Andrea Zanotti racconta il suo viaggio estremo ai confini della vita

Terapia intensiva e sei giorni di casco: Andrea Zanotti, 64 anni, docente di diritto canonico a Bologna e presidente del Coro Sosat, racconta il 19 febbraio 2021 sul “Corriere del Trentino” – quotidiano di cui è collaboratore – la sua partita a scacchi con la morte, culminata nelle due settimane finali del 2020.

4 Comments

  1. Luigi Accattoli

    Oltre i regni della terra. La sequenza del racconto è drammatica: la febbre che arriva a 40.1, tre corse al pronto soccorso, “il ricovero all’ospedale di Rovereto, dove arrivo col saturimetro che segna 81: boccheggio, la sensazione è quella di essere a cinquemila metri di quota, ogni gesto costa fatica e va calcolato”.
    Ed eccoci al viaggio estremo: “Mi infilano un casco ad alta intensità che terrò per sei giorni. La testa è, letteralmente, nel pallone ed entro in uno stato di febbrile semi incoscienza che mi conduce in un viaggio estremo, ai confini della vita. Alterno tratti lucidi di esistenza a conversazioni con persone che non ci sono più, già compagni di viaggio importanti. Sono dialoghi – di cui conservo perfetta memoria – orientati ad un unico fine: quello di comunicarmi che non è ancora giunto il mio tempo. Così mio padre ricorda di essere morto a centouno anni e mi sollecita a godermi il futuro; Lucio Dalla si rimprovera di essere deceduto in Svizzera invece che in Piazza Maggiore come era destino, affermando categoricamente che una camera d’ospedale era, per me, un luogo inadatto […]. Nella nostra presuntuosa aridità di postmoderni abbiamo liquidato sbrigativamente il cielo: ed invece esiste una continuità misteriosa tra i regni della terra e quelli oltremondani, intessuto di dialoghi e presenze preziosi. Sono evidentemente su di una soglia: mi sono affacciato ad una regione cui normalmente i vivi non hanno accesso. In quello spazio si gioca il punto di equilibrio vero, dove bisogna prendersi per i capelli e riemergere dall’abisso; e nessuno può farlo per te”.

    2 Marzo, 2021 - 22:15
  2. Luigi Accattoli

    Il Piccolo di Nazareth. La festa della Natività è funestata da immagini di morte: “Proprio il giorno di Natale, qualcuno non ce l’ha fatta ed è rimasto prigioniero del gorgo, per sempre. Avevo cercato invano una traccia del Bimbo e del suo sorriso per tutto il giorno tra il ronzio e le luci dei monitor e delle macchine della rianimazione: poi, nel pomeriggio, un letto è passato davanti al mio, con dentro un uomo cucito in sudario verde. Immagino chi sia, ma non ne cerco conferma. Ecco perché non avevamo visto il Piccolo di Nazareth, aveva avuto altro da fare: vegliare una creatura che da sola si era avvicinata al dunque, al momento supremo nel quale il nostro sembiante scolora”.
    A capodanno il nostro è ancora in ospedale ma “per fortuna non più in rianimazione”.
    Nel finale della narrazione Zanotti fa memoria dei compagni di pandemia che non ce l’hanno fatta: “Queste poche righe sono dedicate a loro, ai più fragili e agli anziani: a coloro ai quali le motivazioni e risorse interiori non sono state sufficienti, nella devastazione del virus, per rimanere attaccati, con i denti, alla vita […] ai molti del Coronavirus capitolati in un esilio crudele: soffocati dalla mancanza di quell’alito di vita, di quel respiro che Dio dona, nel racconto del Libro, ad ogni creatura. Nei giorni difficili, quelle solitudini le abbiamo avvertite su di noi, ne abbiamo intuito il dramma. A quelle desolate lontananze va il pensiero di uno che ha ritrovato la via di casa, che è tornato a mettere un po’ di legna nel fuoco”.

    2 Marzo, 2021 - 22:16
  3. Molto belkle queste storie, certo assai tristi.

    3 Marzo, 2021 - 5:59

Lascia un commento