Gianna Beretta Molla: “Pedrin d’or, tu sai quanto ti amo”

Finalmente una santa sposata del nostro tempo: con la canonizzazione di Gianna Beretta Molla (1922-1962), nel 2004, è stata proposta come esemplare una figura di fidanzata, di sposa e di madre che sperimentò le nostre stesse difficoltà.

Per il Giubileo delle famiglie, il 15 ottobre 2000 in piazza San Pietro, fu cantata una “litania dei santi sposati” composta per l’occasione:
–  santa Maria, madre di Gesù
–  santi Zaccaria ed Elisabetta
–  santi Gioacchino e Anna
–  san Giuseppe
–  santi Aquila e Priscilla
–  santi Paolino e Teresa
–  santi Enrico e Cunegonda
–  san Gregorio di Nissa
–  san Tommaso Moro
–  santa Monica
–  santa Macrina
–  santa Brigida
–  santa Francesca Romana
–  santa Rita
–  santi sposi e spose

Come sposato che guarda ai santi sposati con viva complicità, fui felice di ascoltare quelle litanie. Ma fu una felicità dimezzata dall’avvertenza che il più recente di quei santi era Tommaso Moro (1478-1535), che per di più era stato canonizzato in quanto martire e senza alcuna considerazione per la sua bella storia di sposo e di padre. A sentire quella litania appariva chiaro che c’era stata maggiore percezione della santità sponsale nel tempo antico e in quello medievale che in epoca moderna.
Ma ora finalmente si rimedia. Grazie alla lunga durata del Pontificato, Giovanni Paolo è riuscito a ottenere – con tenace insistenza – la beatificazione di una ventina di sposati, che ora sono in attesa della canonizzazione, insieme ad Anna Maria Taigi già beatificata nel 1920 con il titolo di “materfamilias”: da Antonio Federico Ozanam a Giuseppe Tovini, da Elisabetta Canori Mora ai coniugi Beltrame Quattrocchi.
Apprezzo il primato che viene conferito alla carissima Gianna Berretta Molla, a motivo della bellezza della sua storia d’amore, attestata dalle 73 lettere che scambiò con il marito (e che sono state pubblicate dall’editore San Paolo, con il titolo Il tuo grande amore mi aiuterà a essere forte. Lettere al marito, San Paolo 1999 e 2005), l’ingegnere milanese Pietro Molla, che ha potuto assistere – più che novantenne – alla canonizzazione della sposa, cosa che pare non sia mai capitata nella storia.
Gianna aveva 39 anni quando accettò di morire per salvare la figlia. A due mesi dall’ inizio della quarta gravidanza, scopre d’avere un tumore all’utero e rifiuta la laparatomia, con asportazione dell’utero, che l’avrebbe salvata. Giovanni Paolo II proclamandola beata nel 1994 commentò così quell’ “eroico amore”: “Ella, come medico chirurgo, era ben consapevole di ciò a cui andava incontro, ma non indietreggiò davanti al sacrificio”.
Muore di peritonite settica, una settimana dopo la nascita della bambina. Ma prima che per l’eroica scelta finale, Gianna ci attrae con la compiutezza della sua avventura sponsale, che possiamo seguire attraverso le bellissime lettere che inviava a Pietro Molla, chiamandolo affettuosamente Pedrin d’or: è la prima volta che sentiamo un santo d’oggi parlare la lingua della tenerezza di coppia.
“Vorrei proprio farti felice ed essere quella che tu desideri” dice nella prima lettera, dopo che Pietro si è dichiarato (21 febbraio 1995). E nell’ultima: “Pietro mio, quanto ti penso! Come vorrei che tu fossi qui con noi. Grazie di tutto, Pedrin d’or, del tuo grandissimo amore, delle tue premure, della tua bontà” (4 febbraio 1961).
Non mancano le prove, si capisce, in questa avventura. Specie nell’attesa del secondo parto: “Caro Pietro, non avrei mai immaginato che si dovesse soffrire tanto a diventare mamma!” (II, 12). Ed ecco che la risorsa viene proprio dall’affetto sponsale: “Il tuo grande amore mi aiuterà a essere forte e a vincermi” (II, 4).

La consapevolezza di vivere un “grande amore” si esprime anche nei saluti finali, che si fanno più diretti, con il crescere dell’intimità:
Con affetto (I, 1),
Con tanto affetto ti abbraccio (I, 6),
Ti bacio e ti abbraccio con tutto l’affetto (I, 11),
Un forte abbraccio dalla tua Gianna (II, 10),
Ti bacio e torno a baciarti con tutto l’affetto (III, 18),
Ti bacio forte forte (III, 22),
Un fortissimo abbraccio (III, 25),
Ti bacio con tanto tanto affetto in attesa di riabbracciarti e stringerti forte forte (III, 31).

