In morte di Vittorio Tranquilli: quando il giusto è solo un giusto

Stavolta parlo di Vittorio Tranquilli che era un personaggio ed è appena partito dopo 87 anni passati su questo pianeta beneficando tanti e aiutando altri a restare svegli. Eppure è difficile parlare di questo personaggio che era anche un poco mio amico – conosciuto nel 1970 nella Scuola italiana di scienze politiche ed economiche (SISPE) di Franco Rodano, Claudio Napoleoni, Michele Ranchetti – e mi chiedo la causa di questa difficoltà: sui quotidiani la sua morte l’abbiamo segnalata solo io sul Corriere della Sera del 5 luglio e Loris Campetti sul Manifesto dello steso giorno. Risposta provvisoria: è difficile oggi nei media parlare di un giusto che sia solo un giusto.

Se è anche un istrione, se ha una sponda politica, se muore tragicamente allora sì, potrai parlarne. Se invece il tuo “giusto” fa politica ma non ha un partito, se è cristiano ma è senza Chiesa, se conduce piccole iniziative di aiuto ai poveri della Bosnia e dell’Africa ma lo fa “senza portafoglio” e contestando ogni ufficialità, come potrai parlarne? “Non c’è nulla di piccante” rispondevano i capi del Corsera quando proponevo i miei “fatti di Vangelo”.

 

Volontario irriducibile

con un passato politico marcato

Vittorio – volontario irriducibile con un passato politico ben marcato – aveva una sua notorietà ed era amato da molti: se ne è avuta una riprova con l’affollata messa di addio del 6 luglio nella vasta chiesa parrocchiale di Santa Bernardetta Soubirous ai Colli Aniene. Toccante tra tutti il ricordo di Vittorio svolto da Marisa Cinciari Rodano con i suoi stupendi 91 anni: “Ti ho conosciuto come un uomo sempre vivo e sempre proiettato verso il futuro”.

Classe 1925, aveva fatto parte, ventenne, del Partito della Sinistra Cristiana di Rodano, restando poi sempre un uomo di sinistra e spesso di quella più indocile ma senza appartenenze definitive. Già nel maggio del 1943 era finito in carcere per attività politica clandestina. L’8 settembre lo trova militare a Brindisi, come allievo su una nave scuola dell’Accademia navale. Torna clandestinamente a casa e sarà attivo nella resistenza romana. Quando la Sinistra cristiana si scioglie (1945), entra con Rodano e altri nel Pci e viene incaricato di occuparsi per la Confederterra dei contadini dell’Abruzzo. Supera generosamente l’abbandono da parte della moglie Elisabetta e si occupa da solo della crescita dei figli Andrea e Marina, avuti da lei nel 1948 e nel 1950.

Il legame con Rodano (1920-1983) segna Vittorio e ne condiziona gli interessi saggistici. Il suo testo più impegnativo è intitolato Il concetto di lavoro da Aristotele a Calvino, pubblicato prima a capitoli dalla Rivista trimestrale lungo gli anni ’70 e poi in volume da Ricciardi nel 1979. Per un’idea della padronanza delle fonti bibliche, patristiche e teologiche che vi dimostra il nostro Vittorio consiglio di leggere il capitolo Le premesse teologiche del capitalismo. Nel primo capitolo del volume egli cita – si direbbe in tempo reale – il teologo Joseph Ratzinger di Introduzione al cristianesimo che era stato appena tradotto in italiano dalla Queriniana (1971).

 

Porta aiuti in Bosnia

e studia il cristianesimo africano

Un altro saggio che Vittorio pubblica in volume è Antonio Tatò: la resistenza, il sindacato (Edizioni di Storia e letteratura, Roma 2001), dal quale mi piace segnalare questo passaggio autobiografico: “Chi scrive ricorda bene cosa volesse dire per un giovane essere amico di Franco Rodano ventenne. Si cominciava a parlare di letture comuni (…) non si tardava però a parlare della situazione contemporanea, del fascismo, della guerra, finchè Rodano ti proponeva un impegno concreto di lotta antifascista (…). Alcuni di noi decisero per la partecipazione e fra questi, appunto, Antonio Tatò. Va però aggiunto che l’impegno politico a fianco di Rodano comportava il tacito riconoscimento di una sua sostanziale egemonia teoretica” (p.12).

