Buon anno: “La felicità è reale solo quando è condivisa”

Capodanno da soli, io e mia moglie, essendo i figli di qua e di là a festeggiarlo. Uscendo di casa la più giovane ci ha detto “vedetevi questo” e ci ha dato il film INTO THE WILD – NELLE TERRE SELVAGGE (scritto e diretto da Sean Penn, Usa 2007) che abbiamo visto e che ci è piaciuto. E’ tratto dalla storia vera di un ragazzo, Christopher McCandless, che dopo la laurea abbandona la famiglia – per contrasti e risentimenti – e si mette all’avventura, con l’idea di cercare la verità e la felicità lontando dai condizionamenti e dalle convenzioni sociali. Vagabonda per due anni negli Usa, in Messico e nel Canada fino all’Alaska, dove muore forse per ingestione di semi velenosi. Con due frasi prese da appunti che Christopher ha lasciato nei libri che aveva con sè auguro il buon anno ai visitatori. La prima è della fase di avvio della sua esperienza solitaria, una volta che ha salutato ogni altro essere umano per vivere in solitudine: “Dio ha messo la felicità dappertutto“. La seconda è degli ultimi giorni, quando arriva a comprendere che cosa sia il perdono e riesce a riconciliarsi con la memoria dei genitori: “La felicità è reale solo quando è condivisa“.

34 Comments

  1. Un film molto bello, una grande lezione. Buon anno a tutti!

    1 Gennaio, 2011 - 13:32
  2. FABRICIANUS

    Buon Anno a tutti. Auguri!

    1 Gennaio, 2011 - 15:12
  3. ” un pianto condiviso è un dolore dimezzato, una gioia condivisa è una felicità raddoppiata” ( dalla Cina …con amore )

    Auguri a tutti

    1 Gennaio, 2011 - 16:45
  4. Luigi Accattoli

    Ancora un appunto dal film visto ieri, del quale parlo nel post. Sono le parole che il vecchio Ron dice a Christopher prima di proporgli di adottarlo e dopo averlo invitato a perdonare i genitori: “Quando si perdona si ama. E quando si ama la luce di Dio scende su di noi“.

    1 Gennaio, 2011 - 18:41
  5. Gioab

    La felicità è uno stato di benessere caratterizzato da relativa stabilità, da sentimenti che vanno dal semplice appagamento a una profonda e intensa gioia di vivere, e dal naturale desiderio che ciò continui.

    Differisce dunque dal semplice piacere, che può derivare da uno stimolo e un contatto casuale.

    Per chi si ispira alla Scrittura, La felicità dipende in ogni caso dall’avere una relazione con Dio. Non si può raggiungere la vera felicità senza ubbidirGli e senza conosceLo perché la felicità dipende dal vivere secondo il modo che Egli ha indicato a ciascuno e chi lo farà ne viene ricompensato essendo felice.

    Le cose che contribuiscono alla vera felicità sono l’avere certezza che il modo di vivere indicato da Dio è il migliore. Che non ci sono scorciatoie e che non si può fare nulla, meglio di ciò che Lui ha già fatto. Es. aspetto fisico (che tutti vogliono migliorare non sapendo che quello è già il meglio) che facendo le cose in modo diverso da quello indicato ci si ferisce con molte pene (1Timoteo 6.10).

    La felicità non deriva né dal potere né dall’ammassare beni materiali. Gesù disse: “C’è più felicità nel dare che nel ricevere”. (At 20:35)

    A chi mostra considerazione per l’umile, provando così la felicità del dare, è promesso: “Geova stesso lo custodirà e lo conserverà in vita. Egli sarà dichiarato felice sulla terra”. (Sl 41:1, 2)

    Si è anche felici quando si realizza che la Sua correzione di disciplina sono per il progresso (Pr 2:6; 3:13, 18; Sl 94:12).

    Nel Vangelo di Matteo (Cap. 5) sono indicate 10 Felicità che alcuni chiamano anche beatitudini che identificano modi di vita da seguire per ottenere la Felicità anche se ingiustamente perseguitati.

