Lefebvriani: lo scisma nello scisma


Pressioni sul superiore della Fraternità perché non firmi l’accordo con il Papa

Articolo pubblicato da LIBERAL del 15 maggio 2012 alle pagine 14 e 15 con il titolo “Lo scisma nello scisma”

Non c’è Curia di preti senza corvi: è appena cessato – forse – lo stridìo di quelli vaticani ed ecco levarsene un altro dai cugini ancora più neri di Ecône (Svizzera), dov’è la Curia dei seguaci di Lefebvre. A finire sui media, stavolta, è uno scambio di lettere tra i tre vescovi tradizionalisti che contestano l’accordo con il Papa – dato per imminente – e il vescovo “superiore” della Fraternità che a quell’impresa sta lavorando. I tre vogliono far fallire l’intesa ed è accorso a dargli manforte il superiore del Distretto francese della Fraternità, che è il più organizzato.

La sfida è violenta e di giorno in giorno viene assumendo le sembianze di una guerra intestina che porterà o al fallimento delle trattative per il “rientro” nella piena comunione, o a uno scisma nello scisma: cioè al distacco degli irriducibili dalla componente – probabilmente maggioritaria – che rientra nei ranghi. La rottura della Fraternità è al momento la prospettiva più verosimile.

L’esito della sfida lo conosceremo in tempi brevi: domani – mercoledì – la Congregazione per la Dottrina della Fede dovrebbe “valutare” la risposta della Fraternità al “preambolo dottrinale” proposto dalla Santa Sede e se la valutazione fosse favorevole non resterebbe che il “placet” papale. I corvi dunque sono stati tempestivi.

Il negoziato tra la Santa Sede e la Fraternità San Pio X dura ormai da tre anni ed è dallo scorso settembre che Papa e Curia attendono che la Fraternità sottoscriva un “preambolo” in cui è affermata l’accettazione del Vaticano II con menzione esplicita dell’ecumenismo e della libertà religiosa, dal rifiuto dei quali è nato lo scisma. Fino alla metà di marzo dalla Fraternità era venuta la dichiarazione che quel “preambolo” non lo potevano firmare, accompagnata da controproposte che la Congregazione per la dottrina della Fede e il Papa hanno ritenuto “non sufficienti”. L’ultima risposta arrivata in Vaticano il 16 aprile, per posta elettronica, è parsa “sensibilmente diversa” dalle precedenti, tale da costituire – ha detto il portavoce Lombardi – “un passo avanti e un fatto incoraggiante”.

Non hanno detto che accettano il preambolo, ma che lo potrebbero accettare se venissero apportate alcune “integrazioni o precisazioni”. La Congregazione per la dottrina valuterà – forse già domani – le richieste e Benedetto prenderà una decisione. Ma che succederà se – poniamo alla fine di giugno, o in autunno – il vescovo Bernard Fellay firmasse il preambolo, in qualche modo integrato e precisato?

«Non posso escludere che si arrivi a una spaccatura» ha detto Fellay in un’intervista al Catholic News Service. Ed è ragionevole che la tema, dal momento che gli altri tre vescovi della Fraternità il 7 aprile gli avevano inviato una lettera con cui gli intimavano di non firmare: «Voi state conducendo la Fraternità a un punto di non ritorno e a una profonda e irreversibile divisione».

I tre vescovi che esprimono una “unanime opposizione formale a ogni accordo” sono Tissier de Mallerays, Alfonso de Gallareta e Richard Williamson (questi divenuto famoso per le sue posizioni negazioniste della Shoà), che insieme al superiore della “Fraternità San Pio X” Bernard Fellay furono ordinati da Lefebvre nel 1988 senza l’autorizzazione di Roma e perciò colpiti da scomunica. Divenuto Papa il cardinale Ratzinger i quattro gli chiesero il “ritiro” della scomunica in vista di un rientro della Fraternità nella “piena comunione”. Le scomuniche furono ritirate nel gennaio del 2009 e di lì a poco fu avviato il negoziato che ha portato al “preambolo” che ora sarebbe da ritoccare e firmare.

Ma i tre non concordano con il possibilismo di Fellay: «Le discussioni dottrinali – gli hanno scritto nella lettera pubblicata il 10 maggio da un sito tradizionalista, Riposte Catholique, che si colloca più a destra dei lefebvriani – hanno provato che un accordo è impossibile con la Roma attuale» perché «dopo il Concilio Vaticano II le autorità ufficiali della Chiesa si sono separate dalla verità cattolica e oggi si mostrano determinate come prima a rimanere fedeli alla dottrina e alla pratica conciliari».

