Lina Biora: “Sto vivendo tutto con serenità essendo arrivata all’accettazione senza rassegnazione”

Stavolta narro con poche parole mie e molte sue la storia di una cristiana dei giorni nostri da me conosciuta quasi casualmente: Lina Sorrenti Biora, torinese, morta di tumore il 13 giugno 2012 a 65 anni. Un comune amico, Luigi Amigoni, padre somasco, fu all’origine della nostra conoscenza che poi trovò vie sue negli anni della malattia. Riporto qualcosa dei messaggi e-mail scambiati dall’aprile del 2009 al maggio del 2012. Ci sono stati anche degli incontri, sei in tutto, tre a Torino e tre a Roma. Ma la sostanza della nostra corrispondenza è nella ricerca dell’atteggiamento del cristiano nella malattia. Una ricerca che lei, colta e umile, conduceva con docilità e che io – come potevo – accompagnavo.

Il primo accenno al male è dell’11 gennaio 2009: “E’ questa una fase molto speciale della mia vita, che ha aperto nuovi orizzonti e che al momento riesco a vivere, nonostante tutto, come una benedizione”.

Tre mesi più tardi mi scrive le parole che ritengo centrali della sua vicenda con i medici e con il Signore: “Sto vivendo tutto con serenità, dopo aver superato le varie fasi ed essere arrivata all’accettazione, senza rassegnazione. La malattia è comunque una grande esperienza che se vissuta in un certo modo, ti fa cambiare, ti arricchisce e porta del bene anche a chi ti è accanto” [12.04.09]. Accettazione senza rassegnazione mi pare un buon motto, lo leggo nello spirito di Paolo, 2 Corinti 6, 10: “Afflitti ma sempre lieti”.

Già quattro mesi prima aveva inviato auguri di Natale con parole analoghe a un’amica romana di nome Elvira, che me le ha trasmesse: “Mai come quest’anno, per accadimenti diversi, mi sono sentita pacificata e ho avuto la sensazione di vivere in pienezza il Natale. Sono approdata alla fase dell’accettazione e dell’offerta della malattia. Riesco, ora, a considerare anche questo una benedizione, da cui mi sento avvolta”.

Il 5 agosto 2009 avviene il primo incontro romano a una messa del padre Amigoni che tre giorni dopo così commenta: “La cripta di sant’Alessio e le mani alzate per la preghiera del Padre nostro sono il ricordo che custodirò (…). La recidiva della mia malattia è stata per il momento neutralizzata, questo vuol dire che nell’immediato futuro non ci sarà più chemio. E il resto sarà… vita, da vivere con gioia e in rendimento di grazie”. Lina fa consistere il suo rendimento di grazie nell’onorare la vita, nel goderla.

Torna presto la chemio e torna la parola “accettazione”: “Non voglio renderti triste, non lo sono neanch’io in questo momento. Semplicemente mi sembrava giusto farti partecipe. Sono fiduciosa di poter superare ancora questo passaggio accettandolo e vivendolo, cercando di trarne insegnamento. Sono circondata da grande, grandissimo affetto a cui attingo a piene mani” [12.11.09].

Altra parola chiave è “affidamento”, qui compare negli auguri per il Natale 2009: “In questi giorni ho visto e raccolto lacrime di persone care ma anche gioia e trepidazione di bimbi in attesa. Buon Natale di speranza, di fiducia, di affidamento”.

Lina segue il mio blog. In esso pubblico una Parabola del medico che poteva operare miracoli (30 luglio 2009) nella quale nomino “quelli che la chemio aveva fatto calvi”. Lei vi si riconosce e giusto un anno dopo mi dà questo riscontro: “Caro Luigi, è passato un anno, i capelli sono tornati e insieme ad essi, alcuni semi di speranza che ben lasciano immaginare prospettive di risanamento. Per tutto ho ringraziato il Signore e lo faccio anche ora, insieme a te” [30.07.10].

Con incredibile libertà mi regala libri che parlano di malattie e io la ricambio con la stessa libertà e lei così reagisce: “Che bello e che gioia leggerti! Sto bene, nonostante tutto! Il problema non è ancora risolto ma sono tranquilla. Tanti sono i motivi e le circostanze che mi spronano ad accettare pienamente e a vivere al meglio quanto accade” [14.09.10].

Con i post del mio blog sviluppo una specie di novena sull’attesa del Natale e lei – nonna affettuosa – mi confida “l’attesa più grande: la possibilità di avere discreta salute per vedere crescere e continuare ad amare i miei nipoti” [24/12/10].

Un pellegrinaggio in Terra Santa la riempie di gratitudine ma è grata anche di una nevicata piemontese, capace sempre di restare “serena” nella precarietà: “Ho trascorso una settimana incredibile, densa di emozioni, pensieri, preghiere, ricordi, con balzi tra passato e presente e qualche incerto ma sereno pensiero sul futuro. Ho letto che sei tornato in Piemonte e hai gioito per il paesaggio sotto la neve. Sono riuscita anch’io a vedere la nevicata, forse l’ultima di questo inverno” [05/03/11].

Il male si aggrava. Le chiedo se posso vederla in occasione di una mia puntata a Torino per la Fiera del Libro e lei – gioiosa – organizza il nostro ultimo incontro: “Io purtroppo da due mesi a questa parte non guido più e sono limitata nei miei movimenti. E’ felice però di fare la tua conoscenza e di accompagnarmi in questo giro, mia figlia. Quindi veniamo a prenderti in albergo per le 8,15…” [09.05.12].

Sono state ore di luce, lievitate dall’arte di vivere pellegrina che aveva maturato e che in un testo riportato sopra denomina come “vivere al meglio quanto accade”.