    Nel libro di Rivelazione, Gesù Cristo, annuncia sette felicità. (Ri 1:3; 14:13; 16:15; 19:9; 20:6; 22:7; 22:14) e nell’introduzione viene detto: “Felice chi legge ad alta voce e quelli che odono le parole di questa profezia e osservano le cose in essa scritte”. (Ri 1:3) E nella conclusione: “Felici quelli che lavano le loro lunghe vesti, affinché abbiano l’autorità di andare agli alberi della vita e affinché entrino nella città [la Nuova Gerusalemme] per le sue porte”. — Ri 22:14.

    Si può quindi concludere che è vero che la compartecipazione rende reale la felicità perché coinvolge il Dio e il prossimo nel nostro agire e anche se il prossimo non è riconoscente non diminuirà il senso di felicità derivante dall’aver fatto la cosa giusta. C’è sempre Uno che ricompensa.

    Quindi la Felicità è veramente dappertutto ed è gratuita. Basta saperla far emergere dal suo luogo nascosto benché sempre presente. Non dipende che da noi.

    1 Gennaio, 2011 - 20:28
  6. Buon anno!

    Sulla prima frase sono d’accordo.
    Con la seconda non posso esserlo perchè vi sono dei casi (e lascio a voi capire quali) in cui essa è in antinomia con la prima.

    Un cordiale saluto a tutti, con i più sinceri auguri di buon anno.

    1 Gennaio, 2011 - 21:24
  7. discepolo

    Buon nuovo anno a tutti con queste parole del beato Card. John Henry Newman:

    To be at ease, is to be unsafe
    (“sentirsi a proprio agio significa essere in pericolo)
    una vita piana e facile, un godimento senza fine dei doni della provvidenza, pasti abbondanti, abiti raffinati, una casa ben ammobiliata, i piaceri dei sensi, il sentimento di sicurezza. tutte queste cose e altre simili ci chiudono, se non stiamo in guardia, tutte le strade mediante le quali la luce e il soffio del cielo potrebbero giungere alle nostre anime”

    MC

    1 Gennaio, 2011 - 22:46
  8. mattlar

    Non mi vengono in mente frasi speciali ma auguro a tutti un buon anno. E un grazie a Luigi che tiene aperto con pazienza e accoglienza questo spazio di confronto per tutti!

    2 Gennaio, 2011 - 9:41
  9. fiorenza

    “Quando si perdona si ama. E quando si ama la luce di Dio scende su di noi”.

    E’ così? O non ci sarebbe più chiarezza nel dire: “Quando si ama si perdona” ?

    Più chiaramente ancora : “Quando la luce di Dio scende su di noi, si ama. E quando si ama si perdona”.

    2 Gennaio, 2011 - 9:51
  10. Francesco73

    Ci si può anche allontanare, ma amare vuol dire essenzialmente portare con sè.
    E anche, talvolta, ritornare, anche se costa.

    Buon anno.

    2 Gennaio, 2011 - 9:56
  11. Luigi Accattoli

    Fiorenza credo che tu abbia ragione secondo realtà. Ma nel film Ron propone l’altra sequenza perchè sta suggerendo a Christopher di riconciliarsi con i genitori. E glielo proppone sulla base della propria esperienza di perdono all’uccisore della moglie e del figlio.

    2 Gennaio, 2011 - 11:02
  12. discepolo

    Il senso del film INTO THE WILD secondo me ( uno dei più belli che abbia visto recentemente), è proprio che a un certo punto della propria vita, soprattutto per un giovane
    “Ci si deve allontanare” . Non è una fuga ma come la ricerca dell’aria pura per chi sia stato troppo “al chiuso”…INTO THE WILD
    Per capire ed accettare , alla fine , bisogna prima come il protagonista allontanarsi dalla propria casa e dal groviglio delle affetti , nelle ” terre selvagge ” .( Mi viene in mente il ritiro del giovane Gesù nel deserto)
    Solo allora come dice John Henry Newman , la luce e il soffio del cielo forse riescono a penetrare nelle nostre anime e solo allora , come dice Fiorenza, si comprende , si ama e si perdona…
    MC

    2 Gennaio, 2011 - 12:22
  13. Buon anno a tutto il “condominio”.

    Che bello, Luigi, che cominici con le citazioni di questo film.

    Quando il film uscì nelle sale andai a vederlo.

    Mi diede profonde emozioni. Ne ricordo ancora di una bellissima lettura spirituale pur non avendo nulla di religioso.

