Il linguaggio della Rete

Intervento all’Assemblea del Meic

su “Le Parole della Verità”

Domus Mariae – Sabato 22 ottobre 2011

 

Complicità del reale e del virtuale. La Rete è il regno del virtuale. Ma la Rete appartiene alla realtà. E dunque anche il virtuale – in radice – è reale. Questo si può dire efficacemente applicando all’era digitale un assioma scolastico: nulla è nella Rete che non sia stato prima nella realtà. Assioma da completare con il suo doppio speculare: nulla circola nella Rete senza che abbia un suo – sia pur minimo – riflesso sulla realtà.

Virtuale e reale sono mondi in profonda, nativa, inestricabile miscelazione.

Esempio della Madonnina dei Santi Marcellino e Pietro distrutta dai manifestanti violenti il 15 ottobre a Roma:

  • la distruzione avviene nella realtà
  • il video della collega Flavia Amabile la porta nella Rete
  • la circolazione in Rete influisce a sua volta sulla realtà e contribuisce a determinare la ricezione di quella manifestazione da parte dell’opinione pubblica.

La tendenza a separare la Rete dalla realtà, il virtuale dal reale, va combattuta. A difesa della responsabilità soggettiva, dell’identificabilità dell’internauta, della serietà di ciò che si dice e si fa.

Come non è accettato che qualcuno circoli mascherato nelle nostre città, così nessuno dovrebbe andare mascherato per la Rete, fatti salvi i casi di necessità delle dittature e delle persecuzioni. Non so come il diritto della Rete risolverà la questione. Io parlo di un’esigenza pedagogica, che è quella che qui ci interessa e ci interpella.

Tante volte abbiamo assistito a questa autodifesa: “Lei ha detto che i Down vanno eliminati” – “l’ho detto in internet”; “Lei ha scritto che gli zingari le fanno ribrezzo” – “ma l’ho scritto nel mio sito mica l’ho detto in Consiglio comunale”. E’ necessario arrivare – per pedagogia collettiva – ad attribuire alle affermazioni che si fanno nella Rete la stessa responsabilità che viene riconosciuta a quelle che si fanno nella realtà, e questo per l’ottima e sufficiente ragione che la Rete appartiene alla realtà.

C’è più violenza nella Rete che nella realtà. Il linguaggio della Rete tende a essere assertivo, conflittuale, violento. Occorre tener conto di questa tendenza nel proporsi di svolgere una pedagogia per contagio.

L’anonimato favorisce la violenza verbale, l’aggressione personale, l’incitamento alla trasgressione.

Problematiche che ne vengono alla Chiesa e al nostro essere Chiesa. Nella Rete c’è già molta circolazione cristiana, con i pregi e i difetti della circolazione cristiana che osserviamo nella realtà. D’abitudine la Rete accentua i difetti della comunicazione ecclesiale che già conosciamo “sul territorio”.

A volte enfatizzazioni ed estremizzazioni della Rete sono il frutto di strozzature della realtà: l’eccedenza per esempio, in Rete, dei tradizionalisti e degli indignati e delle sette. Spesso la Rete ospita ciò che la realtà discrimina.

Dicevo che c’è molta circolazione cristiana nella Rete, ma è timida la presenza ecclesiale dichiarata. Pochi sono i siti ecclesiali interattivi: aperti cioè alla partecipazione attiva dei visitatori. Parrocchie e diocesi hanno i loro siti, ma sono siti documentali, mentre la vera frontiera della comunicazione digitale è oggi quella interattiva. Immagino che da qui alla prossima assemblea il Meic renderà interattivo il suo ottimo sito.

Il che fare pedagogico. Verso i giovani, verso i mascherati, verso tutti.

Verso i giovani: per il recupero del principio di realtà e per il coinvolgimento in relazioni interpersonali sul territorio, senza fughe nel virtuale. Esempio del ragazzo ventenne che vuole “servire i poveri” la notte di capodanno e che non vuole indicazioni dalla famiglia ma dice: “Lo cerco in internet”. La ricerca in internet permette di restare liberi, non coinvolti, non responsabilizzati.

Verso i mascherati della Rete, paragonabili ai mascherati delle manifestazioni: per la tenuta e il recupero del principio di responsabilità. Una parola detta o scritta nella Rete deve avere copertura aurea, come nella realtà.

Verso tutti: promuovere l’uso della Rete come ponte; cito qui un’espressione di Giorgio La Pira costituente, riferita alla “parola da usare come ponte”, ricordata stamane da Renato Balduzzi. La Rete può unire e può dividere e dunque spetta ai suoi abitatori promuoverne un uso che unisca. Farsi prossimo nella Rete.

Conclusione. Attualmente viviamo una stagione di ebbrezza e di bulimia nei confronti della Rete – dobbiamo tendere a tornare sobri e responsabili.

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