Gabriele Berionne: “Quando muoio voglio che nessuno pianga”

Dirigente della Banca d’Italia, romano di nascita, muore a 51 anni nel dicembre del 2000 lasciando un vivo attestato della sua fede nel testamento scritto tre mesi prima, quando si vide sconfitto dalla malattia che l’aveva colpito. Nell’invito a non piangere la sua morte e nella sobrietà con cui saluta i familiari troviamo il segno della personalità forte piena di ottimismo che ne aveva fatto un trascinatore in iniziative professionali e di volontariato. Nell’invocazione finale “vieni Signore Gesù, non tardare” (che parafrasa il versetto finale dell’Apocalisse: “Sì verrò presto. Amen. Vieni Signore Gesù”) si avverte un’eco della sua cultura biblica. Ecco il testamento firmato “Gabriele Berionne – domenica 24 settembre 2000, ore 16”:

Questa è una specie di testamento.
Disordinato, ma vero.
Quando muoio, voglio che nessuno pianga.
Nella vita ho cercato di costruire.
Se qualcosa ci sono riuscito,
ricordatemi per quello.
Chi costruisce vive,
partecipa all’opera tua, Signore.
Le mie cose vadano a chi le sa apprezzare,
altrimenti a chi ne ha bisogno.
Non mi interessa dove sarò sepolto.
Ho pensato al cimitero di Fianello,
possibilmente sotto terra
nel campo vicino Santa Maria.
Renata, ti amo più di ogni altra cosa sulla terra.
Michele e Stefano, vi amo.
mamma e papà, vi amo.
Gianni, ti amo.
Nonno Bindo, nonna Corinna,
nonno Giovanni, nonna
Erminia, zio Giovanni,
Filippo, vi amo tutti
anche quelli che non cito.
Amici, vi amo.
Colleghi – che siete anche amici – vi amo.
Amo tutti, tutti, tutti.
La meridiana dice:
ogni giorno mi illumino.

Anche se non c’è il sole
si può leggere l’icona.
Mio Signore, mio Dio, aiutami.
Signore Gesù Cristo, abbi pietà di me.
Vieni Signore Gesù, non tardare!

Gabriele Berionne nasce a Roma nel 1949, si laurea in diritto civile alla Sapienza, entra in Banca d’Italia nel 1972 dove svolge tutta la sua carriera e arriva nel 1999 alla nomina di Capo del Servizio Vigilanza sull’intermediazione finanziaria. Dal 1987 è consulente a tempo parziale della Commissione Parlamentare Antimafia. Quell’esperienza lo spinge, all’indomani dell’uccisione di Falcone e Borsellino, a costituire a Roma un “Comitato dei Lenzuoli” per parlare ai giovani con mostre, film, dibattiti, concerti. Partecipa a convegni sulla criminalità e sull’usura. Collabora con la Fondazione Internazionale Don Luigi Di Liegro. L’ultima impresa riguarda la Chiesa di Santa Maria in Fianello, frazione di Montebuono (Rieti), che fa restaurare e presso la quale chiede di essere sepolto.

Il testamento di Gabriele Berionne, alcune sue foto e molte notizie nel sito della fondazione che porta il suo nome.

[Giugno 2010]

 

Aggiunta dell’agosto 2011:

Avendo pubblicato questo profilo di Gabriele Berionne nel volume Cerco fatti di Vangelo 2 (EDB) arrivato nelle librerie nel marzo del 2011, tramite il comune amico Ciro Fusco la vedova Renata Ferraro Berionne mi fece avere una sua lettera con cui mi ringraziava e mi dava alcune informazioni che qui aggiungo al testo su Gabriele, perché aiutano a intendere le circostanze e il contenuto del “testamento”.

Quella lettera – scrive Renata – io l’ho trovata casualmente, aprendo l’agenda di mio marito, proprio la mattina del funerale e nostro figlio Stefano è riuscito, non senza tanta commozione, a leggerla in chiesa alla fine della Messa. Poi io l’ho inviata a tutti i nostri amici, ai parenti, ai suoi colleghi ed ex colleghi, persino al Presidente Ciampi.

Sono stata sposata con Gabriele poco più di 25 anni, e riconosco di dovergli molto. Era un’anima bella, una persona piena di entusiasmo, di certezze, di fede, di valori. Riusciva a dare un senso a tutto, alla vita quotidiana, al lavoro, alla religiosità, all’educazione dei figli, alla comprensione dei colleghi, alla crescita spirituale sua e di chi gli stava vicino. La Fondazione a lui intestata nasce dall’esigenza di continuare sulla sua scia, per trasmettere ad altri, possibilmente i giovani, valori e significati in grado di dare una svolta e un senso alla propria vita”.

Ho chiesto a Renata di aiutarmi a intendere il passaggio del testamento in cui Gabriele accenna a una meridiana: La meridiana dice: / ogni giorno mi illumino. / Anche se non c’è il sole / si può leggere l’icona. Questa è la sua risposta:

Le meridiane l’avevano sempre affascinato e collezionava motti e scritte che si trovano sulle meridiane da muro. Nell’estate del 2000 riuscimmo a realizzare il suo sogno di costruirne una sul muro della nostra casa di campagna: la graticola a segnare le ore (San Lorenzo è il santo patrono del borgo di Fianello), le chiese di Santa Maria di Fianello e San Pietro ai Muri Cento di Montebuono che si vedono dalla nostra casa e la scritta ‘Fermati a leggere’ che voleva essere un invito rivolto agli abitanti del borgo di chiederci in prestito libri da leggere. Avevamo anche organizzato per la fine di settembre l’inaugurazione ufficiale, con il sindaco, il parroco e la banda del pese. La festa ci fu, bellissima, partecipata e commovente: mancavamo solo noi due perchè l’indomani mattina Gabriele si sarebbe ricoverato per sottoporsi all’intervento che poi lo avrebbe portato alla fine. Io credo che quella pagina del testamento l’abbia scritta mentre in campagna gli amici applaudivano la nostra meridiana”.

Alla luce del racconto di Renata, il passaggio del testamento che richiama la meridiana può forse essere parafrasato così: Se qualcosa ho costruito, ricordatemi per quello. Ho cercato di costruire nell’amore e dunque è in esso che potrete meglio ritrovarmi. Come l’icona di una meridiana resta leggibile anche dopo il tramonto del sole, così il segno dell’amore resta comprensibile anche dopo la fine della vita terrena. E’ in questo spirito che alla fondazione che gli è stata intitolata è stato dato il motto “Chi costruisce vive”.

Lascia un commento