    In un tempo in cui i fondamentalismi attraversano il tessuto sociale anche in occidente, tanto nelle Americhe che in Europa,
    questo film mi ricordava la ricerca dell’uomo allo stato puro, senza etichette confessionalistiche.

    Accettare la ricerca dell’uomo in viaggio, è la sfida più forte di oggi,
    perchè in troppi cercano di mettere il proprio “cappello” sul “quaerere” dell’uomo del popolo(??????, laikós)

    E’ nel primo novecento che i Clericis si rendono conto che non possono essere loro il “centro del mondo” e cominciano a capire, scoprire e valorizzare il laicato come risorsa….

    Ma non possono più essere i Clericis a definire come debbano essere i laikós.

    Una amarezza ha continuato a destare in me l’ultima omelia contro la laicità che il mio vescovo romano vuole a tutti i costi chiamare “laicismo” per il fatto che non si pone in dipendenza dai Clerici, come era una volta.

    Nei giorni scorsi ho visitato a Villa Medici la mostra “La Pesanteur et la Grâce” (la pesantezza e la grazia), già proveniente dal Collège de Bernardins di Parigi. Cinque autori internazionali affrontano la propria comprensione tra astrazione e spiritualità in quanto è attraverso la pesantezza della materia e dei materiali che si ha la comprensione della “grazia”.
    La mostra è patrocinata dalla laica nazione Francia.

    La spiritualità non è una esclusiva del cattolico, nè del cristiano, è un emergere libero dell’uomo del popolo (??????)

    2 Gennaio, 2011 - 21:10
  14. Andai a vedere Into The Wild poco dopo che uscì (o al più tardi, in seconda visione all’arena estiva, ora non ricordo) .

    Ricordo che mi impressionò/commosse in alcuni punti, e il giudizio complessivo che diedi fu positivo (anche se con beneficio d’inventario di certi suoi contenuti).

    Ora, facile entusiasmarsi lì per lì.
    Poi, venne poco dopo una ragazza a fare la tesi triennale dove lavoravo.

    Dialogo (sunto di discorsi collettivi alla mensa o al caffé) :

    Lei: “Mi piace la letteratura giapponese, meglio ‘strana’ ; una certa autrice…”

    Io: ” Banana Yoshimoto, magari?”

    Lei: “No, quella la leggono tutti…”
    “E mi piace certa letteratura americana..”

    Io:” Tipo Roth?”

    Lei: “No, quello lo leggono tutti… Ma gli autori che leggo io non li conoscono molti..”

    Io: “Ho visto l’altro giorno un film americano che secondo me potrebbe piacerti…”

    Lei (intuendo di cosa si trattasse) : “Ma vuoi dire ‘Into the Wild’? …Ma quella nooo , quella è filosofia spicciola americana -che piace soprattutto a voi maschi…”

    Molto “laica”, direi.

    [In realtà son io che ci ho fatto la figura di quello che non capisce nulla di letteratura contemporanea, specie extraeuropea, e dev’esser vero.. Però… Mi va bene così: contenta lei, contenti tutti.]

    Questi sono non pochi twenty-something di oggidì. Nel bene e nel male.

    Connessione con ogni tipo di retaggio “tradizionale” europeo: zero.

    Non molto diversa la mia amica filosofa di Cracovia ora in trasferta parigina: di recente mi ha smontato Zanussi alla grande, mentre su Kieslowski il giudizio è tranchant: “Movies filled with cheesy metaphysics.” (‘Film pieni di metafisica a buon mercato’..)

    Ognuno/a declina la propria ‘laicità’ in maniera diversa.

    E dire “i giovani” è dire tutto, e niente.

    2 Gennaio, 2011 - 23:43
  15. [Ovviamente la brillantissima studentessa splendida ventenne che disprezzava Into the Wild, compulsava siti pro-anoressia, mangiava solo insalata scondita e basta, ed elogiava “Luminal” di Isabella Santacroce… -Ma -perché negarlo?- aveva due begli occhi. Che invogliavano a comprenderla: quando differenza di genere e nove anni di differenza sono un abisso. Insomma, ero io “indietro”. (Anche se poi racconterò un episodio interessante riguardo ad una coetanea di questa che… Sorpresa – soprattutto per Antonella Lignani 🙂 ]

