Ruggiero Peschechera

«Tu sai quante sono le stelle del cielo? Io ti voglio tante volte bene»

Ruggiero di Barletta ama Mariella che ha quattro anni meno di lui, la chiama amorino, rino e nanetta, puffetta, bambi e bambolina. Le scrive: “Tu sai quante sono le stelle del cielo? Io ti voglio tante volte bene”. La riporta alla fede, progettano e sognano. Ma lui si ammala di leucemia e di essa muore: a 23 anni, il 15 aprile 1992. Il loro amore dura un anno e mezzo, ma chi potrebbe dirne il valore? Riporto brani di due lettere di lui a lei: nella prima dice che il loro amore non finirà e nella seconda le indica che cosa dovrà fare, per restare fedele a quell’amore, quando lui sarà partito.
“Io ti voglio bene come non ne ho mai voluto a nessuna persona al mondo nella mia vita. Gesù solo riesce a leggere nel cuore degli uomini, ma so che anche tu hai capito quanto bene ti voglio. Anzi non potrai mai saperlo perché non lo so neppure io. Io so che è stato Dio a volerci fare incontrare perché potessimo sentirci così felici insieme. E’ vero insieme a te sono felicissimo. Ma ora sono nello stesso tempo tanto triste perché mi manchi assai (…) Io non so descriverti quello che sento per te. Anzi ti ho detto quello che mi fai sentire ma non so definirlo. So solo che nella mia vita al primo posto ci siete tu e Dio. (…) Dovrei chiudere con il solito “ti voglio tanto bene”, ma ti giuro che mi sembra poco rispetto a quello che provo per te. Il sentimento più bello che unisce due persone è l’amore. Spero che sia questo il vero sentimento che ci lega (…) L’amore che ci fa sentire Dio e che ci unisce come un tutt’uno è troppo grande e bello ma è proprio come il nostro amore perché non finirà mai”.
Questa lettera è del settembre del 1991. Quella tenerissima dell’addio è del dicembre di quell’anno:
“Per quanto riguarda te e me, ascolta. Conser­va per tutta la tua vita i miei regali e le mie lettere (se puoi tenere al polso il mio braccialetto, fallo perché io sarò sempre con te). Se vuoi rendermi fe­lice e fare piacere a Dio, il 19 ottobre di ogni anno dai quello che vuoi ai poveri. Io sarò in loro e nel tuo gesto d’amore. Così tu non mi dimenticherai (fai sempre il bene al tuo prossimo. Lo farai a me)! Infine, io cercherò di fare sentire la mia pre­senza perché non ti lascerò mai sola (se Dio vorrà così). Già basta quanto ti ho fatto male finora (TI AMO!!). Tu cercami e io sarò con te. Bene. Credo che sia tutto. Tu non abbando­nare mai Dio. Lui ci vuole bene. Anzi, ci ama, anche se noi uomini qui dobbiamo soffrire. Dimmi sempre una preghiera al mattino e una alla sera. Grazie per quello che hai fatto per me. Ti amerò sempre, anche lassù e non ti lascerò mai so­la. Vivrò in te. TI AMO. Tuo per sempre Ruggiero”.
Le lettere a Mariella sono state pubblicate nel 1994 in un bel volumetto della Piemme, con la presentazione di don Giovanni d’Ercole e il titolo Quante sono le stelle del cielo. Lettere di un amore infinito.
A dieci anni e più da quella pubblicazione, la memoria di Ruggiero non si è affievolita. Un’altra raccolta di suoi testi, scelti a formare quattordici “stazioni”, è stata pubblicata per la Quaresima del 2003, a cura del sacerdote di Barletta, Sabino Lattanzio: Alla Gloria attraverso la Croce. Via Crucis.
Il desiderio di Ruggiero di “aiutare il prossimo” è divenuto lo scopo di un “Comitato di solidarietà ‘Ruggiero Peschechera’. Sottosezione AIL Bari (Associazione italiana contro le leucemie). Sezione ADMO (Associazione donatori midollo osseo)”. Ruggiero era iscritto a queste e altre associazioni.
Nell’aprile del 1991 scrive alla “Fondazione Casa Sollievo della Sofferenza”, perché vorrebbe svolgere opera di volontariato presso quell’ospedale, al quale manda un’offerta.
Ruggiero è stato un grande amico di Padre Pio. Non l’ha conosciuto, ovviamente, poiché è nato il 19 ottobre 1968, cioè 26 giorni dopo la morte del Padre. Ma essendo di Barletta, va già da ragazzo – con i familiari – alla sua tomba, a San Giovanni Rotondo e vi torna più volte da adulto, dopo la scoperta della malattia.
Visita per la prima volta – da adulto – la tomba e il convento di Padre Pio il 25 di quel mese. Ci torna – per assistere alla messa nella chiesa santuario – tutte le volte che la salute glielo permette.
Alla fine di quel mese scrive a suor Bertilla Cafagna, una religiosa conosciuta a Barletta: “E’ un luogo bellissimo e di pace e ogni volta che ci vado sto molto meglio. La più bella frase che ho letto nel santuario è stata questa: Nell’amore è Gesù che ci diletta. Nel dolore siamo noi che dilettiamo lui. Quando sto giù di morale penso a questa frase e subito capisco di non essere solo”.
In un’altra lettera a Suor Bertilla si domanda se abbia sognato Padre Pio in compagnia della Madonna: “Era vestita di bianco e celeste e mi guardava. Dietro c’era la sagoma di un uomo di cui ho notato solo la barba: San Giuseppe, o Padre Pio? Come uno stupido mi sono spaventato e mi sono svegliato”.
Nelle visite a San Giovanni Rotondo, Ruggiero è accompagnato da Mariella. Nelle lettere che scrive alla ragazza, parla spesso dell’insegnamento che gli è venuto da Padre Pio, un insegnamento profondo, che attiene al ruolo della sofferenza nella vita cristiana: “Padre Pio ha sempre detto che non bisogna mai farsi sopraffare dalle sofferenze fisiche, perchè queste non devono intaccare il nostro spirito. La vera lotta è proprio questa: lo Spirito non deve mai essere sconfitto” (lettera del 28 ottobre 1991).
Mamma Gaetana mi racconta al telefono che durante l’ultimo periodo passato a casa, quando non era più in grado di uscire, Ruggiero le diceva: “Vorrei andare a San Giovanni Rotondo per salutare Padre Pio e pregare ai piedi della sua tomba, perchè lui mi sta sempre vicino”.
Le sue riflessioni sulla malattia risentono delle parole del frate di Pietrelcina, anche quando non lo cita. Ecco un esempio di questa discepolanza, in una lettera a una cugina, scritta dalla clinica di Lione il 28 dicembre 1991: “Quando si è consapevoli che soffrire vuol dire aiutare Gesù a portare la sua croce e a salvare tante anime, la sofferenza è coperta dalla gioia che ci dà il compito che ci è stato assegnato da Dio”.

Luigi Accattoli
Da La Voce di Padre Pio 2/2005

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