Giuseppe Barbizzi: si fa “romeo” a 88 anni

Tutti mi hanno preso un po’ per matto quando dissi che volevo andare a Roma a piedi. Ma avevo fatto il voto, ormai avevo deciso. Ne avevo parlato al mio parroco e confessore e poi ho chiesto la benedizione del vescovo che me l’ha data. L’ho chiamato prima di partire e poi solo alla fine, non volevo disturbarlo perché ha tanto da fare. Gli ho detto: ‘Sono arrivato’. Era contento e quando si fanno contenti i vescovi si fa contenta tutta la Chiesa”: così Giuseppe Barbizzi, prete di Montalto, Ascoli Piceno, 88 anni, commenta con Avvenire il pellegrinaggio a Roma che ha compiuto in occasione del Grande Giubileo.

In talare, con un bastone di bambù nella mano destra, al collo un lungo rosario di legno, una borraccia in spalla, un paio di bretelle rifrangenti sopra la tonaca per farsi vedere dagli automobilisti. Unico aiuto: due nipoti che gli portano il bagaglio in automobile di tappa in tappa. Quindici chilometri al giorno percorsi in 16 giornate per un totale di quasi 250 lungo la via Salaria, in modo da essere a Roma per il Giubileo dei sacerdoti, il 18 maggio 2000. Passa la notte in case parrocchiali e case del clero, qualche volta in albergo. Aveva dimenticato a casa il Celebret, cioè il documento con cui un prete si accredita, quand’è in viaggio, per poter celebrare dove non lo conoscono: “Mi è capitato di incontrare qualche parroco che non si fidava, giustamente. Dicevo: ‘Mi faccia qualche domanda in latino, qualche domanda sulla fede’. Tutti mi hanno creduto”.

 

Salvatore Mazza, “I miei 250 chilometri a piedi per vedere Pietro”, Avvenire del 19 maggio 2000, p. 3.

 

[Settembre 2010]

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