    2 Gennaio, 2011 - 23:53
  16. discepolo

    Anch’io come Luigi ho passato il Capodanno solo con mio marito e il mio figlio più piccolo di 13 anni. I due figli più grandi , di diaciannove e diciassette, sono partiti per una serttimana , uno a Madrid l’altro in Svizzera a sciare.
    Ogni genitore sa quale strazio sia separarsi dai figli anche per pochi giorni.. tuttavia dico che i figli DEVONO allontanarsi e che rimanere troppo sotto le ali protettive materne e paterne , come succede in Italia, fa male…
    mi ricordo di un viaggio che avevo fatto da SOLA a 18 anni, a piedi con sacco in spalla , nella Foresta NERA , in Germania, d’inverno… viaggio molto faticoso , pieno a volte anche di paura.. assolutamente disapprovato dai miei.. il ritorno in autostop fu il massimo del rischio.. mi prese su un camionista danese che trasportava yogourth, un omone alto 1, 90 con la faccia da bambino .. a un certo punto fermò il camion in una piazzola di servizio e io mi dissi “ecco aveva ragione la mamma.. ora questo mi violenta e m’ammazza”
    Invece scese , andò dientro, aprì il camion prese una manciata di confezioni di yogourth e tornato me li dette ” sono per te, mi disse,”

    Non gli dissi che detesto lo yogourth ma lo ringraziai sentitamente e non me lo sono più dimenticato.
    MC

    3 Gennaio, 2011 - 11:04
  17. Anche la mamma di un mio amico andò nella Foresta Nera (ma con un’amica) più o meno alla stessa età, e da ragazzi ce/me lo raccontava spesso.

    Ogni vita è un “Bildungsroman” a sé stante..

    3 Gennaio, 2011 - 13:01
  18. Gioab

    @ Syriacus
    Che ne pensa del fatto che ogni battaglia non vinta è persa ?
    Ovvero, se lo scopo è quello di comunicare e invece si è arrivati solo all’incomprensione dove ognuno declina la propria “laicità” in modo diverso, potrebbe trattarsi di timidezza nascosta per non voler dimostrare la propria incapacità.

    La conclusione potrebbe essere quella di aiutare ad esprimesi facendosi piccoli per amore e la riuscita. Si potrebbe fare come Dio con Giobbe:
    “Cingiti i lombi, suvvia, come un uomo robusto, E lascia che io ti interroghi, e tu informami.”(Giobbe 38.3)

    Non è importate dire sempre la nostra, ma lasciare che anche gli asini possano dire la loro, A volte potrebbero avere ragione, (Vedi L’asina di Ballam in Numeri 22.27)

    Vince sempre chi fa goal, non chi fa una bella partita.
    Saluti

    3 Gennaio, 2011 - 16:10
  19. “Non è importante dire sempre la nostra, ma lasciare che anche gli asini possano dire la loro, A volte potrebbero avere ragione.”

    Condivido.

    Sulla frase “Vince sempre chi fa goal, non chi fa una bella partita” , mi sembra il totale rovesciamento di quella frase che va tanto di moda fra molti giovani : “Non importa la meta…ciò che conta è il viaggio…”

    In medio stat virtus.

    (Anche se -nella mia limitatissima conoscenza della Scrittura- conosco -per sentito dire- ciò che dice, come lo chiamerebbe Gioab, il ‘Libro di Rivelazione’ al capitolo 3 versetti 15 e 16…)

    3 Gennaio, 2011 - 20:36
  20. Ciò che volevo raccontare ad Antonella Lignani in particolare, è una cosa simpaticamente incredibile. Forse lei si ricorderà della storia della antiquaria di nome Rachele, etc…

    Bene, senza starvi a tediare con questioni strettamente personali, volevo però condividere lo choc che ho avuto a seguito di una scoperta: l’oggetto della sua tesi di laurea (che discuterà probabilmente a marzo) in beni culturali.

    Forse un brevissimo riassunto della puntata immediatamente precedente è doveroso.
    Come scrissi a (ennesimo) commento di un post abbastanza precedente, ero intenzionato a “farle un bel regalo di Natale” . Dopo aver pensato a qualche autore consigliato da D di Repubblica (la cui rubrica di novità latterarie costei si ritaglia diligentemente tutte le settimane..) , ho deciso (visto che intuivo un certo taglio “moderatamente femminista” di codesta venticinquenne) di cercare qualche testo ‘su artiste donna’.