Un Tranquilli tutto nuovo fiorirà nell’ultima stagione, una volta affrancato dal condizionamento “teoretico” e psicologico rodaniano e una volta lasciato il lavoro al ministero dei Trasporti. Vittorio inizia a occuparsi di volontariato con l’associazione ABC Solidarietà e pace (è stato tra i fondatori), che porta aiuti a paesi martoriati dalla guerra o dalla fame. Anche quando l’età lo costringe all’uso del bastone continua a viaggiare e a scrivere dei popoli che va ad aiutare. Mi dice Giorgio Massi, genero di Vittorio, che il nostro ha fatto più di trenta viaggi nella ex Jugoslavia e tre nella Guinea Bissau, dove va l’ultima volta nel 2007.

E’ del 2003 un suo studio sul cristianesimo africano – intitolato Una visita in Guinea Bissau – che si può leggere nel sito dei Circoli Dossetti e che apparve inizialmente nel fascicolo 28 della rivista Bailamme. Lo affascinava – durante i giri nei villaggi – la possibilità di “capire” quali “problemi si pongano ai missionari in Africa”, come possano “annunziare Cristo evitando di far violenza alle culture locali”, il lavoro complementare che svolgono come antropologi e linguisti, l’apporto delle suore: “donne meravigliose” che “rendono la missione più accettabile da tutti” e “parlano poco anche se fanno molto”.

 

Dalla talpa silenziosa

al picchio irriguardoso

Lo spirito anticonformista gli suggerisce i titoli colorati e fantasiosi dei siti internet di cui si fa animatore: Katciu-martel e Il Picchio a sinistra. Il katciu-martel è nella lingua creola guineense l’equivalente del nostro “picchio”, un uccello che laggiù è “considerato irrequieto, irriguardoso, intraprendente”. Vittorio si diverte a spiegare il significato delle due denominazioni richiamando Karl Marx che nel saggio sull’alienazione applica alla rivoluzione la metafora della “vecchia talpa che scava rapidamente”; metafora che Rodano amava citare come “il grande minatore, cioè il proletariato, la talpa di Marx”: e bisognerebbe averlo visto – Franco il peripatetico – che scandiva le tre frasi alzando il braccio mentre andava anti e indietro tra i banchi della sua università privata. Vittorio conserva memoria della metafora marxiana e rodaniana ma alla talpa silenziosa preferisce l’uccello martellatore, laborioso come quella ma non affatto silenzioso.

Anche nel volontariato Vittorio è un battitore libero. “Cerco di aiutare chi è dimenticato: ora tutti soccorrono i musulmani e i croati e io vado dai serbi che qui da noi sono demonizzati come aggressori” mi disse una volta che l’intervistai per il Corsera (14 maggio 1996). Parte in totale avventura, da solo con la sua sgangherata automobile, o con un amico camionista, o con un’amica interprete, dopo aver raccolto come poteva – per Roma – vestiti, medicinali, materiale scolastico, lettere di studenti e professori di una rete di gemellaggi tra una ventina di scuole romane e una decina di serbe. Tiene conferenze, realizza dei filmati. Studia il portoghese a 75 anni per andare in Guinea Bissau. Appena è il momento, si mette in internet.

