Lia e Vittorio Trancanelli: «Moriva di tumore e lasciava una bambina Down»

Il 27 febbraio 2017 il Papa autorizza la pubblicazione del decreto delle Cause dei Santi che riconosce le “virtù eroiche” di Vittorio Trancanelli, chirurgo di Perugia, straordinario testimone della famiglia cristiana, morto di tumore al cervello nel 1998, a 54 anni. Il decreto papale lo presenta come “laico, padre di famiglia”. Sono felice di averlo conosciuto e di essergli stato amico.

Vittorio sposa Lia Sabatini nel 1970. Dopo la nascita dell’unico figlio naturale, Diego, i due – impegnati da anni nella lettura dei Vangeli – decidono di scegliere a guida della vita di coppia le parole di Gesù: “Chi accoglie anche uno solo di questi piccoli in nome mio accoglie me” (Matteo 18, 5) e avviano un’attività di accoglienza di bambini soli o disagiati che li porterà a prenderne in affido una decina.

Ispirandosi all’accoglienza di Abramo verso i tre misteriosi angeli che gli fanno visita in Genesi 18, Vittorio fonda l’associazione “Alle Querce di Mamre”, con riferimento al luogo di quell’incontro abramico e presenta agli amici – conosciuti per lo più nella vasta esperienza di lettura biblica – un “progetto di famiglie” intenzionate a sperimentare forme comuni di vita (preghiera comunitaria e comunione dei beni) e di accoglienza dei bisognosi. Il progetto verrà accettato da cinque famiglie e riceverà l’approvazione dell’arcivescovo di Perugia Ennio Antonelli, poi segretario della Cei e cardinale. L’esperienza dura tutt’ora.

Ho conosciuto Lia e Vittorio in occasione di una conferenza a Perugia, presentati a me da Antonelli che negli anni ha collaborato in più modi alla mia ricerca di “fatti di Vangelo”. Mi narrarono la loro pratica dell’accoglienza e io chiesi loro di darmene un resoconto scritto, da pubblicare nel volume di testimonianze cristiane che andavo componendo. Ecco il loro racconto, che è del 1995:

 
Dodici anni fa, quando nostro figlio Diego aveva 6 anni, abbiamo aperto la porta della nostra casa a 2 fratellini di 5 e 7 anni, Andrea e Paola. Avevano i genitori, ma questi non potevano prendersi cura di loro, della loro educazione e della loro crescita. Così c’era bisogno di una famiglia dove potessero crescere serenamente. Ormai Paola sta per diventare infermiera professionale e Andrea, dopo aver frequentato la scuola edile, lavora come muratore presso una impresa che costruisce distributori di benzina.

Dopo che Andrea e Paola erano con noi abbiamo capito, anche attraverso la preghiera fatta insieme, che potevamo accogliere qualche altro bambino e così in casa è entrata una bambina somala, malata di diabete, i cui genitori risultavano dispersi a causa della guerra civile che lacerava la Somalia. Nadia aveva ancora 10 anni; in casa nostra ha imparato a gestire in modo autonomo la sua malattia, rendendosi così indipendente. Dopo 4 anni il padre si è rifatto vivo; nel frattempo la sua famiglia era fuggita dalla Somalia e si era rifugiata in Pakistan. I genitori avevano trovato un lavoro e così Nadia è potuta tornare a vivere con loro e con i suoi numerosi fratelli.

Dopo 2 anni che avevamo Nadia in casa non pensavamo ad altri affidi, ma c’era una nostra amica che stava morendo di tumore. Era una ragazza madre e lasciava una bambina Down, Alessandra. Prima di morire, in tanti modi ci aveva fatto capire la sofferenza di lasciare Alessandra da sola, in un Istituto, e così le abbiamo confidato che Alessandra si sarebbe aggiunta alla nostra famiglia. Lei è stata veramente un dono di Dio.

Tanta era la gente che pregava perché la situazione dl Alessandra si risolvesse in qualche modo. C’era chi sperava in un miracolo, che la mamma guarisse. Ora che la mamma è morta serena, è bello sapere che tutte quelle preghiere hanno fatto sì che Dio abbia pensato alla nostra famiglia come luogo di accoglienza. Tutto quello che facciamo per lei è bello sapere che lo facciamo a Gesù direttamente. Certo l’accoglienza non è tutta poesia. Ci sono anche dei momenti terribili, che solo con la preghiera e la fiducia in Lui si possono superare.

 
La malattia fu rapida. Un giorno Vittorio volle intorno a sé tutti i bambini e i ragazzi accolti nella sua casa e disse a Lia, davanti a loro: “Per questo valeva la pena di vivere. Se avessi vissuto per fare carriera e soldi, adesso non avrei nulla, non avrei avuto questa soddisfazione”.

 
La testimonianza di Lia e Vittorio che ho riportato sopra apparve nel mio volume “Cerco Fatti di Vangelo” (SEI 1995) alle pagine 224s. Al Convegno ecclesiale nazionale di Verona del 2006 Vittorio fu uno dei 16 “testimoni della Chiesa in Italia”, uno per ogni regione, scelto a rappresentare l’Umbria: il volumetto pubblicato in quell’occasione a cura della Cei intitolato “Speranza nel mondo. 16 profili di testimoni della Chiesa in Italia” (San Paolo 2006) tratta di lui alle pagine 69-80. Per una più ampia informazione e bibliografia, vedi il sito della postulazione: http://www.vittoriotrancanelli.it/.

 
[1995 – aggiornato al 2017]