Il buon samaritano delle donne di strada

A Novara c’è un’associazione, Liberazione e speranza, che si batte per liberare dagli sfruttatori le ragazze straniere costrette alla prostituzione: la nuova tratta delle schiave! Mi hanno invitato per una conferenza – presso la parrocchia San Francesco alla Rizzottaglia – e mi hanno regalato un libro intitolato Aurora e le altre (edizioni Interlinea, Novara 2004), scritto da Maria Adele Garavaglia, che racconta la storia di dieci donne liberate: Aurora e Stella del Benin, Sonia moldava, Joy, Sandra e Cinzia nigeriane, Flora brasiliana, Rudinia albanese, Alina romena, Oxana ucraina.
Qualche volta ad aiutare le donne a liberarsi sono gli stessi “clienti”: il peccatore che si fa samaritano. Ecco un primo caso riguardante Aurora. La ragazza, portata sulla strada dalla madame che la tiene prigioniera in casa, si rifiuta di trattare con i clienti. Tratta per lei la madame che poi la getta dentro l’auto di un avventore e richiude la portiera. Lei grida “aiuto, no prostituzione, polizia”. Il malcapitato ­– che “era di mezz’età, espressione dura di uomo d’affari, abituato a prendere decisioni rapide” – le dice”ok, se è quello che vuoi”, fa un’inversione e la porta dai carabinieri, a Borgoticino.
Il cliente parlotta con gli agenti, consegna loro la ragazza, se ne va salutando. Quando viene il momento del verbale, l’interprete chiede al maresciallo: “La ragazza vorrebbe ringraziare il suo salvatore, dice che è un angelo… va verbalizzato?
Nel libro non è scritto, ma a Novara mi hanno raccontato che quel “cliente” è anche andato a testimoniare in tribunale e la sua testimonianza è stata determinante per la condanna della madame.
A volte la buona volontà dei clienti non ottiene alcun effetto perché si risolve in consigli e prediche, o suppliche, come dice Joy: “Un ragazzo, Giorgio, si era pure innamorato di lei e l’aveva supplicata di togliersi dalla strada”.
Per lo più l’avventore compassionevole regala del denaro. Sandra la “prima volta” piange tutto il tempo e poi racconta che “i clienti mi hanno dato qualche soldo, senza esigere le prestazioni”.
Sempre Sandra ci informa in dettaglio sulle raccomandazioni che riceveva: “C’era chi mi faceva la predica, c’era chi mi diceva di togliermi dalla strada. La cosa più sorprendente mi è capitata quando due testimoni di Geova mi hanno detto: ‘Fare la prostituta è contrario alla volontà di Dio’. Accidenti se lo so, ma non ho scelto io di fare quella vita e l’avrei lasciata volentieri, se qualcuno mi avesse aiutato”.
Qualche volta è il cliente che salva la ragazza dalle grinfie dei magnaccia, ma più spesso sono dei passanti, o i volontari dell’associazione di salvataggio, o loro amici.
Alina per esempio viene accolta da un piccolo imprenditore, al quale è stata indirizzata da un cugino che si chiama Apostulu, che aveva lavorato nella fabbrica di colui: “Alina lo guardò e vide un’espressione buona sul faccione dell’uomo dalla testa pelata. Così si mise a piangere definitivamente, per sollievo”.
Ecco invece due ragazzi che si imbattono per caso nella pecora smarrita e se la mettono sulle spalle:
Qualcuno le si avvicina. “Si sente male? Possiamo fare qualcosa per lei?” E’ un giovane, accanto a lui una ragazza le sorride: “Possiamo aiutarla?”
“Io… aiuto, aiuto… io… no prostituzione, no!”
“Venga con noi” la sollecita la ragazza. “Non abbia paura, forse possiamo darle una mano”. La guidano verso la loro auto e ben presto arrivano a un condominio dove hanno una mansarda.
“Ecco si potrà fermare qui per questa notte. Domani la metteremo in contatto con un’associazione”.
Il racconto di Rudinia merita di essere riportato per esteso:
“Stai piangendo, stai male?” le chiese l’uomo, un cliente più gentile degli altri.
“Piango? Non me ne sono accorta. Sono così stanca… di tutto!”
“Ho capito”, interruppe l’uomo, “sei stata ingannata e ora non trovi il modo di uscire dal giro! Beh, adesso vedo che cosa posso fare”
“Perché mi vuoi aiutare?” Chiese Rudinia diffidente.
“Mi dispiace che le ragazze finiscano male per colpa dei delinquenti che le sfruttano. A domani, stai all’erta, ci vediamo”.
Altre volte a Rudinia erano capitati clienti che si erano interessati a lei, ma la seconda volta si erano comportati esattamente come sempre, come tutti gli altri. Non si stupì quindi di rivederlo la sera successiva. Stava per salire in auto, rassegnata, quando quello la fermò: “No, resta giù. Prendi questi soldi e tienti pronta per domani sera. Ti faccio scappare, se vuoi. Passerò io verso le 11 a prenderti. Ti porterò lontano da Torino. Ciao”.
La sera dopo attese col cuore in gola. L’uomo arrivò a mezzanotte, la caricò senza dir nulla e guidò in silenzio sino a Borgomanero, dove la depositò in un albergo.
“Ecco, buona fortuna. Di più non posso fare. Ho una moglie io. Fa’ in modo che non sappia che ti ho aiutato” le disse in fretta e ripartì.
Anche il samaritano della parabola porta il ferito in una locanda e paga l’oste per lui. Il personaggio inventato da Gesù promette di tornare, il nostro invece non può tornare perché è ammogliato, ma la sua carità la fa per intero.
Se buon samaritano è il soccorritore occasionale, lo è due volte chi organizza il soccorso. Andrea Lebra, presidente dell’associazione Liberazione e speranza, viene a prendermi alla stazione e mi riaccompagna la mattina dopo raccontandomi l’ultima “storia”, che ha ancora tra le mani e che riguarda una ragazzina di sedici anni: “Sedici anni e quattro mesi!” mi dice inorridito.
Lebra mi racconta che tre anni addietro l’associazione distribuì alcune centinaia di copie di una Lettera aperta al cliente responsabile, che invitava a prestare attenzione alla condizione delle ragazze, con la conclusione “se ti accorgi che non è libera, aiutala a liberarsi”. Dice che sono tanti i casi di collaborazione e stima in circa 150 le ragazze liberate dall’associazione in sei anni.
Gli chiedo infine se nell’associazione ci sono amici di Padre Pio: dice che “ce ne sono almeno tre generosissimi, che ogni anno vanno a San Giovanni Rotondo” e mi indica una piazzetta dove gli abitanti hanno voluto una statua del frate con le stimmate e dove chiamano il parroco a celebrare una o due volte l’anno.

Luigi Accattoli
Da La Voce di Padre Pio 7-8/2006

Lascia un commento