 

Un volontario laico

che collabora con i missionari

Il superamento della vecchia esperienza politica è ormai netto: “Tra la realpolitik di D’Alema che fa bombardare Belgrado e l’etica del soccorso agli ultimi, Vittorio ha scelto questa” mi dice lo storico Giovanni Tassani che con Vittorio – custode dell’archivio Rodano – ha curato il volume delle Lezioni di storia possibile (Marietti, Genova 1986) che raccoglie, trascritte dal nastro, le lezioni tenute da Rodano nella sua scuola e che ebbi la ventura di seguire dal vivo.

Nel suo volontariato totalmente laico Vittorio fece i primi passi con il movimento Beati i costruttori di pace ma subito si mise in proprio, appoggiandosi magari ai missionari ma senza legarsi a loro e criticandoli volentieri. Una volta mi parlò dell’aiuto che gli venne da don Luigi Di Liegro, direttore della Caritas di Roma: “Al tempo delle guerre jugoslave mi fece avere con prontezza 600.000 lire per portare a Nis (Serbia) aiuti raccolti a favore di una colonna di profughi scappati di notte attraverso i monti, con donne e bambini, dai dintorni di Mostar”.

Tranquilli era “naturaliter cristiano” e da cristiano si è sempre comportato, ma grande era il suo pudore di praticante discontinuo. Dice Giorgio Massi che Vittorio “pregava qualche volta e si accostava ai sacramenti ma era in questo un irregolare: soltanto la figura di Gesù lo affascinava davvero”.

 

Ciò che realmente importa

è la fede nel Dio vivente

In  queste parole di un missionario in Guinea Bissau riferite da Vittorio nel  rapporto sulla visita del 2003 possiamo vedere riflesso il suo stesso atteggiamento: “Ciò che realmente importa è solo la fede nel Dio vivente, in Gesù Cristo con il suo Spirito, e nella Bibbia come parola di Dio attraverso la storia. Quanto alle forme liturgiche e ai simboli, sono eredità delle culture che il cristianesimo occidentale ha incontrato lungo il suo cammino”. Sempre in quel saggio riassume così – citando un altro missionario – “gli elementi essenziali del cristianesimo” che meritano di essere presentati agli africani facendo attenzione a non mescolarli a elementi della nostra cultura: “L’evento Gesù Cristo e la presenza dello Spirito nel cuore e in mezzo a coloro che credono e praticano la carità e il perdono verso i fratelli”.

Il parroco di Santa Bernadette, don Donato, ha scelto per il saluto a Vittorio il Vangelo delle donne al sepolcro e il brano dell’Esodo in cui Mosè invia esploratori nella Terra Promessa: bravo don Donato, davvero il nostro Vittorio è stato un esploratore di quanto ci fu e ci è promesso. Trovatosi una volta quasi sperduto alla vigilia di Natale sul confine tra Serbia e Ungheria, ospite casuale di una famiglia sconosciuta, di rientro a Roma ebbe a narrare all’interprete serbo-croata che quello per lui era stato “un Natale veramente Natale”. Il vero esploratore conosce il valore delle scoperte.

Luigi Accattoli

Da Il Regno 14/2012

Commento

  1. […] Stavolta parlo di Vittorio Tranquilli che era un personaggio ed è appena partito dopo 87 anni passati su questo pianeta beneficando tanti e aiutando altri a restare svegli. Eppure è difficile parlare di questo personaggio che era anche un poco mio amico – avendolo conosciuto nel 1970 nella Scuola italiana di scienze politiche ed economiche (SISPE) di Franco Rodano, Claudio Napoleoni, Michele Ranchetti – e mi chiedo la causa di questa difficoltà: sui quotidiani la sua morte l’abbiamo segnalata solo io sul “Corriere della Sera” del 5 luglio e Loris Campetti sul “Manifesto” dello steso giorno. Risposta provvisoria: è difficile oggi nei media parlare di un giusto che sia solo un giusto. E’ l’attacco di un mio ricordo del caro Vittorio pubblicato da IL REGNO 14/2012 e che segnalo qui nel trigesimo della morte: In morte di Vittorio Tranquilli. […]

    6 Agosto, 2012 - 22:55

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