Maria Pia Giudici: “Non so il nome di quest’erba e mi dispiace”

Conobbi suor Maria Pia Giudici, eremita del Monte Taleo e maestra di vita spirituale, nel marzo del 2001 e a quella data risalgono questi appunti di una mia visita domenicale.

Suor Maria Pia ha un bello sguardo deciso. Accoglie con familiarità – per qualche ora – me, mia moglie e le due figlie più giovani. Io ho letto un suo libro, lei uno mio ed è come ci conoscessimo da una vita. Fa freddo oggi sul monte Taleo e lei subito fa accendere il fuoco: “Il fuoco è importante quando si deve parlare. Fratello fuoco ci fa compagnia con il caldo ma anche con la sua musica”.
Il libro che ho letto – “Stagioni dello spirito in una vita semplice” – descriveva gli animali, le piante, i sentieri e quasi ogni pietra e ogni scritta di questo eremo dell’accoglienza e noi ora ci divertiamo a trovare le cose lette. Ecco la cagnetta Senape, più grassa di come l’avevamo immaginata e il gatto Omen, che ci risulta invece più selvatico e le papere Clo-clò e Zi-zì che ti beccano più di qualsiasi papera da noi conosciuta.
Le ragazze non credevano che avremmo trovato davvero Senape e Omen e sono felici della rispondenza della realtà con il libro. Ma anche la faccia e l’anima di Maria Pia risponde perfettamente a quello che abbiamo letto.
La sua passione per la vita semplice: “Non conosco il nome di quest’erba e mi dispiace. A sapere il nome ti pare di capirle meglio le creature e non basta una vita a conoscerle e a goderle. Chissà che cosa troveremo in cielo se il Signore è stato capace di fare così bella la terra!”
Qui tutto ha nomi biblici. C’è il monte Calvario e la spianata della Resurrezione e il vecchio acero Samuel e le colombe Hesed e Rahamin. Maria Pia ci accompagna a una delle casette che si chiamano “Emmaus”, per presentarci Francesca e Massimiliano, una giovane coppia con un bimbo che si chiama Giovanni: “Hanno scelto per ora di vivere quassù un’atmosfera contemplativa, al ritmo del lavoro e della preghiera, in una vita alternativa a quella del correre e consumare. Un piccolo segno di tempi nuovi, per il vino nuovo del Vangelo”. Giovanni è inquieto sul suo seggiolone e Francesca dice al marito: “Vai tu all’Ora media, chè io finisco di farlo mangiare e poi arrivo”.
Maria Pia ha iniziato questa esperienza venendo qui, da Roma, con gruppi di giovani per dei fine settimana di lettura della Bibbia. Quasi naturalmente quelle uscite si sono stabilizzate e continuano a venire i giovani, le giovani coppie, amici di maggiore età e gruppi occasionali. Anche cinesi e sudamericani, di passaggio per Roma. Calamitati qui da amici comuni.
Al termine dell’Ora media, Maria Pia tiene una breve riflessione. Nessuno perde una parola. Lei tiene gli occhi chiusi, ma con l’anima non perde di vista nessuno. E’ un’esperienza – piccola ma forte – di una donna che ha la parola nella Chiesa. Ci parla della Pasqua che arriva, con il tono lieto di chi annuncia la venuta di un amico. La Chiesa – penso – sarà più bella quando le sue figlie profeteranno.
Il meglio è venuto a tavola. Povertà vera. Piatti e bicchieri di plastica sul tavolo di legno. Ma cibi buoni e ottima conversazione. Ero alla sinistra di Maria Pia, che aveva alla destra e davanti a sé due giovani donne venute casualmente: il primo contatto era avvenuto per un errore nel comporre un numero di telefono.
La più giovane fa le domande di chi viene da lontano e resta sorpreso di tutto: “Ho visto che qui ci sono tanti formalismi”. Maria Pia – che ha abbandonato tutto e da del tu a ognuno che glielo permette – non si secca neanche un poco e spiega con una pazienza che io non avrei la differenza tra forma e formalismo e dice che lì si vuol tenere conto della Bibbia e dei Sacramenti e dei Padri che ce l’hanno consegnata, ma non si tiene ad altro.
Conclude stupendamente la mia amica: “La preghiera certo la facciamo secondo la grande tradizione della Chiesa, ma tutto il resto qui è semplice e semplificato al massimo, proprio perché l’intenzione è di incontrare le persone, anzi ogni persona, fuori da ogni formalità. Per poterle incontrare e per  ascoltarle davvero”.

Maria Pia Giudici, suora salesiana, è nata a Viggiù, Varese nel 1922. E’ zia del vescovo di Pavia Giovanni Giudici. Ha insegnato lettere e si è interessata di educazione e media. Dal 1977 si è stabilita a Subiaco (Rm) per abitare con un pugno di consorelle l’eremo di san Biagio, sul monte Taleo, posto sopra il santuario benedettino del Sacro Speco. Tra le sue pubblicazioni: Gli angeli. Note esegetiche e spirituali (Città nuova 1995); Piccole storie dal Monte Taleo (Appunti di Viaggio 1997), Ritorniamo al cuore. Lectio divina di pagine bibliche e pensieri dei Padri (Ivi 1999), Il viaggio irrinunciabile. Lectio divina sul passaggio dalla dispersione all’essenzialità (Paoline 2007); Elogio della vita (Paoline 2009). Lei stessa così presenta l’ultimo di questi volumetti, dedicato alla libertà che si acquistare con gli anni: «Si tratta della libertà dalla tirannia del troppo fare, della possibilità di ‘sorseggiare’ il tempo e di scorgere anche le cose e gli eventi apparentemente piccoli come realtà di valore, se illuminate dalla parola di Dio, ascoltata e accolta nella quiete contemplativa nel cuore».

[Giugno 2010]

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