riesco a parlare liberamente, dire le mie paure senza timore di essere tacitata. Se ne è andato che era quasi mezzanotte: nell’andare via mi ha chiesto: “Vuoi Gesù Eucaristia?” – “Certo che sì!” È stato un momento speciale.

Si tratta di una pagina di diario riportata alle pp. 194s – capitolo Testimonianze – del volume L’Oftal a Milano. Appunti di cronaca, spunti di riflessione, Ancora, Milano 2009. Dell’autrice del diario conosciamo le iniziali: V. B. Non sappiamo la città, né l’età. Il testo – più ampio dei due paragrafi che ho riportato – nel volume è preceduto da questa nota:

La testimonianza che segue riporta l’esperienza in diretta di una malattia potenzialmente mortale e altamente invalidante. Seguono poi riflessioni «a caldo» dopo il raggiungimento di un sia pur precario equilibrio. Questi pensieri sono tratti da un diario privato della malata riesumato per questa circostanza, dietro nostra insistenza e consegnatoci con la preghiera di distruggerlo: «Forse oggi alcune cose non le riscriverei». Oggi, a distanza di dodici anni, la nostra amica è riuscita a riprendere in mano la sua vita e a fare volontariato.

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