    Le ho comprato così, fra le altre cose, due libri -invero abbastanza alla cieca, salvo il Leitmotiv- : i romanzi “La passione di Artemisia” di Susan Vreeland, recente, sulla Gentileschi, e “Rinascimento privato”, di Maria Bellonci, libro con quasi un quarto di secolo, su Isabella D’Este (in Gonzaga).

    Strenne graditissimissime.
    Ma perché (anche) ?

    E qui viene l’imprevisto: quando la rivedo la prima volta dopo la consegna dei doni, si mostra sì contentissima, ma anche stupita: “Ma io te lo avevo mica detto?”

    -“Cosa?”

    “Della mia tesi. Sulle donne pittrici.”

    -“No, nient’affatto”.

    “E poi, il libro della Bellonci ce l’avevo in Bibliografia, ma l’originale a casa non l’avevo..”

    In sostanza: vengo a sapere che Rachele ha appena scritto una tesi su cinque donne pittrici: Sofonisba Anguissola, Artemisia Gentileschi, Lavinia Fontana, Marietta Robusti e…una suora.

    Ora: lo choc (nello choc) è stato grande, poiché spesso Antonella Lignani ha qui parlato delle “sue suore”, e poi latinisti hanno chiamato la latinista Antonella ‘Antonilla’.

    “Suor Plautilla”

    -“Plautilla??”

    “Sì, Plautilla Nelli”.

    -“Ah, non la conoscevo..”

    http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2009/11/11/plautilla-quella-suora-dimenticata-prima-donna-della.html

    Niente da aggiungere. (O quasi, ma vabbé..)

    3 Gennaio, 2011 - 21:20
  21. [“La nostra Plautilla fu figlia di Piero di Luca Nelli e sorella di Costanza, poi Suor Petronilla, autrice di una vita di Fra’ Geroiamo Savonarola. Con una vocazione mai tradita ma probabilmente non spontanea, si fece suora domenicana a soli 14 anni, iniziando prestissimo a dipingere come seguace di Fra’ Bartolomeo della Porta e/o come allieva, secondo il Vasari, di fra’ Paolino da Pistoia . Oltre che pittrice convenzionale di soggetti ovviamente religiosi, esercitò anche la ritrattistica, fu ottima miniatrice e tenne una scuola con numerose apprezzate “discepole”.”

    http://www.carnesecchi.eu/Plautilla.htm

    Choc nello choc nello choc. Ho un’antenata per parte di nonno paterno -forse sorella di bisnonno- che si chiamava Petronilla, mentre una sorella di mia nonna paterna -ramo ‘artistico’ della famiglia- fu suora domenicana presso Firenze, ove morì il 02.06.46 -suo fratello stava invece per diventare padre domenicano, ma la prima guerra mondiale ne sconvolse i piani, diventando poi un rinomato restauratore-pittore, etc..-.

    (Comunque le coincidenze -davvero tali!- finiscono qui. Beh, salvo che la laureanda ha un ragazzo, che ha il mio stesso nome di battesimo. -Ma mi serei davvero preoccupato se entrambi ci fossimo chiamati Plauto, o Petronio..:) ]

    3 Gennaio, 2011 - 21:35
  22. [Comunque è stato bello sapere che, io ventiquattrenne e lei tredicenne, avevamo visto a suo tempo la stessa mostra, in cui io rimasi sconvolto (quasi “da sindrome di Stendhal”) davanti ad un ritratto dipinto dalla Anguissola, il cui soggetto era Alessandro Farnese adolescente (che mi pareva vagamente me stesso ad un’età più vicina a quella di Rachele lo stesso anno..) : Sophonisba Anguissola, Alessandro Farnese, c.1559-1565 , National Gallery of Ireland, Dublin

    (era a Genova, nel 2000, per la mostra “El siglo de los Genoveses” ) ]

    3 Gennaio, 2011 - 22:12
  23. No, lei quindicenne. (Tredicenne sarebbe stata la Syrena. Accanto alla quale ho provato di recente a teatro un’altra quasi sindrome di Stendhal.. Ma non per meriti suoi, bensì dell’ottantacinquenne in splendida-che-più-splendida-non-si-può forma Aldo Ciccolini.
    Estasi e turbamento assoluti durante la sua interpretazione inarrivabile della Morte di Isotta di Wagner, secondo Liszt :

    http://www.youtube.com/watch?v=nnH3E8Q7l3A

    (E’ quello che ho sentito , praticamente come l’ho sentito qualche settimana fa: “Dal concerto per festeggiare gli 85 anni (2010).” -Non so dove l’abbiano registrato).

