In visita al Memoriale dei martiri dell’Isola Tiberina

Articolo pubblicato da “La Lettura” l’8 giugno 2012 a pagina 9 con il titolo “La cristianità riunita dai nuovi martiri”

C’è una pietra lanciata nell’agosto del 1938 dai manifestanti nazisti contro le finestre del vescovo di Rottenburg-Stuttgart, Sproll, oppositore del regime. Presto ci sarà una delle pietre con cui il corpo del prete polacco Popielusko fu affondato dai sicari comunisti nella Vistola nell’ottobre del 1984. C’è la mitria del vescovo Luigi Padovese accoltellato dall’autista musulmano in Turchia nel giugno del 2010. C’è un sandalo della missionaria cappuccina Inés Arango uccisa a colpi di lancia dai nativi dell’Amazzonia nel luglio del 1987: è forse in un sandalo che meglio leggiamo il segno delle reliquie povere dei nostri giorni.

E’ il “Memoriale dei martiri del XX e XXI secolo” che viene crescendo nella Basilica di San Bartolomeo all’Isola Tiberina: la Basilica ha mille anni, il Memoriale ne ha dieci ma stanno bene insieme perché già all’origine questa fu una chiesa “martiriale” nata per custodire le reliquie dell’apostolo Bartolomeo e di Sant’Adalberto, ucciso da predoni presso la costa baltica nell’anno 977.

San Bartolomeo non è più la vecchia chiesa che sonnecchia sotto il sole nelle prime scene dell’Avventura di Antonioni (1960) e non solo per il restauro che l’ha ravvivata: ha ritrovato folle e vita da quando il Papa polacco l’affidò nel 1993 alla Comunità di Sant’Egidio. Ogni giorno alle 20,30 si riempie di giovani per la preghiera della Comunità e sempre c’è gente in visita, attirata dagli antichi e dai nuovi martiri.

Le memorie dei “nuovi martiri” sono state distribuite nelle sei cappelle che si aprono lungo le pareti delle navate laterali, raggruppate per aree geografiche o per cause di martirio, tenendo conto dell’elencazione che ne fece Giovanni Paolo II durante la “Commemorazione dei Testimoni della fede del XX secolo” del maggio dell’anno 2000, uno degli eventi più nuovi del Grande Giubileo.

A partire dalla prima cappella della navata sinistra troviamo i martiri dell’Africa, della Spagna e del Messico, del Nazismo, del Comunismo, dell’America Latina, di “Asia, Oceania e Medio Oriente”. E’ in quest’ultima cappella che sono esposti la mitria del vescovo Padovese, il calice e la patena di don Andrea Santoro, prete romano ucciso da un ragazzo musulmano mentre pregava nella sua chiesa di Trebisonda nel febbraio del 2006.

Nel Memoriale non ci sono solo preti e vescovi, né solo i cattolici. Accanto alle memorie di Padovese e Santoro sono esposte una fascia, una medaglia e un bastone che tre “confratelli” laici anglicani avevano con sé quando furono uccisi nell’aprile del 2003 nell’isola melanesiana di Guadalcanal.

A ricordo dei martiri del nazismo troviamo lettere di oppositori cattolici e protestanti del nazismo (Franz Jaegerstaetter, Paul Schneider) e la scatolina nella quale Eugen Bolz, decapitato a Berlino nel gennaio del 1945, riceveva le ostie consacrate dalla moglie che lo visitava in carcere.

Tra le memorie spagnole c’è un crocifisso senza braccia recuperato dalle macerie di una chiesa catalana bruciata durante la guerra civile del 1936-1939. Tra quelle africane troviamo una Bibbia appartenuta a un giovane cattolico di Goma (Congo), Floribert Bwana-Chui, torturato e ucciso nel giugno 2007 per non essersi piegato a tentativi di corruzione. E un’altra Bibbia appartenuta a Evariste Kagorora, ucciso nell’aprile del 1994 in una chiesa del Ruanda, dove si era rifugiato durante il genocidio. E una croce appartenuta a Suor Leonella Sgorbati, uccisa a Mogadiscio nel settembre 2006.

Impressiona la vicinanza delle date: eravamo abituati a “reliquie” dei secoli lontani ed ecco foto e oggetti di uccisi ai nostri giorni. Una foto di André Jarlan ucciso a Santiago del Cile nel settembre del 1984 mentre leggeva la Bibbia, il pastorale del cardinale messicano Posadas Ocampo ucciso dai narcotrafficanti nel maggio del 1993, il messale di Oscar Arnulfo Romeno ucciso a San Salvador mentre celebrava la messa nel marzo del 1980.

I martiri del comunismo sono ricordati da una croce distribuita clandestinamente in Albania dopo il divieto, nel 1967, di ogni atto religioso; da un paraman (scapolare) di Sofián Boghiu archimandrita della Chiesa ortodossa di Romania, condannato a 16 anni di lavori forzati con l’accusa di attività anticomunista; da un rosario di padre Aleksandr Men’, prete ortodosso di Mosca, ucciso il 9 settembre 1990.

Nei locali della Basilica lavorò per un paio d’anni la Commissione giubilare “Nuovi Martiri” che in vista del Grande Giubileo raccolse 12.000 schede di cristiani morti di morte violenta nell’insieme del pianeta lungo il Novecento. Fu dunque spontaneo destinare la Basilica a sede del Memoriale. La zona dell’altare maggiore è illuminata dai colori di una grande icona apocalittica riassuntiva del martirio contemporaneo: vi fu collocata nel 2002 con una celebrazione ecumenica, presenti i cardinali Ruini, Kasper, George e il patriarca romeno ortodosso Teoctist. Nell’aprile del 2008 è venuto qui Papa Benedetto.

Le memorie esposte sono al momento una trentina ma vengono aumentando e don Angelo Romano, custode della Basilica, conta di acquisire una nuova area espositiva con il restauro della cripta appena completato. Internet e Youtube hanno un sito e un video per visite virtuali.

Luigi Accattoli

www.luigiaccattoli.it

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