Nella lettera dei tre – è questo il punto chiave per intendere la finalità di chi l’ha fatta “fuggire” – c’è un attacco aperto a Benedetto XVI: “Il pensiero del Papa attuale è impregnato di soggettivismo”. C’è in lui e nei suoi collaboratori un “pluralismo relativista e dialettico” che impedisce loro di “condannare la dottrina conciliare”

Insieme alla lettera dei tre, il sito tradizionalista ha pubblicato giovedì scorso la risposta di Fellay che è del 14 aprile ed è altrettanto dura: «Per voi Benedetto XVI è ancora il Papa legittimo? Se il Papa esprime una volontà legittima che ci riguarda, che è buona e che non ci ordina nulla di contrario ai comandamenti di Dio, abbiamo il diritto di rifiutare?» «Il Papa ci ha fatto sapere – scrive ancora Fellay – che la preoccupazione di regolare la nostra situazione per il bene della Chiesa alberga nel cuore stesso del suo Pontificato». «La vostra concezione della Chiesa – conclude Fellay con il tono di chi considera chiuso il discorso – è troppo umana e fatalista, voi vedete i pericoli, i complotti, le difficoltà, ma non vedete più l’assistenza della Grazia e dello Spirito Santo».

Come dicevo sopra, un altro attacco al Papa è venuto da “La Porte latine” – il sito ufficiale del Distretto di Francia della Fraternità San Pio X – nell’ultimo editoriale firmato da Régis de Cacqueray, superiore del Distretto: “Papa Benedetto XVI continua a coltivare gravi e profonde illusioni. La prima è quella di credere vivaci quei movimenti le cui forme inattese sono in realtà quelle di un cristianesimo assai degenerato. La seconda è di credere ancora, e con ostinazione, che gli insegnamenti del Concilio e del magistero post-conciliare possono servire di luce nella notte in cui gli spiriti sono piombati quando non la rendono che sempre più cupa”.

La conclusione suona come un proclama di rottura nel caso si arrivasse a un accordo: “Quanto a noi, dobbiamo continuare a nutrirci della fede pura, e di conseguenza, diffidare come dalla peste delle novità introdotte dal Concilio Vaticano II e dai Papi che sono venuti dopo il Concilio. E’ la fede il nostro grande tesoro e dobbiamo levarci tutti in piedi contro ciò che potrebbe diminuirla o metterla in pericolo”. Quando accenna ai “movimenti” apprezzati da Benedetto, Cacqueray allude ai Focolarini, ai Neocatecomunali, ai Carismatici e simili che il Papa ritiene utili per rifare missionaria la Chiesa Cattolica e che i tradizionalisti – invece – considerano incompatibili con l’ortodossia e l’ortoprassi tradizionali.

Sia i tre vescovi sia il superiore del Distretto di Francia appartengono alla frangia lefebvriana intransigente che ha giudicato “scandalose” la beatificazione di Papa Wojtyla e la convocazione della Giornata di Assisi dello scorso ottobre. Ma il Consiglio della Fraternità appoggia il superiore Fellay – avendo condotto con lui tutte le fasi dei “colloqui” con la Santa Sede – e appoggi importanti gli sono venuti da vari responsabili dei distretti: da quello della Germania Schmidberger (uomo di grande prestigio tra i tradizionalisti, essendo stato il primo successore di Lefebvre a capo della Fraternità) a quelli degli Stati Uniti, di Olanda e Belgio, dell’Asia.

Che dire di questa lotta interna alla Fraternità che suona quanto mai surreale a orecchie non accostumate al gergo tradizionalista? Sentire accusare di “soggettivismo” e di “relativismo” il povero Papa, che per la sua predicazione contro queste “insidie” si attira da sempre – e quantomeno da prima dell’elezione: cioè dall’omelia tenuta da cardinale decano alla vigilia del Conclave – l’avversione dell’ala innovatrice, è davvero troppo. Ne deduco che se l’accordo ci sarà, costoro si staccheranno dalla Fraternità. E sarà bene che ciò avvenga perché di tutto la Chiesa Romana potrà avere bisogno in questa stagione tranne che di una componente interna che accusi il Papa di eresia e tradimento.

Luigi Accattoli

www.luigiaccattoli.it

Commento

  1. […] Non c’è Curia di preti senza corvi: è appena cessato – forse – lo stridìo di quelli vaticani ed ecco levarsene un altro dai cugini ancora più neri di Ecône (Svizzera), dov’è la Curia dei seguaci di Lefebvre. A finire sui media, stavolta, è uno scambio di lettere tra i tre vescovi tradizionalisti che contestano l’accordo con il Papa – dato per imminente – e il vescovo “superiore” della Fraternità che a quell’impresa sta lavorando. I tre vogliono far fallire l’intesa ed è accorso a dargli manforte il superiore del Distretto francese della Fraternità, che è il più organizzato. E’ il corvino attacco di un mio articolo di aggiornamento sulla vicenda dei lefebvriani, pubblicato martedì da LIBERAL. […]

    17 Maggio, 2012 - 11:45

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