    [Dopo l’esecuzione, dico alla Syrena:

    “Da sindrome di Stendhal”

    -“Ah, quella tipo che quando visiti troppo a lungo una città d’arte, poi non ne puoi più…”

    “Non proprio…” ]

    3 Gennaio, 2011 - 22:21
  24. [Beh, già che ho tirato fuori la Morte di Isolde, e già che son fresco di Valchiria scaligera, e visto che ieri mi sono perdutamente ‘innamorato’ di Waltraud Meyer -ivi Siegelinde- (più che altro per la sua “arte scenica”, visto che di melodramma wagneriano e relative voci mi intendo poco…) , condivido con voi:

    http://www.youtube.com/watch?v=qGbmjX7AYyU

    “Daniel Barenboim conductor. Teatro alla Scala. December 7, 2007”

    (fra 1:30 E 2:30 -e da 4:30 in poi…- è esemplare in quell’arte che ieri mi ha colpito così tanto, pur in un altro ruolo…) ]

    3 Gennaio, 2011 - 22:32
  25. [(Meier senza la y) . In ogni caso, tornando e concludendo sulla antiquaria, è stato almeno bello per una volta, mandare il primo messaggio ad una nuova amica che ti dà il suo numero di cellulare, appena dopo aver detto “Le mie pittrici preferite -nella mia ignoranza- sono la Anguissola e quella tedesca… che c’entrava con Goethe…” , condividendo la felicità per essersi finalmente ricordato il nome di essa (“E senza gòoogle”) : “E’ Angelika Kauffmann!” (al link, il suo celebre autoritratto ). (Sempre meglio che un “stase nn posso per l’ape, cmq ci si sente doma..” )]

    Buonanotte.

    3 Gennaio, 2011 - 22:49
  26. [In realtà, il nome della Kauffmann ce l’avevo sulla punta della lingua , ma andava a cozzare e confondersi, nei ricordi, con quello della musicista antichista, tedesca trapiantata in Italia, Bettina Hoffmann (violista da gamba moglie del direttore e non solo di musica antica Federico Maria Sardelli -che, pochi fra i musicofli sanno, è anche autore satirico per …Il Vernacoliere di Livorno..! 🙂 ]

    3 Gennaio, 2011 - 22:56
  27. [Vabbé, fatto trenta facciamo …

    Canto 116

    “Sic mea fata canendo solor,
    ut nece proxima facit olor.
    blandus hæret meo corde dolor,
    roseus effugit ore color.

    cura crescente,
    labore vigente,
    vigore labente
    miser morior;

    tam male pectora multat amor.

    a morior,
    a morior,
    a morior,

    dum, quod amem, cogor et non amor!

    Felicitate Iovem supero,
    si me dignetur, quam desidero,
    si sua labra semel novero;
    una cum illa si dormiero,

    mortem subire,
    placenter obire
    vitamque finire
    statim potero,

    tanta si gaudia non rupero.

    a potero,
    a potero,
    a potero,

    prima si gaudia concepero!”

    Modo Antiquo, Bettina Hoffmann, Carmina Burana “Sic mea fata” (CB 116)

    (Così cantando consolo la mia sorte,
    come fa il cigno prossimo a morire.
    Un dolce dolore trafigge il mio cuore,
    dal volto é scomparso il roseo colore.
    crescendo l’affanno,
    rinvigorendosi la pena,
    spegnendosi il vigore,
    muoio infelice;
    a pene così grandi condanna l’amore!
    ah muoio,
    ah muoio,
    ah muoio,
    mentre devo amarla e non sono amato!
    Sarei più felice di Giove,
    se colei che desidero mi volesse,
    se bacerò una volta sola le sue labbra;
    se dormirò con lei,
    potrò subito dopo
    affrontare la morte,
    morire contento
    e terminare la vita,
    se non sciuperò tanta gioia.
    ah potrò,
    ah potrò,
    ah potrò,
    se solo avrò gustato i primi piaceri dell’amore!) ]

    3 Gennaio, 2011 - 23:07
  28. [Li ho comprati di recente -ma da sedici anni ho quelli sempre ‘filologici’ di Clemencic- recuperando una vecchia uscita di Amadeus, che devo ancora ascoltare.. Comunque, sempre meglio che quelli di Orff -che eseguii in coro più di dieci anni fa in Piemonte- : interessanti, divertenti, però…]

    [Gute Nacht!]

