Pio e Leopoldo: due santi del confessionale e della Misericordia

Pubblicato dal “Corriere della Sera” del 2 febbraio 2016 a pagina 19

 

CITTA’ DEL VATICANO – “Traslazione temporanea a Roma delle spoglie di San Pio da Pietrelcina e di San Leopoldo Mandi?”: è questa la denominazione ufficiale del primo evento straordinario dell’Anno Santo che è iniziato l’8 dicembre. Le urne dei due santi cappuccini, che furono grandi confessori e dunque “testimoni della misericordia”, saranno a Roma dal 3 all’11 di questo mese, esposte prima a San Lorenzo fuori le Mura e poi a San Pietro, vicino alla Porta Santa.

San Leopoldo Mandic (1866-1942), montenegrino vissuto a Padova, fu proclamato santo da Giovanni Paolo II nel 1983. Sempre il Papa polacco ha poi fatto santo Padre Pio (1887-1968) nel 2002. Ambedue confessavano anche per dieci, quindici ore al giorno. Chi si confessava da loro, da loro tornava e portava altri “penitenti”.

Le urne con i corpi dei due santi arriveranno a Roma dopodomani 3 febbraio, per tutta la giornata del 4 saranno esposte nella basilica di san Lorenzo fuori le Mura che è affidata ai Cappuccini, il 5 verranno portate a San Pietro.

Leopoldo Mandic aveva fama di essere di “manica larga” con i penitenti e di assolvere tutti “senza discernimento”: “Non può essere cristianesimo quello che non è fatto di amore, compassione e misericordia” era la sua riposta alle obiezioni. Padre Pio invece fu descritto da molti come un confessore severo, capace anche di cacciare dal confessionale o di rimproverare a voce alta chi andava a confessarsi “senza vero pentimento”.

La biografia sulla quale è stato condotto il processo di canonizzazione riporta diverse “sfuriate” di Padre Pio, narrate dalle persone che erano andate a confessarsi, avevano ricevuto quel brusco trattamento e in seguito – “pentite” – erano state assolte.

Eccone quattro di quelle sfuriate: “Sciagurato, hai venduto l’anima al diavolo!”; “Sciagurato, tu vai all’inferno!”; “Sciagurata va’ a vestirti!”; “Non vedi quanto sei nero? Vai a rimettere le cose a posto, cambia vita”.

Di quelle invettive lo stesso Padre Pio era preoccupato e così ne scrive al suo confessore: “Mi rammarico soltanto che, senza volerlo e senza avvertirlo, qualche volta mi accade di alzare un po’ la voce in ciò che riguarda la correzione. Conosco essere una debolezza riprovevole, ma come fare per poterla evitare se mi accade senza accorgermene? Eppure, prego, gemo, mi lamento con nostro Signore per questo, ma non ancora mi esaudisce a pieno. E nonostante tutta la vigilanza che pongo in questo, qualche volta mi tocca fare quello che purtroppo io abborrisco e voglio evitare. Continuate anche voi a raccomandarmi alla divina pietà” (lettera del 14 giugno 1920 a padre Benedetto: Epistolario I, p. 1170).

Tra i “doni” straordinari posseduti da Padre Pio (dal segno delle stimmate alla previsione di accadimenti futuri) i testimoni della causa che l’ha fatto santo citano anche quello del “discernimento degli spiriti”: egli cioè in qualche modo intuiva la situazione di chi si confessava da lui.

Ai confratelli che gli chiedevano quante volte si potesse o dovesse assolvere chi ricadeva nello stesso peccato, diceva: “Puoi dargli l’assoluzione una prima volta, una seconda volta, ma la terza volta! Vuoi tu profanare un sacramento che costa il sangue di Cristo e tradire il fratello?”.

Una sua penitente, Emma Dell’Orto, fu da lui scacciata in occasione della confessione pasquale del 1958. Un comune amico provò a intercedere per lei e si sentì rispondere così da Padre Pio: “Cosa credi? Che io abbia il cuore di sasso? L’ho fatto per il suo bene. La mia benedizione l’accompagnerà sempre”.

Il suo modo di essere aspro aveva una ragione personale, l’indole ardente attestata da tutti coloro che vissero con lui, e una culturale: parlava e si rapportava con il linguaggio e gli atteggiamenti della gente tra la quale era nato e cresciuto. Ma su quella base decisiva era poi la ragione pastorale della sua severità: egli riteneva che il “pentimento” di chi andava a confessarsi andasse aiutato e in qualche modo provocato dal confessore, se nel penitente non era già maturo. Le sue sfuriate erano portatrici della sua intenzione d’essere misericordioso.

In una lettera del 20 novembre 1921 a un confratello dà una descrizione drammatica del ruolo del confessore, che riteneva fosse chiamato a scansare dal peccatore la punizione del cielo: “Vedere Dio che è sul punto di scaricare i suoi fulmini, e per pararli altro rimedio non vi è se non alzando una mano a trattenere il suo braccio, e l’altra rivolgerla concitata al fratello, che gitti via il male e che si scosti da quel luogo dov’è, perché la mano del giudice è per scaricarsi su di esso”.

Padre Pio è un confessore all’antica. Egli è il tipico santo contadino dell’Italia meridionale portatore di una pietà ispirata alla passione di Cristo e al sangue che esce dalle sue piaghe, come si vede nei crocifissi d’epoca barocca. Ha un forte senso del peccato e della presenza di Satana nel mondo. La parola “misericordia” quasi non figura nei quattro volumi del suo epistolario. L’ho rintracciata appena tre volte.

Di sicuro Papa Francesco con la sua insistenza su Dio che “perdona sempre e perdona tutto” si trova meglio con Leopoldo Mandic che con Padre Pio, ma per il Giubileo li ha voluti ambedue e li ha voluti insieme, forse a segnalare che il confessore dev’essere a un tempo giusto e accogliente, ovvero misericordioso.

Parlando ai preti di Roma il 6 marzo 2014 Francesco ha così descritto la questione dell’atteggiamento da tenere in confessionale: “Che tra i confessori ci siano differenze di stile è normale, ma queste differenze non possono riguardare la sostanza, cioè la sana dottrina morale e la misericordia. Né il lassista né il rigorista rende testimonianza a Gesù Cristo, perché né l’uno né l’altro si fa carico della persona che incontra. Il rigorista si lava le mani: infatti la inchioda alla legge intesa in modo freddo e rigido; il lassista invece si lava le mani: solo apparentemente è misericordioso, ma in realtà non prende sul serio il problema di quella coscienza, minimizzando il peccato”.

“La vera misericordia – disse ancora in quell’occasione il Papa – si fa carico della persona, la ascolta attentamente, si accosta con rispetto e con verità alla sua situazione, e la accompagna nel cammino della riconciliazione. E questo è faticoso, sì, certamente. Il sacerdote veramente misericordioso si comporta come il Buon Samaritano: ma perché lo fa? Perché il suo cuore è capace di compassione, è il cuore di Cristo!”.

Bergoglio ha visto nei due santi cappuccini le due modalità che si offrono al confessore per essere misericordioso facendosi carico della situazione di chi si confessa.

Luigi Accattoli

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