Baget Bozzo è stato un grande: parlava di Dio nella lingua dell’epoca

“Gianni Baget Bozzo è stato un grande: ma di quale grandezza? E su quale delle tante cattedre, pulpiti, testate, microfoni che gli furono offerti?”: è l’attacco ad effetto di un mio profilo del prete e politico genovese pubblicato da Il Regno 18/2021 per la serie Sulle spalle di giganti. Qui il link al mio testo e nei primi due commenti un paio di passaggi.

3 Comments

  1. Luigi Accattoli

    Voci di grandezza. E’ un’esperienza frequente di chi conversava con lui a un livello di buon impegno: mentre l’interlocutore restava spiazzato dalle tumultuose addizioni e contraddizioni, lui, don Gianni, appariva affascinato dalla percezione magari improvvisa, a guizzo d’occhi, delle due facce di una questione.
    Ma detto lo sconcerto del primo approccio alla mobilità del nostro, veniamo alle voci della grandezza che può essergli riconosciuta.
    L’intelligenza del nuovo, la capacità di linguaggio, il coraggio di esporsi.
    La rivendicazione della libertà di scelta politica per i cattolici, in anni a essa ostili.
    L’insistenza sul “dono” dei profeti e sulla necessità di riscattarlo nei confronti del sacerdozio: la sua passione per Savonarola non è mai venuta meno.
    La denuncia del peso che il magistero ha posto sulla sessualità. La difesa degli omosessuali e la ricerca di una teologia dell’omosessualità nella quale fu stabile e coerente come su nessun altro tema.
    L’attitudine a parlare di Dio nella lingua dell’epoca.

    3 Novembre, 2021 - 23:09
  2. Luigi Accattoli

    Arte della parola. Il linguaggio tra il teologico e l’esistenziale dei tre volumetti di commento ai Vangeli della domenica , comprensibile appieno sia ai non credenti sia ai partecipanti alle celebrazioni, costituisce un’acquisizione di grande originalità, forse il contributo più appropriato alla vita della comunità ecclesiale offerto dal nostro in tanti anni di impegno pubblicistico. L’aiutavano in questa sperimentazione linguistica le due lauree in legge e in teologia, la voracità di lettore d’ogni testo scritto, la partecipazione diretta alla vita parrocchiale e al dibattito politico, un’arte della parola straordinariamente sensibile alle variazioni del sentimento collettivo.
    “La religiosità del nostro tempo – scrive don Gianni nella premessa al primo dei tre volumetti – è tanto diffusa quanto sobria. Questi commenti si rivolgono a un’opinione media, non suppongono dunque una professione di fede. Suppongono un interesse a Gesù Cristo. L’interesse sul Cristo è un interesse sul divino. Un interesse al Cristo della fede: è essa possibile? Il commento tende a mostrare questa possibilità”.
    Queste parole confermano che don Gianni è stato un grande come cristiano confessante e orante nella lingua dell’epoca, appresa in passionale partecipazione ai suoi sconvolgimenti. Grande di una grandezza cangiante e mal governata ma creatrice di linguaggio. Ancora oggi fruibile oltre la cerchia di chi lo conobbe.

    3 Novembre, 2021 - 23:16

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