Ciò che nei saluti è implicito, diviene dichiarazione piena in alcuni passaggi più caldi delle lettere:
Pietro mio, sono tanto felice perché ti voglio bene e tu me ne vuoi altrettanto” (II, 1),
Il Signore benedica e preservi sempre questo nostro grande amore” (II, 3),
Come ti penso, Pietro, e ora che sei lontano capisco sempre più che ti voglio tanto bene e che senza di te non potrei più vivere” (II, 2),
Ti seguo e penso ogni momento nei tuoi viaggi, nel tuo lavoro, e ti sono vicinissima con tutto l’affetto e con tutto l’amore” (IV, 2).

La santità di una sposa non può essere che santità nel quotidiano. Una santità che – leggendo le lettere – avvertiamo come crescita nella comunione di tutta la vita con l’uomo che ha sposato: “Il celebrante non ha nemmeno il chierichetto, quindi il Signore è tutto per me, e per te, Pietro, perché ormai dove ci sono io, ci sei anche tu” (I, 4).
Ma santità nel quotidiano è ovviamente anche la cura della casa, dei bambini e della professione: lei è medico pediatra e oltre a lavorare nel proprio ambulatorio di Mesero, a cinque chilometri da Magenta, presta assistenza volontaria all’asilo nido delle suore e al consultorio per le mamme di Ponte Nuovo. C’è poi l’impegno nell’Azione cattolica. Il delicato rapporto con i suoceri. Il passaggio per la chiesa ogni giorno, se non è impedito dai malanni dei bimbi.
Infine la sua santità quotidiana è segnata dall’intreccio tra i momenti alti della vita di coppia a quelli più modesti, segnati – poniamo – dalla paura per gli spostamenti in aereo del marito. Gli scrive il 13 maggio 1959: “Ieri sera alla T.V. padre Mariano, parlando del vero amore del matrimonio, diceva che ‘il vero amore è l’amore che non dura un solo giorno, ma sempre’ e due sposi che sempre si sono amati, quando andranno in Paradiso s’accorgeranno che il tempo che si sono voluti bene è stato breve e gioiranno nel pensare che hanno tutta l’eternità dinanzi a loro, per continuare ad amarsi. Pedrin d’or, tu sai quanto ti amo, ti penso e ti desidero felice” (III, 12).
Gianna aveva fatto la coraggiosa, ai primi voli del marito: “Se ti stanchi di meno e fai più in fretta ti conviene senz’altro” (II, 24). Ma ora che Pietro è in America e vola quasi ogni giorno, lei smania a ogni notizia di incidente aereo e lo prega di usare il treno: “Mi spiace faccia tanto caldo e che per farmi contenta tu debba stancarti a viaggiare ore e ore in treno. Pazienza, Pedrin d’or, ma io sono più tranquilla non sapendoti in cielo” (III, 13). Questa dolce tirannia di sposa in ansia la confessa il 14 maggio 1959, il giorno dopo del racconto su padre Mariano e l’amore eterno!
“La mia sorella Gianna – disse don Giuseppe Beretta, uno dei dodici fratelli di Gianna, il giorno della beatificazione di lei, il 24 aprile 1994 – era una persona normalissima, amava la montagna, le gite, i bei vestiti. Ma aveva anche una grande fede e la viveva con coerenza totale. Noi ci saremmo meravigliati se – di fronte alle difficoltà di quella gravidanza – avesse fatto una scelta diversa”.
E’ l’intera avventura di un grande amore, cresciuto nelle prove della quotidianità, che offre a Gianna la forza della grande decisione in cui culmina la sua vita di sposa e di madre: “Questa volta sarà una maternità difficile – dice al marito e ai parenti – e dovranno salvare o l’uno o l’altra, e io voglio che salvino il mio bambino”.

Oltre al volume delle lettere, citato nel testo, può essere utile, per ricostruire la vicenda sponsale della santa, il volume scritto in collaborazione tra il marito ed Elio Guerriero, Santa Gianna Beretta Molla, Edizioni San Paolo, Cinisello Balsamo (Milano), 2004. C’è un sito ufficiale della Fondazione Santa Gianna Beretta Molla [via Monte Rosa 2, 20010 Mesero (Milano) – Italia] che ha pagine intitolate I suoi appunti, Le lettere, Testimonianze del marito.Il 3 aprile 2010 – Sabato Santo – è morto a 98 anni Pietro Molla, carico di anni e avendo avuto la fortuna incredibile di essere amato da una santa e di aver avuto la ventura di assistere alla sua canonizzazione.

[Testo pubblicato in Milizia Mariana, aprile 2004, aggiornato maggio 2010]

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