Ecco i 387 giusti italiani che salvarono gli ebrei

I Giusti d’Italia. I non ebrei che salvarono gli ebrei è il bel titolo di un volume Mondadori che contiene la storia degli italiani che tra il settembre del 1943 e l’aprile del 1945 – cioè durante l’occupazione tedesca – aiutarono gli ebrei a scampare alla persecuzione nazista. Costa 20 euro e contiene – in 294 pagine – brevi narrazioni riguardanti 387 Giusti.
Questo libro mi ha regalato tre mesi di lettura felice, con due o cinque storie per sera che mi riconciliavano con l’umanità: non puoi perdere fiducia nei tuoi simili, per quanta miseria tu possa sperimentare nella giornata, in te e intorno a te, se ogni sera hai un vivo appuntamento con un gruppetto di persone, sempre diverse, che hanno rischiato la pelle per aiutare il prossimo.
Il numero dei Giusti è in continua crescita perchè Yad Vashem – l’Istituto per la Memoria della Shoah, sorto nel 1953 a Gerusalemme – continua la sua opera di ricognizione. Chi vuole i dati aggiornati può visitare il sito dell’Istituto: www.yadvashem.org, dove – al momento – trova che i Giusti di tutto il mondo, al gennaio 2006, sono 21.310, mentre gli italiani sono 391. Sono cioè aumentati di quattro unità in sette mesi, dal momento che il volume – realizzato in versione italiana dalla storica della Shoah Liliana Picciotto – si limita ai Giusti riconosciuti all’aprile 2005.
L’Italia – come risulta dal sito – è all’undicesimo posto per numero di “giusti”, dopo la Polonia che ne ha 5.941, l’Olanda 4.726, la Francia 2.646, l’Ucraina 2.139, il Belgio 1.414, l’Ungheria 675, la Lituania 630, la Bielorussia 564, la Slovacchia 460, la Germania 427. La densità dei giusti nei diversi paesi dipende dalla consistenza della comunità ebraica locale, dalla durata e dall’intensità della persecuzione nazista che lì si sviluppò e dalla motivazione della gente a opporsi a essa. La Polonia ottiene il primo posto perché lassù c’erano tanti ebrei, l’occupazione ebbe la massima durata e grande fu la resistenza all’occupante.
Ma ovviamente i giusti italiani – come di ogni altro paese – furono molti di più di quelli che hanno ottenuto, spesso dopo la morte, il riconoscimento di Yad Vashem. Liliana Picciotto calcola che su 32.300 ebrei residenti nell’Italia occupata dai tedeschi gli arrestati sono stati circa 8 mila, mentre 23.500 rimasero “indenni”. La percentuale di sopravvissuti in Italia fu più alta – pare – rispetto a ogni altro paese proprio per la grande solidarietà che i perseguitati trovarono nella popolazione. Allora – come scrisse lo storico Renzo De Felice – “ogni ebreo dovette la sua salvezza a un italiano”.
L’autenticità delle storie è garantita dal metodo di ricognizione adottato da Yad Vashem. Una commissione di trentanove membri presieduta da un ex giudice della Corte Suprema vaglia la candidatura a Giusto tra le nazioni – proposta da ebrei che furono “salvati”, o da loro rappresentanti – e avvia un’istruttoria per appurare che il candidato abbiano agito spontaneamente e gratuitamente, in territori controllati dalle truppe tedesche o da loro alleati, mettendo a rischio la libertà e la vita.
«Il Giusto – scrive a premessa del volume Avner Shalev, presidente del Comitato di direzione di Yad Vashem – simboleggia l’essere umano e la sua capacità di scegliere il bene contro il male e di non restare indifferente».
Tra i Giusti vi sono persone di ogni fede e ceto sociale: anziani, giovani, contadini e professori (tra essi Carlo Arturo Jemolo), preti e atei, persino dei fascisti, funzionari di polizia, carabinieri e «camicie nere».
Vi sono contadini (Pigliapoco Attilio e Lidia, di Polverigi, Ancona) e operai (la famiglia Cerioli-Vaiani di Magenta, Milano) che salvano i proprietari ebrei del terreno che lavorano o dello stabilimento di cui sono dipendenti. Colf che nascondono nella propria casa la famiglia ebrea presso la quale erano state a servizio (Teresa Giovannucci, romana), ma anche negozianti (Mario Gentili di Roma, proprietario di un negozio di stoffe e nonno di Francesco Rutelli, attuale leader della Margherita) che salvano i loro garzoni ebrei.
Alcune storie sono famose, anche perchè narrate in libri e film. La miniserie televisiva La fuga degli innocenti (Rai 2004) narra l’avventura di cui furono protagonisti don Arrigo Beccari e il dottor Giuseppe Moreali che presso Nonantola (Modena) nascosero un centinaio di bambini ebrei provenienti dalla Jugoslavia. Alla stessa vicenda, sempre nel 2004, la Rai dedicò il film-documentario I ragazzi di Villa Emma. Giovani ebrei in fuga.
Perlasca – Un eroe italiano è un altro film che racconta l’impresa del nostro maggiore salvatore di ebrei: Giorgio Perlasca, che si trova per affari a Budapest e si spaccia per un diplomatico spagnolo, riuscendo a organizzare la fornitura di documenti falsi a circa cinquemila appartenenti alla “razza giudaica”. Il film è tratto dal volume di Enrico Deaglio, La banalità del bene (1991).
Carlo Angela è un medico piemontese (padre di Piero Angela) che nella sua clinica di San Maurizio Canavese nasconde ebrei facendoli passare per malati. La sua azione rimane sconosciuta fino a quando uno dei salvati, Renzo Segre, la racconta nel libro Venti mesi (1995).
Tra preti (31), religiosi (11), religiose (7) e vescovi (2) sono ben 51 gli ecclesiastici riconosciuti come Giusti. I vescovi sono Giuseppe Nicolini (Assisi) e Angelo Rotta (nunzio a Budapest, dove aiutò Perlasca nella sua impresa). Due che allora erano giovani preti poi divennero cardinali: Pietro Palazzini e Vincenzo Fagiolo. E ci sono due pastori protestanti: il valdese Tullio Vianay e il battista Daniele Cupertino.
I più famosi tra i preti sono il fiorentino Giulio Facibeni e il lucchese Arturo Paoli, che oggi ha 94 anni. Tra i religiosi la figura di maggiore spicco è Giuseppe Girotti, domenicano piemontese morto a Dachau, per il quale c’è la causa di beatificazione e la madre Elisabetta Maria Hesselblad, originaria della Svezia, fondatrice delle Brigidine: ha avuto il titolo di Giusto nel 2004, dopo che nel 2000 era stata proclamata beata da Giovanni Paolo.
Affascinanti – tra i Giusti – sono anche le figure di due cristiani laici morti come Girotti nei campi di sterminio e per i quali è avviata la causa di beatificazione: Giovanni Palatucci, avellinese che diviene reggente della Questura a Fiume e Odoardo Focherini, emiliano e amministratore del quotidiano Avvenire d’Italia.

Luigi Accattoli
Da La Voce di Padre Pio 6/2006

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