Rientrato a Roma le ho inviato in ringraziamento questa e-mail: “Lina cara è stato bello incontrarci ancora una volta pur nella tua fatica. ‘E’ stata un’ottima proposta quella di stare insieme a messa perché quest’anno non penso che potrò venire a Sant’Alessio’, hai detto subito. Ogni momento di quelle due ore e mezza è stato fruttuoso. Grazia che sposta il seggiolino dal sedile posteriore dell’automobile perché io mi possa sedere accanto a te. Tu che mi spieghi sveltamente il percorso e gli orari e mi mostri la tua casa e il Castello di Moncalieri e dici ‘questo è il nostro quartiere, questa la nostra chiesa’. Hai rievocato il nostro primo incontro a ‘Torino Spiritualità’ nel 2005 e come ti eri decisa – con l’aiuto di un’amica – a presentarti e a salutarmi. ‘Per fortuna che l’ho fatto’ dicevi. Mi avevi stampato da internet le notizie sulla chiesa alla quale mi hai portato, Santa Maria di Testona: ‘Così le potrai leggere con comodo’. Quando siamo arrivati al centro di Moncalieri hai commentato che ‘sarebbe stato più bello venire a messa qui ma bisogna salire troppi gradini’. Hai mandato Grazia a comprare i gianduiotti da regalarmi e hai scelto il bar: ‘Andiamo a salire più avanti ché ci sono meno gradini’. Cadeva qualche goccia di pioggia, la banda suonava. ‘Più tardi ci saranno le prime comunioni’ mi dicevi. Un poco ti appoggiavi a Grazia e un poco a me. ‘Con l’aiuto di tutti vado avanti’ dicevi. E ancora: ‘Ci vuole pazienza ma va bene anche così’. Ti avevo portato i due libri che nella giornata avrei presentato al Salone. ‘Ho pensato di trattarti come se tu stessi bene’, ho detto e ti sei fatta una bella risata dicendo ‘ma sì, anche in queste situazioni è bene ridere un po’ di noi stessi’. Infine il Lingotto dove hai detto: ‘Luigi io non scendo, ti saluto da qui’. E mi spiegavi come avrei dovuto fare al ritorno, con i taxi o con la metropolitana”.

Rispose festosa al mio messaggio narrativo: “Luigi caro, riassumo il tuo scritto, che mi ha lasciata letteralmente senza fiato e con grande commozione, con le parole: ‘Ho pensato di trattarti come se tu stessi bene’. Grazie Luigi per questa tua sapiente scelta che ho messo accanto alla tua mano che stringeva la mia, già al momento del canto d’inizio della messa. Ogni altra parola sarebbe superflua” [15.05.12].

Le scrivo ancora il 21 maggio per dirle che il giorno prima, l’avevamo ricordata a messa, Isa ed io. Risponde il 22 che anche lei a messa ci ha ricordati “rinnovando in me, gli stessi sentimenti di gioia di partecipazione e di gratitudine al buon Dio”. Sono le ultime parole che mi ha donato.

Il marito Beppe, i figli Grazia e Gabriele, l’amico p. Amigoni mi hanno narrato altre sue parole, a partire da queste: “Oggi me la voglio proprio prendere con calma”, che era diventato un suo motto nell’ultima stagione che la costringeva a ritagliare spazi vivibili in giornate tribolate.

Poi una parola più impegnativa, quasi cristologica, da riferire cioè al “do compimento a ciò che, dei patimenti di Cristo, manca nella mia carne” (Colossesi 1, 24). La dice a Grazia in risposta a una sua protesta per le sofferenze della mamma: “Perché proprio a te?” Lina le risponde: “Ma perché non a me?” “Come a dire: chi sono io per non condividere le sofferenze di tutti, per non essere degna di patire per il Signore?” Questo commento è del padre Amigoni che mi ha passato due e-mail di Lina sulla capacità di nominare la morte: “La parola ‘morte’ non è presente quando parlo con altri, e pensandoci bene forse mi darebbe anche fastidio” (07.11.10); “La levità e il modo quasi gioioso con cui parliamo, da tempo ormai, della malattia e della fine della vita non ha riscontro con altre persone. So che, nonostante tutto questo, i momenti tristi e insopportabili arriveranno ma intanto vivo gioiosamente e serena” [28.11.10].

Infine l’ultima parola, nella difficoltà del respiro, poco prima del trapasso: “Aiutami”. Le tenevano la mano e le regolavano l’ossigeno Beppe e Grazia ma la loro impressione è che quella parola avesse altro destinatario. Le aggiustano il cuscino e lei ripete “aiutami”: “Il suo sguardo però, assai provato, era rivolto non a noi che stavamo ai lati del letto, ma un po’ verso l’alto davanti a sé. Il tono della voce era dolce ma fermo allo stesso tempo”.

Luigi Accattoli

Il Regno 18/2012

Commento

  1. […] “Sto vivendo tutto con serenità, dopo aver superato le varie fasi ed essere arrivata all’accettazione, senza rassegnazione. La malattia è comunque una grande esperienza che se vissuta in un certo modo, ti fa cambiare, ti arricchisce e porta del bene anche a chi ti è accanto”: sono parole rivolte a me da un’amica – Lina Biora – che è stata straordinariamente mite e forte nella malattia che se l’è presa lo scorso giugno. Trovi la sua storia nella pagina CERCO FATTI DI VANGELO elencata sotto la mia foto, al capitolo 7. La vita è mutata ma non è tolta, paragrafo b. Il santo è colui che acconsente alla morte, con il titolo Parole di Lina Biora nel fuoco della malattia. […]

    22 Novembre, 2012 - 9:40

Lascia un commento