Italo Falcomatà: “Dio mio dammi il coraggio di affrontare la sera”

“Io non mi piegherò ma tu, Dio mio, dammi il coraggio di affrontare la sera”: parole contenute in una lettera con la quale il sindaco Pd di Reggio Calabria Italo Falcomatà (1943-2001) il 14 luglio 2001 informa della sua malattia i concittadini, cinque mesi prima di morire.

L’informazione avviene con una nota ufficiale di straordinaria schiettezza personale, civile e di fede: Sono ammalato di leucemia. Dentro di me confliggono, oggi, due stati d’animo. Da una parte quello della preparazione ad uscire dalla mia vita, da quella della mia famiglia e della mia città. Dall’altra, quello della reazione cui mi sollecitano i medici, secondo i quali la leucemia si contrasta e, nella maggior parte dei casi, la si sconfigge. Vi terrò personalmente informati delle mie condizioni di salute e, ogni volta, intendete ciò come un pensiero d’amore per tutti voi e per la mia città. Gli ematologi fanno affidamento sul mio carattere e mi chiedono di assecondarli negli sforzi che faranno, di fare emergere, cioè, in questi casi, quel temperamento evidenziato in altri momenti di difficoltà e di lotta. La leucemia non è trionfante, ma lo diventa se ai primi colpi, che sono i più duri, uno si lascia andare. Io non mi piegherò ma tu, Dio mio, dammi il coraggio di affrontare la sera.

Questa comunicazione alla città è stata forse un caso unico nell’Italia al cambio del millennio, di sicuro il più significativo quanto a risonanza pubblica. Si trattava di una comunicazione che legava insieme, senza reticenze e senza fini strumentali, il privato più geloso, quello della malattia grave, con il ruolo pubblico di primo cittadino e la professione di fede attestata con una sobria invocazione all’aiuto dall’alto.

La comunicazione provocò forte impressione nella cittadinanza, che da un ventennio conosceva la serietà e la dedizione del consigliere comunale e poi del sindaco al riscatto della città dalla sua stoia di malaffare politico.

Italo Falcomatà è sindaco di Reggio Calabria, sua città natale, dal 1993 alla morte: unico sindaco di Reggio a esserlo per tre mandati.

Docente di storia contemporanea prima a Messina e poi a Reggio Calabria, aveva una buona comprensione delle ragioni antiche e nuove della questione meridionale ed è anche sulla base di quella formazione intellettuale che si impegna in politica divenendo un dirigente della Federazione Giovanile Comunista Italiana e venendo eletto consigliere comunale per il Pci nel 1980, avendo come campo diretto di interesse la periferia della città. Nel novembre del 1993 il primo consiglio comunale del dopo Tangentopoli lo elegge sindaco. Viene confermato nella carica nel 1997 e nel 2001. Nell’ultima elezione – tre mesi prima della scoperta della malattia – ottiene il 56% dei consensi, a riprova della speranza che aveva saputo risvegliare nella popolazione reggina, mostrandosi vicino ai più bisognosi, corretto nella gestione amministrativa, capace di attirare il consenso anche nei momenti di maggiore conflitto della vita cittadina.

Più volte minacciato di morte dalla ‘ndrangheta, a motivo soprattutto della lotta che conduceva contro l’abusivismo edilizio e contro le bancarelle dei mercati abusivi gestito dalla criminalità. La sua capacità di comunicazione con l’opinione pubblica l’aiutava a prevalere sulle pressioni e le calunnie. Di quella capacità fu ultima attestazione la comunicazione riguardante la malattia.

Nell’omelia della messa di addio l’arcivescovo Vittorio Mondello ha dato un riconoscimento ecclesiale esplicito alla testimonianza civile e di fede del sindaco della “primavera reggia”, com’era stato chiamato: “La morte non lo ha sconfitto, ce lo ha solo rubato perché egli è più vivo che mai”.

“Non sta a me – disse l’arcivescovo – ripercorrere tappe, momenti, difficoltà, stagioni, opere, segni di un’azione amministrativa che indubbiamente sarà ricordata come una delle più esemplari, delle più efficaci, delle più corrette, delle più condivise. A me, come pastore della diocesi tocca solo richiamare, per dovere di onestà e di testimonianza, che Italo Falcomatà lascia la città di Reggio migliore di quanto l’aveva ricevuta. Entrando a Reggio come vescovo [1990], avvertivo la distanza tra la gente e il ‘palazzo’, mi trovavo dinanzi a fedeli e cittadini disorientati, stanchi, quasi incuranti della propria città; oggi, mentre Falcomatà compie il suo ultimo viaggio, la citta cammina. E’ riuscito il sindaco in un difficile prodigio: ha condotto i reggini dal rifiuto all’amore per la città. Se oggi possiamo dirci nuovamente innamorati di Reggio, dobbiamo riconoscerlo, il merito è in gran parte suo, del suo impegno, della sua fede negli ideali, della sua onestà, della sua capacità, del suo sacrificio. Invito tutti e soprattutto i giovani ad accogliere il patrimonio di serietà, umanità, cultura e fede che il sindaco ci lascia. Un sindaco che, per la sua storia e la sua stessa statura morale, non è di alcuni. Appartiene alla città. E’ il sindaco di tutti”.

La città ha dato il nome di Italo Falcomatà al Lungomare. Il figlio Giuseppe è stato eletto sindaco di Reggio Calabria per il centrosinistra alle elezioni amministrative dell’ottobre 2014.

Ho conosciuto la figura di Italo Falcomatà dagli amici reggini, tra i quali il primo a parlarmene fu don Domenico Farias. Ne ho poi completata la conoscenza leggendo i volumi di Patrizia Labate, Sindaco… grazie! Italo Falcomatà raccontato dai suoi cittadini, Città del Sole Edizioni, 2003; e di Costanza Pera, L’uomo del disordine. Ricordo di Italo Falcomatà, Città del Sole Edizioni, 2005.
[2006 – aggiornato al 2014]

Lascia un commento