Michela e Renato Burigana abitano con tre figli in una canonica

Qui non siamo in missione fuori d’Italia ma in patria, a Firenze. Sempre di missione comunque si tratta se un vescovo chiede a una coppia di farsi carico di una parrocchia senza prete.

“Noi abitiamo al primo piano, perché al piano terreno abita Gesù”, dopo che nostro figlio Matteo, allora in prima  elementare, scrisse queste parole in un pensierino in cui doveva descrivere la sua casa, la maestra ci convocò subito. Quando arrivammo a scuola ci attendeva e mostrava  tutta la sua preoccupazione per quel bambino e per quel tema “singolare”.
Iniziammo così a spiegare che veramente abitavamo in una canonica, al primo piano, perché al piano terreno c’era la Chiesa oltre alle aule del catechismo per le attività ordinarie della Parrocchia. Nel corso degli anni, abbiamo più volte ripetuto quella spiegazione ad amici, conoscenti, genitori dei compagni di scuola dei nostri figli. E quando persone vengono a  trovarci, la visita della Chiesa e qualche parola su quello che facciamo, è sempre l’inizio.
Viviamo nella Parrocchia di Santa Lucia a Trespiano, piccola comunità sulla via Bolognese, non lontano dal centro di Firenze dal 29 aprile del 1990, giorno del nostro matrimonio. Tutto nasce dal nostro impegno all’interno della Chiesa, Michela a Como dove ha vissuto fino al matrimonio, e Renato a Firenze, città che non ha mai lasciato. Come tutti i fidanzati che decidono di sposarsi anche noi pensavamo a dove e come “mettere su casa”. Ci sarebbe piaciuto vivere in una comunità, essere insieme ad altre famiglie per condividere un percorso di fede, un cammino con famiglie magari più grandi di noi, dalle quali potevamo imparare . Ne parlammo con l’Arcivescovo di Firenze, Cardinal Silvano Piovanelli che ci chiese se eravamo disposti ad andare a vivere a Santa Lucia a Trespiano, dove era morto il parroco pochi mesi prima (…).
Il Cardinale Piovanelli, di fronte ad alcune piccole comunità che restavano senza parroco, a causa del non sufficiente numero di sacerdoti in Diocesi, intuì che alcune famiglie potevano andare ad abitare “in canonica” per svolgere una missione pastorale.
Quando decidemmo di sposarci, ne parlammo con l’Arcivescovo. Michela aveva impegni nella sua parrocchia di Como e Renato in quella di Firenze, il cardinale Piovanelli ci chiese se eravamo disponibili per questo nuovo servizio. La risposta fu un sì immediato. Era, e lo dicemmo al Vescovo e ai nostri genitori, quello che avevamo sempre sognato. Vivere in una comunità, aperti agli altri, condividendo insieme un cammino di fede, di lavoro, di compagnia (…).
In questi anni abbiamo cercato di curare molto il rapporto con gli adulti e con le famiglie. In particolare, prima di Natale e Pasqua, andiamo per un ritiro dalle Suore Agostiniane di clausura dell’eremo di Lecceto vicino a Siena. Partecipiamo, per due giorni, con le suore alla preghiera, provando nel silenzio, a “ricaricare le batterie” come dicono i parrocchiani. Da qualche anno un gruppo di famiglie trascorre una settimana di vacanze insieme durante l’estate.
Uno strumento per far partecipi gli altri della nostra familiarità è stato quello dell’adozione a distanza di bambine e bambine. Ecco allora che la Parrocchia, come tale, ha quattro bambini brasiliani in adozione. Poi diverse famiglie hanno deciso di adottare anche loro a distanza. Spesso quando i giovani si sposano, come prima azione decidono di adottare un bambino (…).
Nella diocesi fiorentina, sono oggi circa venti le piccole parrocchie “affidate” a famiglie. Alcune dove il marito è diacono permanente, altre come la nostra, dove entrambi siamo laici. Ma cosa vuole dire, cosa significa la nostra presenza? In questi anni, la nostra scelta di coppia, è diventata scelta familiare. I nostri tre figli, ciascuno con la propria età e quindi con la propria consapevolezza, si è inserito in questo percorso e ha portato il suo peculiare contributo (…).

Michela e Renato hanno raccontato la loro storia – da cui ho tratto questa antologia di brani – con un testo intitolato Una famiglia in canonica pubblicato dalla Rivista del clero italiano 12/2009, alle pp. 876-885. Per e-mail mi hanno aggiornato sui buoni sviluppi che l’intuizione del cardinale Piovanelli ha avuto con i suoi successori. Il 4 marzo 2010 l’arcivescovo Giuseppe Betori ha incontrato in Curia, a Firenze, tutte le famiglie “affidatarie” di parrocchie “per conoscerci e per incoraggiarci ad andare avanti: ritiene che questa esperienza sia positiva e da incrementare”.

[Giugno 2010]

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