Eugenio Corecco «Il sacramento più caro dopo l’Eucarestia»

 
Il vescovo Eugenio riceve l’unzione degli infermi il 25 agosto 1994 a Lourdes, insieme agli altri malati di un pellegrinaggio della sua diocesi e in quella celebrazione tiene un’omelia sull’accompagnamento ecclesiale delle persone “vicine a morire”.

 
C’è anche un sacramento quindi che non solo accompagna l’avvenire delle singole persone, ma che accompagna anche le persone provate dalla sofferenza e magari vicine alla morte (…). È difficile dire qual è il sacramento, dopo l’Eucarestia, che dovremmo avere più caro, ma questo tocca le corde più profonde della nostra umanità, dell’uomo, che vive bene quando è sano, ma che vive nell’angoscia quando è ammalato e intravede che potrebbe anche essere vicina la sua morte (…). Questo sacramento esprime la carità della Chiesa, la vostra carità nei confronti di tutte le persone malate (…). 

Noi ora abbiamo domandato perdono a Dio davanti a tutti, perché ci siamo riconosciuti peccatori, abbiamo recitato il “confiteor” e stiamo pregando insieme. Vi rendete conto di quanto sia grande la consolazione della persona, sentendo che gli altri pregano per la sua salvezza, del corpo e dell’anima. Personalmente sto facendo largamente questa esperienza. 

Mi auguro che ciascun ammalato, che abbiamo qui tra noi, possa vivere la stessa esperienza. Possa sentire che tutta la comunità diocesana prega per lui, per la sua salvezza, che può essere data anche attraverso la consolazione, attraverso la pace del cuore di fronte al pensiero della morte, con l’accettazione del fatto di dover morire. È la cosa più grande che dovremmo riuscire a fare nella vita, perché la morte ne è il momento più importante (…) 

Dovete diffondere il significato di questo sacramento tra i cristiani (…). Dobbiamo recuperarlo fino in fondo nelle nostre comunità e partecipare alle unzioni degli infermi amministrate in parrocchia (…). 

Desidero ringraziarvi tutti per l’incessante preghiera che fate per la mia salute: mi sento molto privilegiato. Ma vi raccomando di non dimenticare tutti gli ammalati che abbiamo qui in mezzo a noi

 
Colpito da un tumore alle ossa, il vescovo di Lugano Eugenio Corecco (Airolo 3 ottobre 1931 – Lugano 1 marzo 1995) informa della malattia – fin dall’inizio, nel 1992 – la comunità diocesana. Ripete quel gesto a quindici giorni dalla morte, invitando ad accompagnarlo nella preghiera, consapevole di “avviarsi verso quella che umanamente sembra essere la fine della mia vita terrena”.
Corecco apparteneva alla Svizzera di lingua italiana: l’abbiamo inserito in questa antologia sui cristiani d’Italia (unica presenza d’altra nazionalità) per la risonanza che la sua figura ha sempre avuto nel nostro paese e per l’evidente legame della sua testimonianza con quelle dei nostri vescovi Franceschi, Agresti, Bello.
 

Eugenio Corecco l’ho conosciuto e frequentato. Mi ha chiamato a Lugano per una conferenza e sono stato ospite a casa sua. Ricordo il tavolo della colazione ornato con petali di rosa che piacque a un mio figlio bambino che mi accompagnava. Mi aveva scritto ripetutamente in momenti per me difficili. La confessione che ha dato con la sua morte è più importante – io credo – di tutta la sua opera di canonista e di vescovo. Per un profilo della sua figura di canonista e di vescovo, vedi “Il Regno” 6/1995, p.141s. Per le notizie sulla malattia e la morte, vedi “Avvenire” del 2 marzo 1995, p.15. Il testo dell’omelia di Lourdes mi è stato fornito, in un foglio fotocopiato, da Moreno Bernasconi del “Giornale del popolo” di Lugano. 
 

[dal volume di Luigi Accattoli, “Cerco fatti di Vangelo. Inchiesta di fine millennio sui cristiani d’Italia”, SEI 1995, pp. 193 e 296s]