    3 Gennaio, 2011 - 23:12
  29. Gioab

    Il sig. Syriacus comprenderà se esprimo la mia piacevole sorpresa per la sua conoscenza.

    Faccio umilmente notare che se preferisce il viaggio piuttosto che l’arrivo, sembra contraddire rivelazione 3.15-16 dove l’invito è a vincere la partita pena nessun mantello bianco.

    Se invece la sua conclusione è “In medio stat virtus” sarà pure un virtuoso in mezzo al campo, ma rimarrà sempre senza mantello.
    Così giochiamo insieme.

    4 Gennaio, 2011 - 16:49
  30. Spiacevolmente non-sorpreso della sua sorpresa, Gioab!

    Quanto al “mantello bianco” : http://www.youtube.com/watch?v=sqwV9l-U8ds&feature=fvw

    Ricordo ancora come, quando in un coro si studiò un Te Deum (di Johann Adolf Hasse, grande autore del settecento, ma troppo poco esguito e conosciuto) , ci si chiese una sera -fra ventenni- quale fosse l’esatta traduzione di “Te Martyrum candidatus laudat exercitus” (che, seguendo un istintivo maccheronicissimo intuito, uno potrebbe persino arrivare a tradurre su mezzo piede con la bestialità “Te loda un esercito di candidati al martirio” 🙂 .

    Si capì infine che trattavasi di un “exercitus candidatus” (candido esercito -ovvero un esercito di santi vestiti di bianco, ‘candidati’) , “martyrum” (di martiri) , che “Te” “laudat”. Avessimo studiato un Te Deum in italiano, magari questo dettaglio così ‘visionario’, magari l’avrei già dimenticato…

    Detto questo, mai e poi mai, pur apprezzandone con fair play le ragioni, non venderò mai la mia fede (f minuscola ma fede) nel concetto di “lingua sacra”, solo perché le beghine, magari, cantavano “Canta il merlo sul frumento”, in luogo di “Tantum ergo sacramentum” (trito topos peraltro riproposto in una recente fiction su San Filippo Neri) . E il video solesmense di cui sopra, mi pare già una sufficiente ragione. (Ma anche l’italiano, come ad esempio l’ucraino moderno, se usato bene, è bello, liturgicamente. Non parliamo poi dell’inglese elisabettiano..:)

    7 Gennaio, 2011 - 10:32
  31. [Anche se cantammo un altro Te Deum dello stesso autore, e questa registrazione non mi entusiasma troppo: http://www.youtube.com/watch?v=o91303eqiHA .

    Ma grandissimo operista, crocevia fra stili dominanti nell’Europa dell’epoca.]

    7 Gennaio, 2011 - 10:40
  32. [E qui andiamo sull’Hasse “profanissimo” . Ma solo per gli stomaci (e gli occhi) forti :
    http://www.youtube.com/watch?v=OxQrWjZh3Ws

    Per le orecchie, invece, può andare…

    (Anche se io lo dico sempre a quelle con gli occhi verdi, di tingersi di rosso.
    Ma: est modus in rebus..:)

    Però, il video può dare un’idea -artefatta e manierista quanto si vuole- di come si divertissero -anche- a quell’epoca.. ]

    7 Gennaio, 2011 - 10:48
  33. Per finire, per la serie “Non parliamo poi dell’inglese elisabettiano…”

    “The noble army of Martyrs : praise thee.” (“Te Martyrum candidatus laudat exercitus.”)

    Fra 0:53 e 1:08 di : http://www.youtube.com/watch?v=FncfpEzJy1k

    (che ebbi la fortuna di cantare)

    Salute e felicità a tutti.

    7 Gennaio, 2011 - 11:03

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