“Bene-detto Bene-detto” gridano i polacchi

Sul prato di Blonie il papa tedesco incontra mezzo milione di ragazzi polacchi, che gridano in italiano: “Bene-detto Bene-detto”. E poi: “We love you” in inglese. Le lingue nate dalla divisione di Babele possono aiutare al riavvicinamento. Dietro la facciata festosa di questa visita in Polonia del papa tedesco si avverte anche il dramma della lingua: papa Ratzinger non ha nulla del tedesco che grida ordini. ma la lingua tedesca farebbe comunque rivivere quell’incubo. La Polonia ha avuto sei milioni di morti nella seconda guerra mondiale, Varsavia fu rasa al suolo, centinaia di migliaia di persone furono deportate, fucilate o impiccate dietro ordini gridati in tedesco. Ero in Germania, nel novembre del 1980, quando vi ando’ papa Wojtyla e i tedeschi restarono colpiti dalla generosita’ dell’ospite, che parlo’ a favore della riunificazione della Germania. Ma era facile a un uomo fare forza ai suoi sentimenti per abbracciare un popolo, mentre in questi giorni e’ un popolo che impara ad amare un tedesco. E gli riesce meglio arrivarci per altre lingue. Ratzinger si sforza di parlare in polacco e dove non arriva usa l’italiano, mai il tedesco. I polacchi gli gridano il loro affetto in italiano e in inglese. Risorse dell’umanita’ poliglotta. 

Commento

  1. Francesco73

    La tv ci ha rimandato immagini bellissime, in cui l’eleganza, la dolcezza e la proprietà in tutto di questo Papa si sono felicemente inserite nel contesto di affetto e di nostalgia per il Predecessore.
    La stessa sapienza nell’utilizzo delle lingue, la delicatezza nell’astensione dal tedesco. Tutto sembra una grande manifestazione di grazia, di equilibrio spontaneo, di rispetto e di amore.
    Benedetto ha citato Goethe, per cui se vuoi conoscere un poeta devi andare a vedere il suo paese, la sua terra natale. E’ verissimo. E in questi prati, in questo verde, in questi monti, in questi santuari, tutto ci parla di Karol Wojtyla. C’è in tutto il mondo gente che ancora si commuove, letteralmente, quando si evoca il Papa polacco, quello della nostra generazione. “Santo subito” è un’invocazione da stadio, forse anche il grido di qualche esagitato. Ma è soprattutto un desiderio di ufficialità per qualcosa che già si sente, già si percepisce. E’ la voglia di poter onorare un Santo che si è conosciuto, uno che non hai visto solo nelle immagini sacre e di cui hai letto nelle agiografie. Karol è ancora un simbolo potente, qualcosa che ti prende dentro, che ti provoca, che ti coinvolge. C’è molto di più, in questo, che devozione o miracolismo. C’è il senso di una storia e di una sfida che ha coinvolto un’epoca del mondo. Ecco la sua grandezza, esistenziale più che religiosa o politica. Ecco il senso vero del “non abbiate paura!”.
    E’ bello che gli sia succeduto un uomo come Benedetto. Con lui si ha la certezza di una paternità che non finisce, che non si dimette per altre cure, altre sollecitudini. E’ una magnifica continuità nella diversità degli stili e dei caratteri, forse nell’intensità dei toni e nella scaletta di alcune priorità. Ma è una scia bellissima, che fa risplendere la Chiesa nonostante tutte le sue macchie e povertà. Si vede che in fondo è il Signore a guidarla.

    28 Maggio, 2006 - 16:14

Lascia un commento